S.Teresa e l'amicizia (Pagine di spiritualità)



S.Teresa: L'amicizia
Ringrazio Dio che mi ha chiesto di amare gli uomini, ma non di diventare loro amici. Questa è la sintesi di un un sermone del pastore battista Martin Luther King, ucciso circa cinquant’anni fa a Memphis negli USA.  Ed ecco esattamente le sue parole: Dovremmo essere felici che Gesù non abbia detto: "Provate affetto per i vostri nemici": è quasi impossibile provare simpatia per certa gente. "Provare simpatia" è una parola sentimentale e affettiva: come possiamo provare affetto per una persona la cui intenzione manifesta è di annientare il nostro essere e di porre innumerevoli ostacoli sul nostro cammino? Come ci potrebbe piacere una persona che minaccia i nostri figli e lancia bombe sulla nostra casa? Questo è impossibile.  Ma Gesù riconosceva che l'amore è più grande che l'affetto. Quando Gesù ci comanda di amare i nostri nemici, egli non parla né di eros né di philia; parla di agape, buona volontà comprensiva, costruttiva e redentiva verso tutti gli uomini. Solo seguendo questa via e rispondendo con questo tipo di amore noi possiamo essere figli del Padre nostro che è nei cieli".
Ecco se l'amore è comandamento universale e deve essere la base per la sopravvivenza dell'umanità, l'amicizia no. L'amicizia non è richiesta a tutti gli uomini, non dobbiamo essere per forza amici di tutti. L'amicizia è qualcosa di particolare di intimo, di prettamente spirituale, di una manifestazione affettuosa di simpatia.
Questo è il presupposto antropologico per parlare dell'amicizia in Santa Teresa di Gesù. Se qualcuno ha in mente le categorie dell'amore sessuale o anche sponsale e dell'amicizia come via obbligata per una fusione dei corpi, ecco qui andrà certamente fuori strada. L'amicizia in Santa Teresa è solo nella logica delle virtù e diventerà nella relazione con Gesù l'apice del suo habitat spirituale…
Proviamo ad entraci meglio dentro, con le sue parole...

Quando avevo circa 14 anni c'era una amica di modi così frivoli, che mia madre – quasi presentisse il male che mi sarebbe venuto da lei – aveva cercato più volte di far sì che non ci venisse più per casa; ma le occasioni che quella aveva di entrarci erano così tante che non aveva potuto ottenerlo. Affezionatami dunque a costei, ne feci la mia compagna e confidente preferita, perché non solo mi assecondava nei divertimenti che erano di mio gusto, ma mi ci spingeva lei stessa, mettendomi anche a parte delle sue conversazioni e vanità. Fino al giorno che diventammo intime, il che avvenne sui quattordici anni e forse più (voglio dire quando la nostra amicizia si fece così stretta che ella cominciò a farmi le sue confidenze), credo di poter affermare che non mi ero mai distaccata da Dio con un peccato mortale, né avevo perso il timor di Dio, benché in me potesse di più il sentimento dell’onore: era anzi stato proprio quello a trattenermi dal perderlo del tutto.
Mio padre e mia sorella erano molto scontenti di questa relazione e me ne movevano spesso rimprovero: ma, non potendo mettere la ragazza alla porta, tutte le loro precauzioni non servivano a nulla, tanto più che la mia astuzia nel male era grande. Mi atterrisce talvolta il danno che può fare una cattiva pratica: se non ne avessi fatto esperienza io stessa, stenterei a crederlo. Specie in gioventù dev’essere ancora più dannosa. Vorrei che i genitori imparassero dal mio caso a star molto attenti su questo punto. Quelle conversazioni, infatti, mi trasformarono talmente che non rimase quasi più nulla delle mie virtù congenite, mentre quella tale e un’altra inclinata allo stesso genere di frivolezze m’imponevano nell’anima le loro miserie. Da ciò posso argomentare il gran profitto che si ricava, al contrario, dalle buone compagnie. E sono certa che se in quegli anni avessi trattato con persone virtuose, la mia virtù sarebbe rimasta intatta, perché trovando, a quell’età, chi mi insegnasse a temere Iddio, la mia anima avrebbe trovato la forza per non cadere.

