Apocalisse 22,1-7 con il commento di Cristian Messina



Dal libro dell'Apocalisse di san Giovanni apostolo
Ap 22,1-7 

Testo del brano
L’angelo del Signore mostrò a me, Giovanni, un fiume d’acqua viva, limpido come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e dell’Agnello. In mezzo alla piazza della città, e da una parte e dall’altra del fiume, si trova un albero di vita che dà frutti dodici volte all’anno, portando frutto ogni mese; le foglie dell’albero servono a guarire le nazioni. E non vi sarà più maledizione. Nella città vi sarà il trono di Dio e dell’Agnello: i suoi servi lo adoreranno; vedranno il suo volto e porteranno il suo nome sulla fronte. Non vi sarà più notte, e non avranno più bisogno di luce di lampada né di luce di sole, perché il Signore Dio li illuminerà. E regneranno nei secoli dei secoli. E mi disse: «Queste parole sono certe e vere. Il Signore, il Dio che ispira i profeti, ha mandato il suo angelo per mostrare ai suoi servi le cose che devono accadere tra breve. Ecco, io vengo presto. Beato chi custodisce le parole profetiche di questo libro».

 


 


  

 

Recita
Daniela Santorsola

Musica di sottofondo
Sir Cubwort. Ceremonial Prelude. Diritti Creative Commons

Meditazione
Cristian Messina

Meditazione
«O Dio, vieni a salvarmi, Signore, vieni presto in mio aiuto..». È con queste parole che si apre il salmo 70 (69), è con queste parole che inizia ogni preghiera liturgica delle Ore. Nel capitolo ventiduesimo dell’Apocalisse siamo dentro la nuova Gerusalemme, la vera metropoli, letteralmente “città madre”, quel grembo che da sempre ci attende. «E da una parte e dall’altra del fiume, si trova un albero», l’espressione è ambigua: più alberi sulle rive del fiume, oppure un albero solo “nel mezzo” del fiume che si divide? L’albero a cui si fa riferimento rimanda a due situazioni: quello genesiaco della vita (Gn 2,9) e quelli colmi di frutti, presenti nel libro di Ezechiele, che costeggiano il fiume che sgorga dal tempio (Ez 47,12). Ma nella nuova Gerusalemme il tempio sono il Signore e l’Agnello, Dio Padre e Gesù risorto, a dire che la vita viene direttamente da loro e che non avremo più alcun bisogno di mediazioni fisiche, in questo caso del tempio. A dire, soprattutto, che la vita è lo Spirito, non a caso tradotto dall’ebraico rûah con “vento, respiro”, qualcosa che si muove e che a sua volta ha la forza di mettere in movimento. Nel giudaismo si attende che il Messia reintroduca gli ebrei nel giardino dell’Eden; per i cristiani è Gesù “l’Unto di Dio” (in ebraico Messia, in greco Cristo), che realizza quest’attesa! Quelle foglie che in Genesi – all’inizio della “storia” – servirono alla prima coppia per coprirsi le parti intime, segno della presa di coscienza del peccato commesso, «servono – ora, al termine della “storia” – a guarire le nazioni». «E non vi sarà più maledizione»: non ci sarà più anatèma, letteralmente “offerta votiva” (sottintesa agli idoli), non ci sarà più scomunica possiamo tradurre con un vocabolo sorpassato quanto infelice. Insomma, non ci sarà più interdizione al paradiso! «La vita è adesso.. – cantava Claudio Baglioni nel 1985 – E ti domandi certo chi sei tu». Come il nome della bestia marchiava gli idolatri, così il nome di Dio contraddistingue chi ha scelto di appartenergli. La vita in fondo è come il gioco “Chi sono?”, in cui mi viene scritta su un post-it appiccicato in fronte la mia identità, che devo indovinare.. con la differenza che lo sappiamo già, basta ricordarcelo. E, come nel gioco, spesso sono gli altri a farlo. «Non vi sarà più notte.. luce di lampada né di luce di sole, perché il Signore Dio li illuminerà»: ogni religione ha sempre visto la divinità nel simbolo della luce; la stessa definizione generica “dio” deriva probabilmente dalla radice ariana div, “splendore”. L’Apocalisse ci sta dicendo ancora una volta che il paradiso non avrà più bisogno di alcuna mediazione, di alcun segno che rimandi a Dio, perché godremo della sua esperienza diretta: la vita eterna è infondo questo, il godere della sua presenza, come il neonato desidera e gode unicamente della presenza della madre. Ma questo avverrà in contemporanea, tutti cioè potranno godere della presenza di questa “Madre”, che a sua volta si godrà il più grande parto plurigemellare di tutti i tempi! «Ecco, io vengo presto. Beato chi custodisce le parole profetiche di questo libro»: ormai la voce dell’angelo – che è sempre e comunque un messo divino – sfuma, permettendo al Signore stesso di parlare in prima persona. «O Dio, vieni a salvarmi, Signore, vieni presto in mio aiuto..». È con queste parole che inizia il salmo.. è con queste parole che invochiamo l’Oggetto del nostro unico desiderio.. è con queste parole che si chiude la Scrittura. 

 

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