Apocalisse 18,1-2.21-23; 19,1-3.9a con il commento di Cristian Messina



Dal libro dell'Apocalisse di san Giovanni apostolo
Ap 18,1-2.21-23;19,1-3.9a 

Testo del brano
Io, Giovanni, vidi un altro angelo discendere dal cielo con grande potere, e la terra fu illuminata dal suo splendore. Gridò a gran voce: «È caduta, è caduta Babilonia la grande, ed è diventata covo di demòni, rifugio di ogni spirito impuro, rifugio di ogni uccello impuro e rifugio di ogni bestia impura e orrenda». Un angelo possente prese allora una pietra, grande come una macina, e la gettò nel mare esclamando: «Con questa violenza sarà distrutta Babilonia, la grande città, e nessuno più la troverà. Il suono dei musicisti, dei suonatori di cetra, di flauto e di tromba, non si udrà più in te; ogni artigiano di qualsiasi mestiere non si troverà più in te; il rumore della macina non si udrà più in te; la luce della lampada non brillerà più in te; la voce dello sposo e della sposa non si udrà più in te. Perché i tuoi mercanti erano i grandi della terra e tutte le nazioni dalle tue droghe furono sedotte». Dopo questo, udii come una voce potente di folla immensa nel cielo che diceva: «Alleluia! Salvezza, gloria e potenza sono del nostro Dio, perché veri e giusti sono i suoi giudizi. Egli ha condannato la grande prostituta che corrompeva la terra con la sua prostituzione, vendicando su di lei il sangue dei suoi servi!». E per la seconda volta dissero: «Alleluia! Il suo fumo sale nei secoli dei secoli!». Allora l’angelo mi disse: «Scrivi: Beati gli invitati al banchetto di nozze dell’Agnello!».

 

 

 

Recita
Daniela Santorsola

Musica di sottofondo
Sir Cubworth. Ceremonial Prelude. Dirittti Creative Commons

Meditazione
Cristian Messina

Meditazione
«Beati gli invitati al banchetto di nozze dell’Agnello!». Il cap. 18 dell’Apocalisse ha la struttura del coro di una tragedia greca, in cui l’attore non è mai noto, ma ig-noto, ragion per cui si metteva la maschera: agli spettatori interessava la voce, non l’aspetto. In questo caso abbiamo tre “attori” che recitano il lamento funebre sulla Roma imperiale, il brano di oggi vuole infatti scardinare la presunta convinzione circa la potenza umana della “città eterna”, che associa a Babilonia, anticamente una città della Mesopotamia, situata sul fiume Eufrate. Le sue rovine oggi coincidono con Al Hillah, in Iraq, un’ottantina di chilometri a sud di Baghdad. Se l’etimologia fa risalire il suo nome a “porta di Dio”, la Bibbia mette invece questo nome – arbitrariamente – in rapporto col verbo “confondere”, nel celebre episodio della torre di Babele appunto (cfr. Gn 11,9). Dopo vicende alterne, la città conobbe una nuova fioritura sotto il re Nabucodonosor II, che mise fine all’indipendenza nazionale ebrea attraverso le deportazioni: gli ebrei più valorosi e quelli delle classi dominanti furono messi nell’ormai famosa cattività, trovandosi poi a piangere «lungo i fiumi di Babilonia, là sedevamo e piangevamo ricordandoci di Sion – canta il salmo 137(136) – Ai salici di quella terra appendemmo le nostre cetre..». L’Apocalisse oggi ci dice però che «Il suono dei musicisti, (e) dei suonatori di cetra.. non si udrà più (a Babilonia)». I ruoli si sono invertiti.   Giovanni immagina che l’angelo scaraventi una grande pietra nel Mediterraneo, cosicché Roma precipiti nel mare che le sta di fronte. E le conseguenze della sua rovina non si faranno attendere: «Il suono dei musicisti.., non si udrà più..; ogni artigiano di qualsiasi mestiere non si troverà più..; il rumore della macina non si udrà più..; la luce della lampada non brillerà più..; la voce dello sposo e della sposa non si udrà più..». Insomma: la festa è finita! «..i tuoi mercanti – prosegue il testo –erano i grandi della terra e tutte le nazioni dalle tue droghe furono sedotte!», qui abbiamo una denuncia nei confronti dei potenti, che si lasciano sedurre dal potere, se non altro perché ne hanno il loro tornaconto.. Ancora una volta, «niente di nuovo sotto il sole». Poi ecco la “folla celeste”, che intona un doppio Alleluia: il primo per la condanna della prostituta, il secondo per via del suo fumo che sale in eterno, «nei secoli dei secoli», espressione che utilizziamo ancora noi oggi. Quali e quante sono oggi – dobbiamo allora chiederci – le Babilonia che ci insidiano? Nel 2001 il missionario comboniano Alex Zanotelli scriveva: «Anche noi oggi viviamo all’ombra di un grande Impero, il più grande Impero mai esistito al mondo, l’Impero del denaro, che permette al 20% dell’umanità di papparsi beatamente l’83% delle risorse. Un Impero pagato salatamente dall’80% della popolazione mondiale.. Questa è la nuova Bestia! Se il profeta dell’Apocalisse ha chiamato Roma la grande Bestia, cosa direbbe del nostro sistema!». Già, cosa direbbe? Lascia a noi il compito di pronunciarci.. L’angelo infine, impone a Giovanni di scrivere (nel libro della vita?) «Beati gli invitati al banchetto di nozze dell’Agnello!»: è del galà della storia che si sta parlando, della più grande festa nuziale di tutti i tempi, momento al quale siamo sia gli invitati sia i protagonisti! Se l’Agnello è Cristo-sposo, l’umanità-sposa siamo noi. «Beati gli invitati al banchetto di nozze dell’Agnello!»: è una beatitudine, cioè una felicità, che abbiamo l’onore di sperimentare ad ogni Eucarestia.. non sprechiamola. 

Scarica la nostra App su