Teresa fin da piccola è estremamente capace di relazioni. Abbiamo già visto che diventava  volentieri il perno di un tessuto di amicizie frai i compagni, ma solamente più tardi scoprirà che certe amicizie non erano per nulla sane.  Quanto ci è voluto per capire? A detta di Teresa più di 30 anni. Infatti quando giovanissima entra in Monastero, gioca ancora volentieri a fare l'amica con tutti specie con chi arriva al parlatorio. E' intelligente, affabile e non le mancano anche le aggraziate fattezze. Tutti la cercano e lei sta al gioco. Ma ad un certo momento Gesù le chiede un passaggio di maturità spirituale, nel suo cammino di amicizia...

"Cominciai dunque ad avere anch’io tali conversazioni e, vedendo che erano di uso comune, non credevo che avrebbero potuto arrecare alla mia anima il danno e la dissipazione che poi vidi essere il frutto di simili amicizie. Mi pareva che una cosa così comune, in tanti monasteri, come il ricever visite, non avrebbe fatto a me più male che alle altre, ch’io vedevo esser buone: e non consideravo che esse erano molto migliori di me, e che ciò che per me era un pericolo, per altre lo era assai meno, anche se un tantino credo lo fosse pur sempre, non fosse che per il tempo mal impiegato.
Mentre un giorno mi trovavo con una persona che avevo appena conosciuta, il Signore volle farmi intendere che quelle amicizie non mi convenivano, e mettermi in guardia e illuminarmi nella mia gran cecità. Mi apparve dinanzi Cristo, che con molta severità mi fece capire quanto ne fosse addolorato: lo vidi con gli occhi dell’anima, ma più chiaramente di quanto avrei potuto vederlo con quelli del corpo, e mi rimase così impresso che, trascorsi ormai ventisei anni, mi sembra ancora di vederlo. 
Rimasi molto turbata e spaventata, tanto da non voler più vedere la persona con cui mi trovavo in quel momento. Mi fu di molto danno il non sapere io allora che si potesse vedere anche senza gli occhi del corpo, errore in cui fui confermata dal demonio, che mi fece credere ch’era impossibile, che era solo parso così, che poteva essere opera del diavolo e altre cose del genere. Sotto sotto, a dire il vero, mi perdurava l’impressione che la cosa venisse da Dio e che non fosse un inganno; ma, poiché quest’eventualità mi era tutt’altro che gradita, provvedevo io stessa a confutarla, non osando parlarne con nessuno. Mi si tornò quindi a importunare assai, assicurandomi che non vi era nulla di male a ricevere una persona come quella, che non ne avrei scapitato nell’onore, ma che anzi ci avrei guadagnato; sicché tornai alla stessa conversazione e più tardi anche ad altre, impiegando parecchi anni in queste pestifere ricreazioni. Vi ero talmente ingolfata, che non ne vedevo tutto il male, anche se talvolta mi accorgevo chiaramente che non erano buone; ma nessuna amicizia mi causò tanta dissipazione come questa che ho detto, perché le ero molto attaccata.”

L'amore cristiano non è contatto effusionale tra corpi ma neppure ideale romantico, bensì una modalità di vita che mette al centro il bene degli uomini rovesciando e spezzando la logica dell'homo homini lupus, cioè dell'uomo che agisce per vendetta e per egoismo personale. L'amicizia è più specificatamente una forma dell'Amore, una sfera di comunione spirituale umana tra due persone dove i cuori si aprono l'uno all'altro comunicandosi i beni più preziosi. E' pertanto l'amicizia qualcosa di altamente spirituale. San Tommaso d'Aquino parlava dell'amicizia come la più delicata e sublime espressione dell'amore umano.
Così Teresa maturerà il concetto di amicizia. E alzando il tiro troverà un unico interlocutore in grado di correre su quei binari di amicizia così altamente virtuosi: Gesù.
Così scriverà dell'orazione: l'orazione altro non è che un frequente intrattenimento di AMICIZIA con Colui dal quale sai di essere amata.

