Lettera di Giacomo 5,13-20 con il commento di Marco Missiroli



Dalla Lettera di san Giacomo apostolo
Gc 5, 13-20

Testo del brano
Fratelli miei, chi tra voi è nel dolore, preghi; chi è nella gioia, canti inni di lode. Chi è malato, chiami presso di sé i presbìteri della Chiesa ed essi preghino su di lui, ungendolo con olio nel nome del Signore. E la preghiera fatta con fede salverà il malato: il Signore lo solleverà e, se ha commesso peccati, gli saranno perdonati. Confessate perciò i vostri peccati gli uni agli altri e pregate gli uni per gli altri per essere guariti. Molto potente è la preghiera fervorosa del giusto. Elìa era un uomo come noi: pregò intensamente che non piovesse, e non piovve sulla terra per tre anni e sei mesi. Poi pregò di nuovo e il cielo diede la pioggia e la terra produsse il suo frutto. Fratelli miei, se uno di voi si allontana dalla verità e un altro ve lo riconduce, costui sappia che chi riconduce un peccatore dalla sua via di errore lo salverà dalla morte e coprirà una moltitudine di peccati.

 

 

 

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
Emily Lepri

Meditazione
Marco Missiroli

Meditazione
La chiusa della lettera di Giacomo è un invito fraterno, di respiro più arioso rispetto al resto del testo, alla preghiera, che diviene il momento fondamentale per il cristiano per fare il punto della situazione, guardare negli occhi il Signore e riscoprire nella vita la Sua presenza. Allora i sofferenti non si ritroveranno soli, chi è nella grazia si accorgerà dei doni ricevuti, il pensiero per gli altri ci farà intercessori presso il Padre. La salvezza coinvolge così tutti quelli che sono disposti ad affidarsi e confidare in Lui, che con la preghiera protendono la propria anima, il proprio spirito, le proprie azioni al di fuori di sé, verso un bene più esteso, accessibile a tutti. Mi colpisce in particolare la forza che viene data da questo brano al cammino comunitario: il nostro rapporto personale con Dio non si esaurisce in quella relazione “verticale”, ma trasforma e viene a sua volta trasformato dalle nostre relazioni “orizzontali”, dalle persone con cui condividiamo il cammino, in famiglia, al lavoro, nelle comunità di appartenenza. E tanto più lontano è l’orizzonte del nostro sguardo, più ampia l’apertura del nostro abbraccio, tanto più lo sarà il contagio della nostra preghiera e della nostra testimonianza di vita. Attenzione a non essere selettivi, poiché il criterio di selezione potrebbe appartenere esclusivamente ad una nostra percezione di giustizia e verità: lasciamo che siano le persone a scegliere o meno Gesù, come Lui stesso ha fatto nel suo cammino in mezzo all’umanità. Preoccupiamoci piuttosto di presentarlo a chi non lo conosce o a chi ne ha sentito solo parlare, raccontando la nostra esperienza di incontro, rileggendo la Parola alla luce della nostra conversione quotidiana, distribuendo i semi di speranza, amore, gioia che testimoniano la Sua presenza nella nostra vita. Per quanto ci sentiamo piccoli di fronte alle ingiustizie del mondo, per quanto i frutti di bontà siano nascosti dalle clamorose manifestazioni del male, non perdiamo mai il coraggio di essere una voce che grida nel deserto, di stare come pecore in mezzo ai lupi, ma anche la speranza di poter vivere come il lievito nel pane e la libertà di poter morire come il granello di senapa. La nostra offerta, benedetta dal Signore, sarà nutrimento per la vita, sia quella presente che quella che verrà. «La luce splende nelle tenebre, ma la tenebre non l’hanno vinta».

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