S.Teresa e Gesù (Pagine di spiritualità)



S.Teresa e Gesù
“Se non avessi creato il paradiso, lo farei ora anche solo per te”. Questa è la clamorosa dichiarazione d'amore che Gesù fece a Teresa. Il Bernini ha pensato di inserirla, in un cartiglio tenuto dagli angeli nella cappella della Trasverberazione, il suo capolavoro marmoreo che fotografa mirabilmente l'estasi di Santa Teresa d'Avila. L'opera d'arte si trova a Roma nella Chiesa di Santa Maria della Vittoria.
Queste parole hanno dell'incredibile, eppure Teresa non le cita nei suoi scritti con motivo di vanto. Fanno parte dell' intimità reciproca. Cos'è per lei la preghiera? Un intimo intrattenimento con Colui dal quale sai di essere amata. E cosa si dicono due amanti se non parole di esagerazione pur di compiacere l'amato?
Va beh diremo noi, questo vale per gli uomini. Ma Gesù è Dio! Che ha a che fare con i paradossi d'amore Dio?
Infatti non potevano essere d'accordo gli antichi. Aristotele diceva che l'amicizia crea una comunanza di affetti quindi è inconcepibile che Dio condivida gli affetti umani. Dio è autarchia, cioè se ne sta lassù in cielo, nell'Olimpo e si disinteressa degli uomini. Platone esclude un Dio "corrotto" dall'amore umano, il quale non è mai stabile, Dio invece è stabilità assoluta. Per cui inventa il mito di Eros che non è esattamente un Dio, ma è a metà strada tra Dio e gli uomini essendo nato da un rapporto tra Dio e una donna umana. Insomma deve essere chiaro che Dio è Dio e gli uomini sono uomini.
In effetti Teresa d'Avila mette in crisi la religiosità universale. Se tenete conto che anche i nostri fratelli ebrei e musulmani non accettano immagini di Dio nei luoghi di culto, perché Dio è totalmente altro e nessuna immagine creaturale è degna di rappresentarlo, anzi chi lo fa rischia l'eresia e il peccato capitale contro il comandamento "non vi farete immagine alcuna di Dio" ebbene diciamo che Teresa allora è una vera e propria trasgressiva. Se andate a guardare l'estasi del Bernini vi renderete conto che li c'è qualcosa di più di una contemplazione. Qualcuno addirittura parla di orgasmo. E qui l'amante è esattamente Dio. Ma detta così rischiamo di semplificare troppo. Andiamo per ordine. Intanto ascoltiamo le sue parole...

"L’orazione mentale non è altro, per me, che un intimo trattarsi nell’amicizia, un frequente intrattenersi nella solitudine con Colui da cui sappiamo d’essere amati. Ma voi direte che ancora non lo amate.
Sì, perché l'amore sia vero e l'amicizia durevole, occorrono parità di condizioni, e invece sappiamo che mentre nostro Signore non può avere alcun difetto, noi siamo viziosi, sensuali ed ingrati, per cui non lo sappiamo amare quanto Egli si merita, perché non è della nostra condizione.
Tuttavia, considerando quanto vi sia vantaggioso averlo per amico e quanto Egli vi ami, sopportate pure la pena di stare a lungo con uno che sentite così diverso da voi.
Sì, o bontà infinita del mio Dio, vedo chi siete Voi e chi sono io; e nel vedervi da me così diverso, o delizia degli angeli, vorrei consumarmi tutta in amarvi! Oh, come sopportate chi vi permette di stargli vicino! Che buon amico dimostrate di essergli, Signore! Come lo favorite, e con quanta pazienza sopportate la sua condizione aspettando che si conformi alla vostra! Tenete in conto ogni istante ch'egli trascorre in amarvi, e per un attimo di pentimento dimenticate le offese che vi ha fatto.
Questo io so per esperienza, e non capisco, o mio Creatore, perché il mondo non corra tutto ai vostri piedi per intrecciare con Voi questa particolare amicizia. Se vi avvicinassero, diverrebbero buoni anche i cattivi, quelli cioè che non sono della vostra condizione, purché vi permettessero di star con loro un paio d'ore al giorno, nonostante che il loro spirito andasse agitato da mille sollecitudini e pensieri di mondo, come il mio. Dovranno farsi violenza per rimanere con Voi, ma sapendo Voi che in principio, e qualche volta anche in seguito, non possono fare che quel che fanno, costringete i demoni a non tentarli, li indebolite di giorno in giorno, e date a quelli la forza per sgominarli. No. O Vita di tutte le vite, Voi non uccidete nessuno di quelli che si affidano a Voi e vi prendono per amico. Anzi, con la vita dell'anima sostenete anche quella del corpo, apportandogli maggiore sanità.
Non capisco perché molti non osino applicarsi all'orazione mentale, né di che abbiano paura. E' il demonio che l'ispira. E non è a dire il male che mi fa, quando m'impedisce, con la paura, di pensare ai miei peccati, ai gravi obblighi che ho con Dio, al paradiso, all'inferno e ai gravi tormenti che il Signore ha sofferto per me.
Oh che buon amico dimostri di esserci, Signor mio! Come ci favorisci, e con quanta pazienza sopporti la nostra condizione aspettando che si conformi alla tua. Tieni conto di ogni momento in cui ti amiamo e in un attimo dimentichi le offese che ti abbiamo fatto.

