Esodo 33,7-11;34,5-9.28 con il commento di Massimo Gasperoni e Cosetta Giovannini



Dal libro dell'Esodo
Es 33,7-11;34,5-9.28 

Testo del brano
In quei giorni, Mosè prendeva la tenda e la piantava fuori dell’accampamento, a una certa distanza dall’accampamento, e l’aveva chiamata tenda del convegno; appunto a questa tenda del convegno, posta fuori dell’accampamento, si recava chiunque volesse consultare il Signore. Quando Mosè usciva per recarsi alla tenda, tutto il popolo si alzava in piedi, stando ciascuno all’ingresso della sua tenda: seguivano con lo sguardo Mosè, finché non fosse entrato nella tenda. Quando Mosè entrava nella tenda, scendeva la colonna di nube e restava all’ingresso della tenda, e parlava con Mosè. Tutto il popolo vedeva la colonna di nube, che stava all’ingresso della tenda, e tutti si alzavano e si prostravano ciascuno all’ingresso della propria tenda. Il Signore parlava con Mosè faccia a faccia, come uno parla con il proprio amico. Poi questi tornava nell’accampamento, mentre il suo inserviente, il giovane Giosuè figlio di Nun, non si allontanava dall’interno della tenda. Il Signore scese nella nube [sul monte Sinai], si fermò là presso di lui e proclamò il nome del Signore. Il Signore passò davanti a lui, proclamando: «Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà, che conserva il suo amore per mille generazioni, che perdona la colpa, la trasgressione e il peccato, ma non lascia senza punizione, che castiga la colpa dei padri nei figli e nei figli dei figli fino alla terza e alla quarta generazione». Mosè si curvò in fretta fino a terra e si prostrò. Disse: «Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, Signore, che il Signore cammini in mezzo a noi. Sì, è un popolo di dura cervìce, ma tu perdona la nostra colpa e il nostro peccato: fa’ di noi la tua eredità». Mosè rimase con il Signore quaranta giorni e quaranta notti, senza mangiar pane e senza bere acqua. Egli scrisse sulle tavole le parole dell’alleanza, le dieci parole.

 

 

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
P.Patrikios. Away. YouTubeStudios. Diritti Creative Commons

Meditazione
Massimo Gasperoni e Cosetta Giovannini

Commento

Il popolo di dura cervice, questa immagine ad alcuni studiosi ricorda la difficoltà di montare il giogo sui buoi che non sono abituati al lavoro di trainare un aratro, non sono docili e non si lasciano mettere il giogo; non accettano una guida, un progetto diverso dal loro. Questa similitudine però non mi convince molto, anzi in realtà la nostra dura cervice penso sia una conseguenza della nostra razionalità, che tutto vuole descrivere, analizzare e dimostrare. Di fronte a questa esigenza la rivelazione e la fede si svuotano di significato perché non si possono affrontare con il metodo speculativo e scientifico. Noi siamo di fronte ad un amico che ci parla, che ci perdona anche quando sbagliamo e che cerca di correggerci per riportarci sulla via della pace e della felicità con la grazia dello spirito santo. La nostra dura cervice ci serva per non cadere nel fideismo, nel devozionismo e nell’idolatria; ci faccia lottare con i nostri dubbi e le nostre tentazioni; ci aiuti, inoltre, a riconoscere quelle figure che sono mediatrici tra noi e il Signore, rispettando la loro chiamata e accompagnandoli nella preghiera con la nostra presenza alle celebrazioni, ognuno portando con se le proprie virtù e i propri limiti, come gli israeliti, in piedi davanti alla loro tenda che contiene i loro beni, i loro affetti e le loro storie. Aiutaci Signore a riconoscere nei giovani la predilezione di Dio, aiutaci ad accompagnarli nel loro cammino affidando la nostra fiducia anche se possono sbagliare, essere incostanti o inconcludenti. Il nostro Padre quando ci guarda cosa vede? La stessa fatica, ma non si stanca mai di riprovare, di darci un’altra possibilità. E noi utilizziamo la ragione come spada di un ateismo anticlericalista? Di un nihilismo materialista? Usiamo la ragione per far sì che la nostra scelta di fede sia pensata, convinta; i valori non siano precetti vuoti di significato, ma conseguenze naturali dell’accoglienza del Vangelo, così le nuove parole che Dio ci affida non saranno più ulteriori norme da trasgredire, ma sorgente di bene per tutta l’umanità, doni di grazia per la nostra salvezza.

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