Ezechiele 18,1-10.13b.30-32 con il commento di Massimo Cicchetti



Dal libro del profeta Ezechiele
Ez 18,1-10.13b.30-32 

Testo del brano
Mi fu rivolta questa parola del Signore: «Perché andate ripetendo questo proverbio sulla terra d’Israele: “I padri hanno mangiato uva acerba e i denti dei figli si sono allegati”? Com’è vero che io vivo, oracolo del Signore Dio, voi non ripeterete più questo proverbio in Israele. Ecco, tutte le vite sono mie: la vita del padre e quella del figlio è mia; chi pecca morirà. Se uno è giusto e osserva il diritto e la giustizia, se non mangia sui monti e non alza gli occhi agli idoli della casa d’Israele, se non disonora la moglie del suo prossimo e non si accosta a una donna durante il suo stato d’impurità, se non opprime alcuno, restituisce il pegno al debitore, non commette rapina, divide il pane con l’affamato e copre di vesti chi è nudo, se non presta a usura e non esige interesse, desiste dall’iniquità e pronuncia retto giudizio fra un uomo e un altro, se segue le mie leggi e osserva le mie norme agendo con fedeltà, egli è giusto ed egli vivrà, oracolo del Signore Dio. Ma se uno ha generato un figlio violento e sanguinario che commette azioni inique, questo figlio non vivrà; poiché ha commesso azioni abominevoli, costui morirà e dovrà a se stesso la propria morte. Perciò io giudicherò ognuno di voi secondo la sua condotta, o casa d’Israele. Oracolo del Signore Dio. Convertitevi e desistete da tutte le vostre iniquità, e l’iniquità non sarà più causa della vostra rovina. Liberatevi da tutte le iniquità commesse e formatevi un cuore nuovo e uno spirito nuovo. Perché volete morire, o casa d’Israele? Io non godo della morte di chi muore. Oracolo del Signore Dio. Convertitevi e vivrete».

 

 

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
Benjamin Martins. Pure Potentiality. Diritti Creative Commons

Meditazione
Massimo Cicchetti

Meditazione
Un altro dettaglio sul senso di amore e di giustizia che Dio riveste verso il suo popolo, nei confronti di ognuno di noi. Una spiegazione ancora più efficace quale replica al proverbio che introduce questo capitolo: «I padri hanno mangiato uva acerba e i denti dei figli si sono allegati». Ezechièle persevera nel ricordare al popolo i precetti fondamentali che rendono felice l’alleanza con Dio. Va colta la sottolineatura che le colpe dei padri non devono necessariamente ricadere sui figli, come anche viceversa. L’uva acerba consumata dai padri è una responsabilità loro e nella stessa misura un padre probo non è responsabile di un comportamento iniquo di un figlio. Ciascuno è protagonista e rende conto del proprio operato di fronte ai comandamenti divini, nel merito della frequenza alla preghiera e nel rispetto verso Dio e non verso altri idoli; lo stesso vale per i comportamenti ed il rispetto nei confronti degli affetti umani, ed infine anche verso l’uso delle cose materiali, dove ancora una volta la parola di Dio ci vuole solidali e capaci di aiuto reciproco. Ciononostante la giustizia di Dio non concede sconti a chi non si ravvede dei propri peccati, il suo amore per noi si manifesta nell’invito insistente e persuasivo verso una conversione da condotte sconsiderate e mai rinuncia ad indicarci l’atteggiamento corretto per dimostrare fedeltà al suo amore. Trovo molto bello questo atteggiamento di un padre severo ma dotato di comprensione verso l’errore umano, lo stesso padre che Gesù rappresenterà nelle vesti del genitore del “figliol prodigo” e del fratello, un padre capace di andare incontro ai figli, quello vergognoso e ravveduto, ma anche quello geloso, per avvolgerli nel suo abbraccio benedicente, entrambi. Altrettanto toccanti le parole che Ezechièle, quando esprime per conto di Dio ad Israele, spiegando al popolo in esilio, fatto schiavo e sottomesso, che questa condizione non dipende dalle colpe dei padri, ma perdura perché i figli non si sono ancora ravveduti e non hanno operato per creare una nuova alleanza con il loro Signore. È questo atteggiamento dissennato che li conduce alla morte dello spirito e della speranza. È un errore interpretare la sofferenza della loro condizione come l’effetto di colpe commesse prima di loro e per le quali non possono operare modifiche, sta a loro, come sta ogni giorno a ciascuno di noi, recuperare l’amore di Dio con un comportamento personale che rispetti le leggi dettate a Mosè. Dio non desidera che alcuno muoia, anzi sempre spera che possa prendere coscienza dei propri errori ed operare una conversione nei suoi confronti, ma questa ricostruzione passa attraverso un cuore nuovo ed uno spirito nuovo, passa attraverso la rinuncia degli egoismi personali e della ostinazione a voler rimanere quelli che siamo. Dio ci vuole nuovi, rinnovati ogni giorno dal suo abbraccio paterno che ci fa sentire amati, protetti, e ci dona la forza per superare gli ostacoli della vita.

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