Ecco fatto. Teresa è ben consapevole della distanza abissale tra Gesù e noi. Chi sei tu, o dolcissimo Iddio mio? Che sono io, vilissimo vermine e disutile servo tuo? queste parole sono di San Francesco d'Assisi. I santi più di ogni altro sanno che la distanza tra Dio e gli uomini è immensa. Ma paradossalmente sono proprio loro, i santi,  che vivono l'intimità più sublime e non perché siano meno peccatori, ma semplicemente perché sono più innamorati.
Quindi per Teresa non si può fare a meno di Gesù. Lei come San Paolo è convinta che Dio ci chiama alla comunione con Lui, e più esattamente con il Figlio suo. Come cita la lettera ai Corinzi: Fedele è Dio, dal quale siete stati chiamati alla comunione con il Figlio suo Gesù Cristo, Signore nostro!
Ecco svelato l'escamotage. Come può l'uomo, fragile e finito, entrare in comunione con Dio onnipotente e infinito? Attraverso Gesù. Infatti per rimediare alla sproporzione tra creatore e creatura, Dio si è fatto uomo. E' Lui ora che ci cerca, è Lui che vuole entrare in intimità con noi, è Lui che si lascia mangiare da noi, è Lui che ci trasforma a sua immagine. E ora non credete sia possibile quello che è accaduto a Teresa?

Certo che è stato possibile.
Teresa si sente guardata ed ha una visione altra di Dio. In questo lasciarsi guardare comprende finalmente che solo “Cristo svela pienamente l’uomo a se stesso” come cita oggi il Concilio Vaticano II. Tutta la sua esistenza, da quel momento in poi, ruota intorno a questa verità che rappresenta come un capovolgimento della concezione religiosa filosofica occidentale. Teresa ora non si concentra più su se stessa, come fa il Dio di Aristotele e Platone nella loro autarchia, Teresa si sgancia dal soggetto psichico, rigonfio di autoreferenzialità, per entrare unicamente nella relazione amicale con Gesù. E' il passaggio alla vita spirituale, alla vita nuova. “Conosciti in me”, sono le parole che Gesù le rivolge. E così Teresa fa!

