Lettera di Giacomo 5,1-6 con il commento do Marco Missiroli



Dalla Lettera di san Giacomo apostolo
Gc 5, 1-6

Testo del brano
Ora a voi, ricchi: piangete e gridate per le sciagure che cadranno su di voi! Le vostre ricchezze sono marce, i vostri vestiti sono mangiati dalle tarme. Il vostro oro e il vostro argento sono consumati dalla ruggine, la loro ruggine si alzerà ad accusarvi e divorerà le vostre carni come un fuoco. Avete accumulato tesori per gli ultimi giorni! Ecco, il salario dei lavoratori che hanno mietuto sulle vostre terre, e che voi non avete pagato, grida, e le proteste dei mietitori sono giunte agli orecchi del Signore onnipotente. Sulla terra avete vissuto in mezzo a piaceri e delizie, e vi siete ingrassati per il giorno della strage. Avete condannato e ucciso il giusto ed egli non vi ha opposto resistenza.

 

 

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
arrangiamento musicale di Gabriele Fabbri

Meditazione
Marco Missiroli

Meditazione
Prosegue l’invettiva contro i ricchi, in continuità col brano precedente, nel commento del quale ho scelto di dare risonanza al tema dell’accumulo della ricchezza in relazione al senso del tempo, come per accaparrarsi una sicurezza su un futuro che in realtà non conosciamo e del quale sarebbe favorevole accoglierne la condizionalità da parte di eventi più grandi di noi e delle nostre possibilità di controllo. Infatti la condanna non è diretta al ricco in quanto tale, ma all’importanza che egli ripone nella sua ricchezza e al vincolo che di conseguenza lo lega ad un bene terreno. Le tarme che mangiano i vestiti, la ruggine che consuma i tesori.. sono immagini evocative di una ricchezza effimera, che come tutte quelle che San Paolo chiama le “cose del mondo” sono destinate a finire e non costruiscono il Regno. Il brano di oggi mette in risalto un aspetto fondamentale della dinamica della capitalizzazione, ossia il guadagno a spese degli altri, ancora oggi come nella storia un processo demoniaco in continuo andamento ed evoluzione. La disuguaglianza sociale è una realtà consolidata e difficilmente sovvertibile, sarebbe un pensiero da “Mulino bianco” pensare di poterla azzerare. Piuttosto è secondo me importante riconoscere che essa diventa colposa dal momento in cui la divisione tra ricco e povero, potente e debole, genera oppressi ed oppressori. Ai tempi di Gesù esisteva la schiavitù, schietta e lecita, e lo stesso Cristo, come i suoi discepoli, non ne professa l’abolizione, ma piuttosto propone una relazione tra schiavo e padrone, nel riconoscersi entrambi servi di Dio, che è rivoluzionaria nella sostanza e allo stesso tempo conforme alla struttura sociale di quel periodo storico. Oggi viviamo in un tempo di forte diseguaglianza sociale, in cui la stragrande maggioranza delle risorse del pianeta è utilizzato da una piccola fetta della popolazione globale, e il fenomeno è negli ultimi anni in aumento nonché ampliamente sensibile nel nostro Paese e quindi sulla nostra pelle. Tuttavia è bene ricordarsi sempre che siamo nati in una terra fortunata, ricca di beni e diritti conquistati, sebbene schiava del capitalismo occidentale. Il brano di oggi, come tutta la Bibbia, ci offre una risposta sull’atteggiamento coi cui relazionarci col sistema socio-economico del nostro periodo storico: la sobrietà. Una sobrietà sostanziale, non di facciata, che si esprime nella ricerca dell’essenziale, nonché di consumi sostenibili e rispettosi, che mettano al centro la persona, le comunità ed il bene comune. Nella giungla delle offerte a ribasso, sotto i bombardamenti mediatici per l’acquisto di beni di consumo a prezzi sempre più vantaggiosi e con modalità di pagamento sempre più immediate e meno palpabili, è tanto difficile trovare ed entrare in sistemi solidali e sostenibili quanto facile perdersi nella frenesia degli acquisti folli e indisciplinati, per beni superflui o addirittura fuori portata. Siamo quindi chiamati ad uno sforzo doppio, evitando in primis di farci risucchiare dal vortice e di trovare canali certamente più silenziosi e di meno facile accesso: declinazione della famosa “porta stretta” di cui ci parla Gesù. Personalmente ho avuto l’occasione di condividere, con persone a me molto vicine, la difficoltà di accontentarsi, di riadattarsi alla necessità di un abbassamento del tenore di vita conquistato in periodi di più facile abbondanza: il rischio del tracollo è dietro l’angolo e condiziona la nostra esistenza nella misura in cui, come detto, ci siamo resi schiavi delle ricchezze accaparrate, dandole per scontate, come uno standard. Purtroppo spesso il nostro tracollo personale si porta dietro le persone a cui ci si è cercati di aggrappare e ancora prima quelle che sono esistenzialmente a noi legate, spesso coincidenti con quelle a cui vogliamo più bene. Per questo mi è oggi semplice essere convinto e testimoniare che la via di sobrietà che ci suggerisce la Parola sia vincente, sia per noi sia per un bene comune, e che allo stesso tempo nelle nostre scelte quotidiane di consumo possiamo veramente essere protagonisti di una rivoluzione sostenibile di cui sentiamo il grido provenire dal creato e da popolazioni troppo spesso dimenticate, che oggi stanno bussando alla nostra porta di casa.

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