Lettera di Giacomo 1,19-27 con il commento di Marco Missiroli



Dalla lettera di san Giacomo apostolo
Gc 1,19-27

Testo del brano
Lo sapete, fratelli miei carissimi: ognuno sia pronto ad ascoltare, lento a parlare e lento all’ira. Infatti l’ira dell’uomo non compie ciò che è giusto davanti a Dio. Perciò liberatevi da ogni impurità e da ogni eccesso di malizia, accogliete con docilità la Parola che è stata piantata in voi e può portarvi alla salvezza.
Siate di quelli che mettono in pratica la Parola, e non ascoltatori soltanto, illudendo voi stessi; perché, se uno ascolta la Parola e non la mette in pratica, costui somiglia a un uomo che guarda il proprio volto allo specchio: appena si è guardato, se ne va, e subito dimentica come era. Chi invece fissa lo sguardo sulla legge perfetta, la legge della libertà, e le resta fedele, non come un ascoltatore smemorato ma come uno che la mette in pratica, questi troverà la sua felicità nel praticarla.
Se qualcuno ritiene di essere religioso, ma non frena la lingua e inganna così il suo cuore, la sua religione è vana. Religione pura e senza macchia davanti a Dio Padre è questa: visitare gli orfani e le vedove nelle sofferenze e non lasciarsi contaminare da questo mondo.

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
Emily Lepri

Meditazione
Marco Missiroli

Meditazione
La metafora dello specchio, sinceramente a me nuova, mi ha lasciato nella meditazione una provocazione che vorrei condividere, con l’umiltà di chi prima di parlare di rito e celebrazione, ammette che avrebbe tanto da ascoltare. Pensiamo alla liturgia eucaristica, con cui celebriamo la consegna per eccellenza del nostro mandato di cristiani, il luogo in cui l’ascolto della Parola ci conduce al pane spezzato: «Fate questo in memoria di me». Ora pensiamo alla nostra partecipazione. Mi colpisce sempre l’amara realtà svelata da un simpatico giochetto che diversi preti ogni tanto tirano fuori durante l’omelia: «Allora, cosa raccontava la prima lettura? Niente?! Troppo difficile, aspetta.. di cosa parlava il Vangelo?». Trovarsi tra chi non si ricorda la Parola letta qualche minuto prima è tanto imbarazzante quanto forte nel mettere in discussione il proprio spirito di partecipazione: senza quella lettura io non ho niente da tramutare in azione, esco vuoto, bloccato al primo step. Il mio “andare a Messa” equivale al presentarmi davanti allo specchio: guardo quel che ho davanti e me ne vado senza ricordamene.  Mi spingo al di fuori delle mie competenze nel dire che allo stesso modo se la partecipazione, anche attenta, concentrata, presente, alla liturgia eucaristica, non genera nel mio cuore un desiderio di azione concreto, allora il cortocircuito è da qualche altra parte. Siamo sicuri che non rischi di essere il rito stesso, in relazione a chi vi partecipa oggi, un specchio? «Religione pura e senza macchia davanti a Dio Padre è questa: visitare gli orfani e le vedove nelle sofferenze». Sfido chiunque a credere che non sia un richiamo attuale. Penso al dinamismo della vita dello stesso Gesù, in continuo pellegrinaggio verso la salvezza – «Il Figlio dell’Uomo non ha dove posare il capo» – sempre a contatto con gli ultimi, coi sofferenti e i bisognosi. Renderci conto che lo siamo anche noi e subito dopo che lo è il nostro vicino, è la prima azione che ci apre alla salvezza.

 

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