Dopo due anni di continue preghiere mie e di altre persone affinché il Signore mi conducesse per altra strada e mi mostrasse la verità, continuando egli a parlarmi assai spesso, mi accadde questo: mentre un giorno ero in orazione, per la festa del glorioso san Pietro, vidi o, per meglio dire, sentii, vicino a me Gesù. Mi sembrava molto vicino e capivo – così almeno mi parve – che era proprio lui a parlarmi; ignorando in modo assoluto che si potessero avere simili visioni, in principio fui presa da grande spavento e non facevo che piangere, anche se poi una sola sua rassicurante parola bastava a lasciarmi tranquilla e lieta come al solito, senza alcun timore. Mi sembrava che Gesù Cristo mi camminasse sempre a fianco e, poiché non era una visione immaginaria, non vedevo in che forma, ma sentivo ben chiaramente che stava sempre al mio lato destro e che era testimone di tutto quanto facevo; e mai, se mi raccoglievo un poco o non fossi molto distratta, potevo ignorare che mi era vicino.
Andai subito, molto turbata, a dirlo al mio confessore. Mi chiese in che forma lo vedessi; io gli risposi che non lo vedevo. Mi chiese allora come potessi sapere che era Cristo. Gli dissi che non sapevo come, ma che mi era impossibile non accorgermi che mi era vicino, che lo vedevo e lo sentivo chiaramente. Non facevo che portare paragoni per farmi capire, ma certamente, per questo genere di visioni, a mio parere, non ce n’è alcuno che vada bene. Se dico, infatti, di non vederlo né con gli occhi del corpo né con quelli dell’anima, perché non è visione immaginaria, come posso capire e affermare che sta presso di me più chiaramente che se lo vedessi? Dire che è come se una persona sta al buio e non può vederne un’altra presso di sé, o che è cieca, non è esatto. Vi è qualche somiglianza, ma non molta, perché questa tale persona percepisce con i sensi e ode parlare e sente muovere l’altra, se la tocca. Qui non avviene nulla di tutto questo e neppure si è al buio, perché Dio si manifesta all’anima con una luce più chiara del sole; non dico che si vede il sole né alcun chiarore, ma una luce che, senza mostrarsi, illumina l’intelletto, affinché l’anima goda di un bene così grande e porta con sé molti altri vantaggi.
Non è come la presenza di Dio che si avverte molto spesso specialmente da chi attende all’orazione di unione o di quiete. Ma, qui si vede chiaramente che è presente Gesù Cristo, figlio della Vergine. Là sono evidenti soltanto alcuni effetti della divinità; qui, insieme con essi, si vede anche che ci accompagna la sacratissima umanità di Cristo.
Mi domandò, dunque, il confessore: «Chi le ha detto che era Gesù Cristo?». «Egli stesso me l’ha detto, molte volte», risposi io, ma prima che me lo dicesse, avevo ben capito che era lui, anzi, me l’aveva detto prima ancora, quando io non lo vedevo. Se una persona che non avessi mai visto, ma di cui solo avessi avuto notizia, venisse a parlarmi mentre sono cieca o al buio, e mi dicesse chi è, io potrei crederlo, ma non potrei affermare con certezza che si tratti di quella persona, come se l’avessi vista, mentre qui sì, perché il Signore, pur senza che lo si veda, ci si imprime nell’anima con una conoscenza così chiara che sembra impossibile dubitarne. Egli, infatti, vuole restare scolpito nell’intelletto in modo che se ne abbia la certezza, come e più che se si vedesse con gli occhi, perché in questo caso, a volte, ci rimane il sospetto di aver visto con la fantasia, mentre qua, anche se lì per lì possa sorgere tale sospetto, la certezza è così soverchiante che il dubbio non ha forza.
Qui Dio istruisce l’anima anche in altro modo e le parla senza parlare, come ho detto. È un linguaggio così celestiale, che quaggiù non si può spiegare, per molto che vogliamo dire, se il Signore non ce lo insegna mediante l’esperienza. Egli pone nella parte più intima dell’anima ciò che vuole che essa intenda, presentandoglielo senza immagini né forme di parole, ma nel modo della visione di cui ho detto.
È come uno che senza aver imparato e studiato, né mai essersi affaticato per imparare a leggere, si trovi fornito di ogni scienza, senza sapere in che modo né da chi gli sia venuta, per non aver mai fatto nulla, neppure per apprendere l’abbiccì.
Oh, mirabile benignità di Dio, che così vi lasciate guardare da occhi che hanno potuto finora guardare tanto male come quelli della mia anima! Questa vista, Signore, lasci in loro l’abitudine di non guardare più cose spregevoli, e di non essere contenti d’altro che di voi! Oh, ingratitudine dei mortali! Fino a che punto sarà capace di giungere? So per esperienza che è vero quanto dico e che quanto si può dire è la minima parte del bene che voi fate a un’anima, innalzandola a tali vette. O anime, che avete cominciato a praticare l’orazione e che avete una vera fede, quali beni potete cercare ancora in questa vita – lasciando da parte ciò che si acquista per l’eternità – che regga il confronto con il più piccolo di questi?
Siate certi che Dio dona se stesso a coloro che per lui abbandonano tutto. Non ha preferenza per questo o per quello, ama tutti indistintamente; nessuno, per cattivo che sia, può addurre scuse, dopo che egli ha avuto tanto amore per me da elevarmi a questo stato. Badate che ciò che dico non è che una minima parte di ciò che si può dire. Ho detto solo quanto è necessario per spiegare questa maniera di visione e questa grazia che Dio fa all’anima, ma non riesco a dire ciò che si sente quando il Signore le fa intendere i suoi segreti e le sue magnificenze. È una gioia tanto superiore a quelle che si possono provare quaggiù, che ben a ragione fa disprezzare tutti i piaceri della vita i quali, tutti insieme, non sono che immondizia. Dà disgusto prenderli qui come termine di confronto – anche se fosse dato di goderne eternamente – con quelli che il Signore concede, i quali non sono che una goccia del gran fiume ricco d’acqua che ha preparato per noi.
Ed è altrettanto grande la sua meraviglia nel vedere come una sola di queste grazie basti per rinnovare un anima, portandola a non amare se non Colui che, senza alcuna sua fatica, l'inonda di così grandi beni, le rivela i suoi segreti e la tratta con ineffabili testimonianze d'amore e d'amicizia.

