Apocalisse 15,1-4 con il commento di Cristian Messina



Dal libro dell'Apocalisse di san Giovanni apostolo
Ap 15,1-4 

Testo del brano
Io, Giovanni, vidi nel cielo un altro segno, grande e meraviglioso: sette angeli che avevano sette flagelli; gli ultimi, poiché con essi è compiuta l’ira di Dio. Vidi pure come un mare di cristallo misto a fuoco; coloro che avevano vinto la bestia, la sua immagine e il numero del suo nome, stavano in piedi sul mare di cristallo. Hanno cetre divine e cantano il canto di Mosè, il servo di Dio, e il canto dell’Agnello: «Grandi e mirabili sono le tue opere, Signore Dio onnipotente; giuste e vere le tue vie, Re delle genti! O Signore, chi non temerà e non darà gloria al tuo nome? Poiché tu solo sei santo, e tutte le genti verranno e si prostreranno davanti a te, perché i tuoi giudizi furono manifestati».

 

 

Recita
Daniela Santorsola

Musica di sottofondo
Sir Cubworth. Ceremonial Prelude. Dirittti Creative Commons

Meditazione
Cristian Messina

Meditazione
«Sul finire della notte egli andò verso di loro, camminando sul mare..» (Mc 6,48). Il veggente coglie ancora «nel cielo un altro segno, grande e meraviglioso: sette angeli che avevano sette flagelli». Il sette indica la totalità ed è il numero chiave dell’intera Apocalisse: nato dall’osservazione dei fenomeni naturali (i giorni della durata della fase lunare; i cinque pianeti conosciuti nell’antichità con l’aggiunta di sole e luna; i colori dell’arcobaleno; i toni della scala musicale; e via dicendo..), ha riempito la Bibbia in lungo e in largo, nell’Antico Testamento come nel Nuovo, ed ha valenza tanto positiva quanto negativa: alle sette richieste contenute nel Padre Nostro – solo per fare un esempio – fanno da contraltare le teste del drago apocalittico; alle sette virtù (quattro cardinali e tre teologali) si oppongono i vizi capitali. E gli esempi potrebbero non terminare più.. In questo caso abbiamo sette angeli e altrettanti flagelli, strumenti associati alle verghe, simbolo legato alla vita, anche nel caso in cui – come il nostro – rappresenti uno strumento di punizione. Gesù stesso fu fatto flagellare da Pilato (Mt 27,26), così nei conventi medievali – per quanto possa sembrarci oggi assurdo e anacronistico – divenne strumento di automortificazione. Tornando all’Apocalisse, è in pratica di giudizio divino che si sta parlando. Giovanni vede «pure come un mare di cristallo misto a fuoco (e) coloro che avevano vinto la bestia.. (vi) stavano in piedi (sopra)», in segno di vittoria. Ma perché? Il mare è da sempre luogo ambiguo per l’essere umano, se la sua immensità “orizzontale” ci rimanda a Dio (funzione che in “verticale” è svolta dalla montagna), è pur vero che in esso si sprofonda, per cui la sua superficie ingannevole inquieta gli abitanti della terraferma. In questo caso, però, il mare è «di cristallo», dal greco krýstallos, “ghiaccio”, minerale famoso per via della sua trasparenza e limpidezza. Se nel primo giorno della creazione (Gn 1,2) «lo spirito di Dio aleggiava sulle acque», nel secondo Dio pone «un firmamento in mezzo alle acque per separare le acque dalle acque»: il firmamentum (in latino “appoggio, sostegno”) era pensato dagli antichi come una grandiosa volta sorretta da colonne situate all’estremità della terra, per cui il firmamento era un enorme soffitto bucherellato – ci si permetta la banalità, un gigantesco scolapasta! – capace di dividere le acque superiori, cioè il cielo, da quelle inferiori, ovvero il mare. Firmamento che, impedendo il mischiarsi delle due acque, impediva in tal modo il ritorno al caos primordiale. Interessante però il fatto che il termine ebraico utilizzato per le acque primordiali – tehom – significhi anche “inferi”. Non a caso san Gregorio Magno definì il mare “abisso della morte eterna”. E non è un caso neppure che la Chiesa si sia da subito simboleggiata come una nave, capace di salpare sul mare – o meglio sul male – della vita, e questo perché il suo “capitano” è Gesù, l’unico capace di trasformare il male in bene.. l’unico in grado di far diventare il mare «di cristallo». Coloro che hanno vinto la bestia cantano il canto di Mosè (Es 15,1-18).. ecco il paragone tra la liberazione di Israele dall’Egitto e la vittoria dei cristiani: da una Pasqua all’altra.. da un passaggio all’altro. Se il primo dice il movimento che va dalla schiavitù alla libertà, il secondo sancisce quello dalla morte alla vita. «Sul finire della notte egli andò verso di loro, camminando sul mare..». Il Risorto, scegliendo volontariamente di attraversare il “mare”, per noi, lo ha “ghiacciato”: possiamo camminarci sopra, non affonderemo più..

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