2Corinzi 8,1-9 con il commento di Maria Angela Magnani



Dalla seconda lettera di San Paolo apostolo ai Corinzi
2Cor 8,1-9 

Testo del brano
Vogliamo rendervi nota, fratelli, la grazia di Dio concessa alle Chiese della Macedònia, perché, nella grande prova della tribolazione, la loro gioia sovrabbondante e la loro estrema povertà hanno sovrabbondato nella ricchezza della loro generosità. Posso testimoniare infatti che hanno dato secondo i loro mezzi e anche al di là dei loro mezzi, spontaneamente, domandandoci con molta insistenza la grazia di prendere parte a questo servizio a vantaggio dei santi. Superando anzi le nostre stesse speranze, si sono offerti prima di tutto al Signore e poi a noi, secondo la volontà di Dio; cosicché abbiamo pregato Tito che, come l’aveva cominciata, così portasse a compimento fra voi quest’opera generosa. E come siete ricchi in ogni cosa, nella fede, nella parola, nella conoscenza, in ogni zelo e nella carità che vi abbiamo insegnato, così siate larghi anche in quest’opera generosa. Non dico questo per darvi un comando, ma solo per mettere alla prova la sincerità del vostro amore con la premura verso gli altri. Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà.

 

 

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
Spence. Hovering Thoughts. Diritti Creative Commons

Meditazione
Maria Angela Magnani

Meditazione
«La moltitudine di quelli che avevano creduto era d’un sol cuore e di un’anima sola; non vi era chi dicesse sua alcuna delle cose che possedeva ma tutto era in comune tra di loro (Atti 4,32)». Viene immediato il rimando al libro degli Atti, di cui si è appena citato il testo. Come qui si può leggere è negli intenti delle prime comunità cristiane mettere tutto in comune e condividere i beni e le proprietà. Paolo è un uomo concreto e, per realizzare al meglio la colletta, già anticipata nella Prima lettera ai Corinzi, invia Tito proprio a Corinto per fare la raccolta. Le altre chiese hanno contribuito bene, donando oltre le loro possibilità, in particolare quelle della Macedonia. L’Apostolo, facendo leva sulla buona riuscita della missione finora compiuta, esorta i Corinzi ad essere altrettanto magnanimi e generosi. La colletta per la Chiesa di Gerusalemme fatta tra i pagani compie l’unità di tutti in Cristo, manifesta la comunione attraverso le differenze per uno scopo più elevato e superiore. Il termine generosità emerge più volte in tutta la sua dolce potenza, richiamando i membri delle comunità ad essere sinceri, onesti e pieni d’amore per ognuno. Qui Paolo non è perentorio, esorta invece con entusiasmo a compiere un gesto di unità ideale tra i non-circoncisi. Questa sua missione apostolica ha un valore già ecumenico e di unificazione. Come è attuale Paolo, anche in questo punto così concreto! Quanta necessità c’è oggi, non meno di ieri, di collette – soprattutto da parte di quei popoli e nazioni che rivendicano, non raramente e con orgoglio, le proprie radici cristiane – che sanciscano, non solo in termini economici, unità e uguaglianza in ogni situazione più disagiata dell’esistenza umana sulla terra comune. Quanto sacrosanta è l’esigenza di un ecumenismo del cuore e dello spirito, promosso con tanto ardore da Papa Francesco: quella tanto agognata unità nella diversità! L’ultima battuta di questo brano è uno dei più intensi passaggi del pensiero paolino. Per uno strano gioco di contrasti, la ricchezza dell’essere umano si trova consegnata nel farsi povero di Dio in Gesù. Anche in questa 2 Corinzi il rimando allo stile e alla figura del Signore si trova, come in altre sue lettere, in un punto strategico dello svolgimento. Paolo ha bisogno infatti di motivare il senso della sua richiesta assai impegnativa – quando si tratta di soldi e di beni materiali, allora come ora, si è sempre tentati di non vedere e non sentire i bisogni degli altri.. e per una perversa ragione di solito chi più ha, più è tentato di chiusura. Ed ecco allora questo testo, probabilmente il frammento di un inno cristologico precedente a Paolo. Sembra quasi la sintesi di un altro famosissimo inno, incastonato nel secondo capitolo della Lettera ai Filippesi, dove viene esaltato il movimento cristologico di svuotamento – o, impoverimento radicale (kénosis). Si potrebbe anche descrivere come un movimento di negazione: non della gloria divina in sé, quanto piuttosto della sovrumana soggezione che essa provoca in modo insuperabile sull’uomo e sulla donna, togliendo loro ogni possibilità di sentirsi convocati alla libertà del/la figlio/a. Solo grazie a quella povertà del Figlio, nella carne di Gesù, è dunque permesso ad ogni essere umano di giungere alla più grande e inimmaginabile ricchezza: quella di essere eredi di Dio, ossia realmente figli/e suoi (cfr. 1Gv 3)! «Siano rese grazie a Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore (Rm 7,25)». 

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