Lettera di Giacomo 5,9-12 con il commento di Marco Missiroli



Dalla Lettera di san Giacomo apostolo
Gc 5, 9-12

Testo del brano
Non lamentatevi, fratelli, gli uni degli altri, per non essere giudicati; ecco, il giudice è alle porte. Fratelli, prendete a modello di sopportazione e di costanza i profeti che hanno parlato nel nome del Signore. Ecco, noi chiamiamo beati quelli che sono stati pazienti. Avete udito parlare della pazienza di Giobbe e conoscete la sorte finale che gli riserbò il Signore, perché il Signore è ricco di misericordia e di compassione. Soprattutto, fratelli miei, non giurate né per il cielo, né per la terra e non fate alcun altro giuramento. Ma il vostro «sì» sia sì, e il vostro «no» no, per non incorrere nella condanna.

 

 

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
Emily Lepri

Meditazione
Marco Missiroli

 

Meditazione
Sopportazione, costanza, pazienza, compassione, misericordia, fermezza, sincerità. In poche righe Giacomo richiama tante virtù. Ma cosa dovrebbe convincere un cristiano a metterle in campo? Il timore del giudizio divino? O forse la conquista del paradiso? È stato detto questo per così tanto tempo che ancora oggi risuona a livello culturale la visione di un Dio giudice, con in mano il registro su cui segnarsi i voti di ciascuno, pronti ad essere esibiti nel giorno della dipartita da questo mondo. Purtroppo conosco tanti amici che si sono allontanati e ripudiano la Chiesa convinti che questo sia il messaggio, la verità proposta dalla fede, che si porta appresso un peso insostenibile. «Prendete a modello i profeti», dice Giacomo: allora penso alle persone di cui si è circondato Gesù nel suo cammino o che ha chiamato a evangelizzare il mondo: San Pietro, San Paolo, grandissimi santi e uomini non certo da 110 e lode. Ciò che mi colpisce delle loro vite è piuttosto la loro capacità di convertirsi, di buttarsi con fiducia verso orizzonti e prove che sembrano impossibili, come gettare per l’ennesima volta una rete per raccogliere pesci dopo una notte di svariati tentativi a vuoto o passare dalla parte di quelli che fino a ieri perseguitavi. Si pensi allo stesso calvario di Cristo, venuto nel mondo ad annunciare il vangelo, capito da nessuno e condannato da tutti quelli che era venuto per salvare e che ha salvato dalla morte attraversandola, dimostrandoci liberi di non soccombere alla sua paura che ci imprigiona e ci conduce l’uno contro l’altro, nella lotta per la sopravvivenza. Il Dio che sconfigge la paura di certo non può avere lo stesso volto del giudice che mette timore con in mano il registro: Egli non sta lì a guardarci sopravvivere al peccato ma ci chiama a vivere con pienezza, ad attraversare l’uomo, la storia, facendo esperienza e tesoro di tutto quello che viviamo. Lo sguardo di Dio è compassione e misericordia, non egocentrico ma rivolto e aperto all’altro, ne accoglie la sofferenza e l’errore, frutto di quella paura che Lui stesso ha già sconfitto e che affidandosi a Lui possiamo superare anche noi. Preghiamo allora lo Spirito, che venga a risollevarci quando siamo sfiniti e sfiduciati, che tenga accesa la speranza di chi soffre. 

«Benedetto l'uomo che confida nel Signore
e il Signore è sua fiducia.
Egli è come un albero piantato lungo l'acqua,
verso la corrente stende le radici;
non teme quando viene il caldo,
le sue foglie rimangono verdi;
nell'anno della siccità non intristisce,
non smette di produrre i suoi frutti».

 

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