2Corinzi 1,1-7 con il commento di Maria Angela Magnani



Dalla seconda lettera di San Paolo apostolo ai Corinzi
2Cor 1,1-7 

Testo del brano
Paolo, apostolo di Gesù Cristo per volontà di Dio, e il fratello Timòteo, alla Chiesa di Dio che è a Corinto e a tutti i santi dell’intera Acàia: grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo. Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione! Egli ci consola in ogni nostra tribolazione, perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in ogni genere di afflizione con la consolazione con cui noi stessi siamo consolati da Dio. Poiché, come abbondano le sofferenze di Cristo in noi, così, per mezzo di Cristo, abbonda anche la nostra consolazione. Quando siamo tribolati, è per la vostra consolazione e salvezza; quando siamo confortati, è per la vostra consolazione, la quale vi dà forza nel sopportare le medesime sofferenze che anche noi sopportiamo. La nostra speranza nei vostri riguardi è salda: sappiamo che, come siete partecipi delle sofferenze, così lo siete anche della consolazione.

 

 

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
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Meditazione
Maria Angela Magnani

Meditazione
“Paolo, l’Apostolo delle genti, il Primo dopo l’Unico”. Con questa espressione un po’ sibillina, vorrei mettere in evidenza fin da subito un elemento per certi versi quasi ovvio, ma che riveste invece una certa importanza nella lettura di Paolo: egli è, in un certo senso, il primo vagito del Nuovo Testamento. Il primo cioè, dal punto di vista cronologico, a scrivere e a far circolare la “buona notizia” che è “l’evento Gesù”, l’Unigenito Figlio, la Parola incarnata di Dio. Iniziatore di quello che verrà a prendere forma come Nuovo Testamento, rompe con le precedenti forme letterarie ed inaugura la forma epistolare: non più oracolo profetico e neppure testi normativi o riflessione sapienziale, raccolti in libri; ma la modalità della lettera, più diretta, familiare e dialogica. In questa lettera specifica, che dal punto di vista esegetico presenta non poche difficoltà di carattere interpretativo, Paolo si rivolge alla comunità dei Corinzi, o meglio alla Chiesa di Dio che vive in Corinto, nonché a tutti i santi dell’Acaia. Comunità problematica quella dei Corinti; Paolo infatti deve dar voce ai vari registri delle sue corde teologiche ed emotive: qui in modo particolare si muove con fermezza e tenerezza al tempo stesso; le sue parole si articolano su livelli giustapposti, fino alla contrapposizione e quasi alla contraddizione. Con pathos e affetto paterno conduce alla riflessione e invita all’azione. L’Apostolo, che si trova a dover reagire alle accuse mossegli di aver scritto un Vangelo ad personam, desidera su ogni cosa rimettere al centro la “Parola”: non è un vangelo a misura di Paolo, né semplicemente frutto della sua interpretazione, o discrezionale, autoreferenziale.. La sua difesa si snoda, in questo testo, in un rimando tra interno ed esterno, in un gioco speculare che conduce l’assemblea a prendere coscienza – sia nei singoli che nella comunità intera –, mantenendo alta e vigile l’attenzione del lettore. Paolo, riflettendo sul prossimo viaggio verso Corinto, temporeggia: deve infatti maturare come un atteggiamento benevolo di magnanimità e perdono, per non essere troppo severo e giudicante. Lo sguardo si rivolge così, immediatamente, alle sorgenti da cui scaturisce il ministero apostolico- evangelizzatore, affidando al saluto iniziale – come anche vuole la tradizione letteraria – il riferimento a Dio: sia benedetto perché è il Consolatore! Egli infatti  consola in ogni situazione angosciosa, per averlo salvato dal pericolo di morte in Asia. Da questo episodio di salvezza Paolo prende spunto per contrapporvi due stati della condizione umana: tribolazione e sofferenza. Tribolazione, sofferenza: quante volte, nel corso dei mesi del Covid, più che mai, abbiamo sentito queste parole, nei luoghi più disparati del mondo, del nostro paese, della nostra città e anche più vicino a noi, nel nostro circolo di amici e familiari. Quante volte ci siamo sentiti persi, smarriti, senza più i punti di riferimento conosciuti e consolidati. E abbiamo cercato consolazione nelle relazioni come anche nella meditazione, nella riflessione e anche soprattutto nella preghiera: emblematica rimane per tutti, credenti e non, quell’immagine in cui Papa Francesco, solo, attraversa Piazza San Pietro deserta, bagnata dalla pioggia in un silenzio rotto solo dalle ambulanze.. il pontefice, in quel momento preciso, porta paradossalmente alla luce una solidarietà che va oltre ogni confine di stato, etnia, lingua, religione.. nella sua preghiera scorre la nostra, silenziosamente, in una comunione consolante di anime e di intenti rivolti a Cristo e alla consolazione che solo grazie a Lui giunge a noi, al mondo intero. Tutto questo non vale solo nei momenti della tragedia e nel bisogno, ma in ogni giorno e nelle varie occasioni, piacevoli e spiacevoli della nostra vita: poiché la consolazione di Dio, che i cristiani festeggiano in modo particolare nel giorno della Pentecoste, sempre ci accompagna e ci solleva.. non diamolo mai per scontato o acquisito, non stanchiamoci mai di sentire e mostrare gratitudine!

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