Apocalisse 1,1-5a;2,1-5a con il commento di Cristian Messina



Dal libro dell'Apocalisse di san Giovanni apostolo
Ap 1,1-5a;2,1-5a

Testo del brano
Rivelazione di Gesù Cristo, al quale Dio la consegnò per mostrare ai suoi servi le cose che dovranno accadere tra breve. Ed egli la manifestò, inviandola per mezzo del suo angelo al suo servo Giovanni, il quale attesta la parola di Dio e la testimonianza di Gesù Cristo, riferendo ciò che ha visto. Beato chi legge e beati coloro che ascoltano le parole di questa profezia e custodiscono le cose che vi sono scritte: il tempo infatti è vicino. Giovanni, alle sette Chiese che sono in Asia: grazia a voi e pace da Colui che è, che era e che viene, e dai sette spiriti che stanno davanti al suo trono, e da Gesù Cristo, il testimone fedele, il primogenito dei morti e il sovrano dei re della terra. [Io udii il Signore che mi diceva]: «All’angelo della Chiesa che è a Èfeso scrivi: “Così parla Colui che tiene le sette stelle nella sua destra e cammina in mezzo ai sette candelabri d’oro. Conosco le tue opere, la tua fatica e la tua perseveranza, per cui non puoi sopportare i cattivi. Hai messo alla prova quelli che si dicono apostoli e non lo sono, e li hai trovati bugiardi. Sei perseverante e hai molto sopportato per il mio nome, senza stancarti. Ho però da rimproverarti di avere abbandonato il tuo primo amore. Ricorda dunque da dove sei caduto, convèrtiti e compi le opere di prima”».

 

 

Recita
Daniela Santorsola

Musica di sottofondo
Sir Cubworth. Ceremonial Prelude. Diritti Creative Commons

Meditazione
Cristian Messina

Meditazione
Il primo amore non si scorda mai.. Il settantatreesimo e ultimo libro della Bibbia inizia con Gesù stesso che, per volontà del Padre, si rivela a Giovanni, e lo fa attraverso il suo angelo. Quante volte un “messaggero” è venuto a togliere il velo sulla falsa immagine che abbiamo di Dio.. ce ne siamo accorti? E, tolto il velo, ecco Gesù, il cui nome significa “Dio salva”. A Giovanni vengono mostrate «le cose che dovranno accadere tra breve».. gli viene cioè – e ci viene – ricordato, che la nostra salvezza è già in atto con la risurrezione di Gesù, il “Dio che salva”. In questo brano, come in tutto il libro, è determinante la figura del testimone, in greco martýs, “martire”. Ma chi è costui? Il testimone è colui “che ha visto”, fatto in virtù del quale può e deve rendere testimonianza, comunicare cioè quanto visto. I martiri sono in pratica coloro che hanno visto, nel senso che hanno fatto esperienza diretta, del fatto che la salvezza del Signore è anche per me, e vengono a dirmelo.. ed io cosa risponderò? Il martire, ancora, è chi mi viene a portare il testimone – come nella staffetta – affinché a mia volta io lo passi a qualcun altro: chi ha ricevuto l’annuncio non può tenerlo per sé, altrimenti perdiamo tutti.. la “staffetta della vita” si vince insieme! Non solo, ognuno di noi non può fare a meno di un testimone, perché ognuno di noi ha bisogno di essere guardato. È infatti lo sguardo altrui che dona senso al nostro esistere; sguardo senza il quale si sperimenta l’inferno. «Beato chi legge e beati coloro che ascoltano le parole di questa profezia..»: ecco la prima delle sette beatitudini all’interno dell’Apocalisse. E il sette, simbolo di pienezza, è la chiave di lettura di questo libro. «Beati», cioè felici in quanto vincitori, coloro che hanno ricevuto la grazia di poter leggere e ascoltare quanto dice il testimone, il primo dei vincitori: non a caso l’iconografia ci mostra i martiri con la palma in mano, sorta di “trofeo” per la loro vittoria. Forse non ci comparirà nessun angelo, forse non sentiremo alcuna voce ultraterrena, ma il poter leggere la Parola di Dio e il poterla ascoltare durante la celebrazione eucaristica è un dono che ci viene fatto, prima che una responsabilità da custodire.  «Grazia a voi e pace da Colui che è, che era e che viene»: è la formula con la quale l’autore si riaggancia probabilmente a quando Dio rivela il suo nome a Mosè sull’Oreb (cfr. Es 3,14), ma sostituisce il «che sarà» col «che viene», a dirci che l’èschaton – la realtà “ultima” – è già iniziata; «il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo» dice Gesù ai primi discepoli che incontra (Mc 1,15).. «ricorda dunque da dove sei caduto, convèrtiti e compi le opere di prima» dice il Signore a Giovanni. Quest’invito alla conversione, rivolto a ciascuno di noi, è triplice: torna indietro; cambia modo di pensare (te stesso, gli altri e Dio); vai oltre il pensiero e fai esperienza di quel Regno già iniziato. «Ho però da rimproverarti di avere abbandonato il tuo primo amore», si sente dire l’autore dell’Apocalisse.. ammonizione che a me suona tanto: «non mi ami più come una volta.. ricordi quando ha iniziato a batterti il cuore per me? “Io sono” il primo amore, la fonte dell’amore». Chi di noi si ricorda quando ha iniziato a battergli il cuore per Dio? È lì che ogni tanto dobbiamo tornare, in quel luogo e in quel momento, anche solo con la memoria. Il primo amore non si scorda mai.. ma occorre che qualcuno ce lo ricordi.

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