Gesù, Gesù, Gesù. Solo Gesù basta. Il Dio di Teresa è Gesù. Non si arriva a Dio se non attraverso Gesù, attraverso la sua sacratissima umanità. Pensiamo oggi quanto l'umanità di Cristo si stia dissolvendo nel consumismo spirituale, nel supermercato delle spiritualità, in spiritualità non solo senza Cristo, ma spesso anche senza Dio. Direbbe Papa Francesco nella mondanità spirituale. E’ questa una tentazione gentile perchè si insinua dietro buone apparenze, addirittura dentro motivazioni religiose.
L’uomo di oggi si rivolge più alle tecniche di meditazione che alla relazione con Gesù. Perchè di fondo ciò che si desidera non è un rapporto di amicizia con Colui del quale sai di essere voluto bene, ma semplicemente qualcosa di spirituale che mi conceda un benessere fisico. Google, Apple, Amazon realizzano continuamente corsi di mindfulness, per i propri dipendenti, ma non certo per educare alla meditazione spirituale. Sono corsi che consentono di imparare le tecniche di consapevolezza per ridurre lo stress e gestire al meglio le relazioni con gli altri. Si chiama mindfulness che in principio arriva dalla meditazione buddista. Ma l’inventore del primo percorso della mindfulness un tale John Kabat Zinn biologo americano di origini ebraiche pensò bene di non chiamarli corsi di meditazione spirituale, bensì protocollo di riduzione dello stress basato sulla mindfulness. Perchè, rispose in una intervista del 1992 ,che le persone oggi hanno bisogno non della meditazione, ma di essere sollevati dall’ansia e dallo stress. Quindi una vera operazione di marketing.
Pensare che anche ai tempi di Teresa era in voga uno gnosticismo spirituale. Dotti teologi ritenevano che per arrivare a Dio bisognava lasciar perdere ogni cosa del mondo, distaccarsi con la mente da tutto, anche dall'umanità di Cristo. Perché Dio è inconoscibile alla ragione, ed è sempre oltre. Ecco oggi, sebbene in termini culturali molto differenti, però l’idea di Dio svanisce ugualmente nell’impersonalità. Oggi Dio non è oltre come nella teologia apofatica del 1500 ma è nel tutto, nell’energia eterea dell’universo e quindi stare bene significa avere consapevolezza di appartenere al flusso vitale e partecipare al flusso cosmico. Insomma alla fine: Gesù dov'è?

