Esodo 12,37-42 con il commento di Massimo Gasperoni e Cosetta Giovannini



Dal libro dell'Esodo
Es 12,37-42 

Testo del brano
In quei giorni, gli Israeliti partirono da Ramses alla volta di Succot, in numero di seicentomila uomini adulti, senza contare i bambini. Inoltre una grande massa di gente promiscua partì con loro e greggi e armenti in mandrie molto grandi. Fecero cuocere la pasta che avevano portato dall’Egitto in forma di focacce àzzime, perché non era lievitata: infatti erano stati scacciati dall’Egitto e non avevano potuto indugiare; neppure si erano procurati provviste per il viaggio. La permanenza degli Israeliti in Egitto fu di quattrocentotrent’anni. Al termine dei quattrocentotrent’anni, proprio in quel giorno, tutte le schiere del Signore uscirono dalla terra d’Egitto. Notte di veglia fu questa per il Signore per farli uscire dalla terra d’Egitto. Questa sarà una notte di veglia in onore del Signore per tutti gli Israeliti, di generazione in generazione.

 

 

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
P.Patrikios. Away. YouTubeStudios. Diritti Creative Commons

Meditazione
Massimo Gasperoni e Cosetta Giovannini
Recita Massimo Fasperoni

Meditazione
La partenza, piena di speranze e di legami che si interrompono, le proprie abitudini e le proprie case abbandonate, cercando la salvezza che ci è stata promessa, ma che è aldilà del deserto, da attraversare senza tante provviste con sé, è quasi una missione impossibile. Il pensiero naturalmente va ai tanti profughi che, nonostante debbano attraversare il deserto e il mare rischiando ogni istante la propria vita, sono costretti a partire per trovarne una migliore, o anche per salvarla dalla guerra o dalla fame. Tutto ad un tratto ti trovi a dover fare i conti con la fatica, con il freddo, l’indigenza, la sporcizia, le malattie. Il viaggio è lungo e pericoloso, non tutti riescono ad arrivare in fondo al cammino, molti cadono per strada, stremati dalla fatica o preda di assassini. Anche nelle nostre famiglie ci sono partenze, possiamo vivere l’esperienza della perdita dei cari, o dobbiamo fare scelte drastiche che rimettono in discussione tutta la nostra vita e le nostre certezze, di colpo tutto crolla; a questo punto dobbiamo cercare di ricostruire il nostro presente e incamminarci verso il futuro, tenendo presente di costruire sulla roccia, scrostandoci via di dosso tutte le cose passate che ci ostacolano, Dio scommette su di noi, e noi dobbiamo dargli la possibilità di metterci in salvo, anche quando tutto sembra non avere senso. Cerchiamo di ritrovarlo piano piano, un passo alla volta, tutti insieme, fianco a fianco, sosteniamoci nel cammino senza lasciare nessuno indietro. Non dobbiamo voltarci per vedere i ritardatari, ma dobbiamo stargli a fianco per sostenerli: meglio più lenti insieme che più veloce da solo. Le focacce azzime mi ricordano molto la nostra piadina, sulla quale riusciamo perfino a discutere su quale sia la versione migliore, chi dice sottile, chi la vuole spessa, chi la preferisce croccante e chi la gusta più soffice, tanti tipi e tante modalità di preparazione.. Gli storici formulano teorie sull’origine della piadina, anche perché ce ne sono versioni simili in tutto il mondo. La cosa che accomuna questa invenzione buonissima è sicuramente la sua semplicità, la sua facilità di preparazione in breve tempo, è il pane dei viaggiatori, un cibo agile, che si mantiene buono per molto tempo; inoltre si può abbinare con tanti ingredienti diversi mantenendo la sua identità, si mischia ma allo stesso tempo non si confonde, perché dà valore a ciò che la farcisce, il suo profumo si espande nell’aria e ti fa subito sentire in famiglia e quell’aria di casa anche quando sei lontano. È una tradizione che viene tramandata da generazioni, in primis dalle nostre nonne, queste figure importanti nella nostra vita che rimangono indelebili nella memoria, con tutto il carico di amore che ci hanno lasciato, ogni volta che prepariamo e mangiamo la piadina è una sorta di memoriale, di tutto il bene che ci hanno voluto i nostri nonni, un patrimonio di amore che non va disperso, ma è la roccia sulla quale costruire il nostro futuro ed eventualmente ricostruirlo dopo una partenza o dopo un brutto evento. Il deserto è di fronte a noi, ma abbiamo la guida di Gesù e il supporto di tutti i nostri nonni, padri, madri, amici che non ci sono più ma che portiamo nel cuore.

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