Alcuni libri raccomandano, inoltre, vivamente di allontanare da sé ogni immagine corporea per accedere alla contemplazione della divinità, perché dicono che è d’imbarazzo e d’impedimento a una più perfetta contemplazione anche l’umanità di Cristo. Chi scrive questi libri ritiene dunque che, trattandosi di opera esclusiva dello spirito, qualsiasi immagine corporea possa essere di disturbo o di impedimento, e che considerarsi concretamente circondati da ogni parte da Dio e in lui sommersi è quello a cui devono tendere i nostri sforzi. Questa mi sembra che possa essere una buona via da seguire, qualche volta, ma allontanarsi del tutto da Cristo e riguardare il suo corpo divino alla stregua delle nostre miserie o di ogni altra cosa creata, non lo so ammettere. Piaccia a Sua Maestà che io sappia farmi capire!
Io non voglio contraddirli, perché sono persone dotte e spirituali che sanno quello che dicono e sono molti i sentieri e le vie per i quali Dio conduce le anime. Voglio soltanto qui dire come ha condotto la mia – delle altre cose non voglio occuparmi – e il pericolo in cui mi sono vista per volermi conformare a ciò che leggevo. Sono certa che che se avessi persistito in tale convinzione, credo che non sarei mai giunta dove ora mi trovo, perché, a mio parere, essi s’ingannano. Può darsi che l’ingannata sia io, ma voglio dire quello che mi è accaduto.
Poiché non avevo un maestro e leggevo questi libri, con l’aiuto dei quali pensavo di riuscire a poco a poco a capire qualche cosa (e mi resi conto in seguito che se il Signore non me lo insegnava, ben poco avrei potuto imparare dai libri, non essendo riuscita a capire nulla né sapendo quel che facevo, fino a quando Sua Maestà non me lo fece intendere per esperienza), appena cominciai ad avere un po’ d’orazione soprannaturale, cioè di quiete, procurai di allontanarmi da ogni cosa corporea. Oh, Signore dell’anima mia e mio bene, Gesù Cristo crocifisso! Non c’è una sola volta in cui mi ricordi di questo pensiero senza provarne una gran pena: mi sembra, infatti, di aver commesso un gran tradimento, sia pure per ignoranza.
Tutta la vita ero stata piena di devozione per Cristo; pertanto, tornavo sempre alla mia abitudine di ricrearmi con questo mio Signore, specialmente dopo la comunione. Avrei voluto avere sempre davanti agli occhi il suo ritratto e la sua immagine, non potendo averlo scolpito nell’anima come desideravo. È mai possibile, mio Signore, che io abbia potuto pensare anche solo per un’ora che voi mi sareste stato d’impedimento per un bene maggiore? Da dove sono venuti a me tutti i beni se non da voi? Non voglio credere d’aver avuto in ciò colpa, perché me ne affliggerei molto: certo si trattava d’ignoranza e voi, nella vostra bontà, voleste apportarvi un rimedio mandandomi chi mi traesse d’inganno e poi facendo sì che io vi vedessi tante volte, come più innanzi dirò, perché intendessi meglio quanto fosse grande il mio errore, lo dicessi ad altre persone, come ho fatto, e lo scrivessi ora qui.

Quindi non si può prescindere da Gesù, dalla sua sacratissima umanità. Dai Sacramenti, dall'Eucarestia, dalla Chiesa visibile, dai segni che rimandano a Lui. Lei Teresa desiderava una statua da abbracciare prima di andarsi a coricare la sera. Un crocifisso da baciare, una corona da stringere. E dove non ci sono segni visibili allora deve essere la nostra immaginazione a portarci lì davanti a Gesù. pensarlo Pensarlo lì, vicino a te, oppure mentre leggi il Vangelo immaginare la scena, quello che sta accadendo, il suo sguardo, i suoi occhi, il suo modo di parlare. Avere sempre Gesù nella mente e nel cuore.

Questo era il mio metodo di orazione. Non potendo discorrere con l’intelletto, procuravo di ri-presentarmi Gesù Cristo nel mio interno, specialmente in quei tratti della sua vita in cui lo vedevo più solo, e mi pareva di trovarmi meglio. Mi sembrava che, essendo solo e afflitto, mi avrebbe accolta più facilmente, come persona bisognosa d’aiuto [...]. Mi trovavo molto bene con l’orazione dell’orto dove gli tenevo compagnia. Pensavo al sudore e all’afflizione che vi aveva sofferto, e desideravo asciugargli quel sudore così penoso. Ma ripensando ai miei gravi peccati, ricordo che non ne avevo il coraggio. Me ne stavo con lui fino a quando i miei pensieri lo permettevano, perché mi disturbavano assai.
Fermarmi alquanto sull’orazione dell’orto era l’esercizio che praticavo, da vari anni, quasi tutte le sere prima d’addormentarmi, quando mi raccomandavo a Dio, e ciò anche prima che divenissi monaca, perché mi avevano detto che si guadagnavano molte indulgenze. Sono convinta che con questo esercizio la mia anima si sia molto avvantaggiata, perché cominciavo a fare orazione senza neppur saper cosa fosse. Per l’abitudine che ne presi, vi rimasi così fedele, come a farmi il segno della croce prima di mettermi a letto (V 9,3-4).
Non vi chiedo già di concentrarvi tutte su di lui, formare molti concetti e applicare la mente a profonde e sublimi considerazioni. Vi chiedo solo che lo guardiate. E chi vi può impedire di volgere su di lui gli occhi della vostra anima, sia pure per un istante se non potete di più? Possibile che, potendo fermarvi fin sugli oggetti più ributtanti, non siate poi capaci di contemplare la bellezza più perfetta che si possa immaginare? Sappiate intanto, figlie mie, che questo vostro Sposo non vi perde mai di vista, né sono bastate, perché lasciasse di guardarvi, le mille brutture e abominazioni che gli avete fatto soffrire [...].
Ricordate ciò che dice alla Sposa: non aspetta che un vostro sguardo per subito mostrarvisi quale voi lo bramate. Tiene tanto a questo sguardo, che per averlo non lascia nulla d’intentato
Se siete nella gioia guardatelo risorto; solo nel­l’immaginare come uscì dal sepolcro egli vi rallegrerà. Che bellezza! Che splendore! Quanta maestà! Quanta gioia! Con quanta gloria abbandona il campo di battaglia su cui ha conquistato il regno senza fine che ora lo vuole per voi, donandovi insieme se stesso! Sarà dunque gran cosa che rivolgiate qualche volta i vostri sguardi sopra Colui che vi riserva tanti beni?
Se invece siete afflitti o fra i travagli, guardatelo mentre va al giardino degli Ulivi. Come doveva essere triste la sua anima se egli, che è la stessa potenza, giunse perfino a lamentarsi!... O guardatelo legato alla colonna, pieno di dolori, con le carni a brandelli e tutto per il molto che vi ama. Quanto patire! E ciò nonostante, eccolo perseguitato dagli uni e sputacchiato dagli altri, rinnegato, abbandonato dagli amici, senza che alcuno lo difenda, intirizzito da freddo e ridotto a tanta solitudine che ben potete avvicinarlo e consolarvi a vicenda. Oppure guardatelo caricato della croce, quando i carnefici non gli permettono nemmeno di respirare. Egli allora vi guarderà con quei suoi occhi tanto belli, compassionevoli e ripieni di lacrime; dimenticherà i suoi dolori per consolare i vostri, solo per il fatto che voi lo guardate.

Recita
Sara Urbinati, don Franco Mastrolonardo, Federica Lualdi

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