Mi sembra che quando Dio concede ad un'anima di conoscere chiaramente ciò che è e quanto vale il mondo, che vi è un altro mondo ben diverso dal primo, uno eterno e l'altro passeggero come un sogno; quando le concede di conoscere cosa vuol dire amare il creatore o la creatura, e non per una semplice cognizione intellettuale oppure per fede, ma – ciò che è assai diverso – per propria personale esperienza; quando quest'anima vede e tocca con mano ciò che è il Creatore e ciò che è la creature, quello che si guadagna al servizio dell'uno e quello che si perde al servizio dell'altra, e tutte quelle molte altre verità che Dio insegna a chi gli si abbandona nell'orazione o a chiunque altro Egli vuole, quest'anima, dico, ama in un modo assai più perfetto che se non fosse giunta a questo stato.
Vi parrà, sorelle, che intrattenervi sopra questo argomento sia affatto superfluo, trattandosi di cose che voi tutte sapete. Piaccia a Dio che le sappiate come si deve e le teniate bene impresse nella mente! Se le sapete, dovete pure riconoscere che non mento quando affermo che un'anima illuminata da Dio in questo modo possiede il vero amore perfetto.

L'amicizia con Gesù è una grande grazia, è l'amore perfetto. Abbiamo detto che l' amare è richiesto a tutti, è il comandamento di Gesù: vi do un comandamento nuovo: amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato. Senza amore non c'è umanità. E' l'amore che ci fa uomini. E l'amore è per tutti gli uomini, cristiani e atei religiosi e laici. Ma l'amicizia è una amore perfetto dice Teresa. Non vi chiamo più servi, ma amici, dice Gesù ai suoi discepoli. Come amare gli uomini senza una amicizia con Colui dal quale sai di essere amato? L'amicizia per Teresa è il profumo dell'amore, è la parte affettiva che completamente ti riempie e ti feconda. Solo amare non basta. Occorre essere riempiti dall'amore personale di Dio. Il vuoto affettivo che ogni uomo sperimenta viene inondato dalla dolcezza di Gesù. Tutto questo sperimenta Teresa. E si rivolge alle sue figlie e alle sue sorelle spronandole ad entrare in relazione intima con Dio. Non basta fare servizi ed essere moralmente a posto. Occorre stare in compagnia di Gesù sempre. Da dove si comincia questa relazione? Dallo spostare il baricentro: dall'amare i nostri corpi, le nostre vanità e le nostre relazioni di compiacenza ad amare Dio. Se si ama Dio, cioè se si sta fattivamente con Lui, parlandogli, pregandolo, stringendolo in un abbraccio spirituale ecco che allora i nostri corpi non diventano più l'oggetto delle nostre brame ma diventano lo strumento di lode a Dio. E le amicizie umane diventano non più motivo di tornaconto affettivo o amore tossico ed esclusivo, ma diventano segno e strumento di un' amicizia più grande ed elevata. Ecco allora Teresa di Gesù ammaestra ed educa ad una amicizia pura e spirituale.

Quelle che Dio innalza a questo stato sono anime grandi, anime generose, per le quali non vi è affatto soddisfazione nell'amare cose così fragili, come sono questi nostri corpi. Se per l'avvenenza e le grazie di cui sono adorni, si compiacciono di guardarli, lungi dal fermarsi in essi, si sollevano subito al Creatore per lodarlo. Fermarsi in essi in modo da sentirne amore, o crederebbero di attaccarsi al niente e di abbracciare un'ombra: si vergognerebbero di se stesse, né più ardirebbero di dire a Dio che lo amano, senza provarne rossore.
Mi direte che queste persone non sanno amare, né ricambiare l'affetto che loro si porta.
Vi rispondo che non si curano di essere amate; e se talvolta per un primo moto naturale ne sentono piacere, ne riconoscono subito la vanità appena rientrano in se stesse, a meno che non si tratti di persone da cui sperano aiuto per la loro dottrina o per le loro preghiere. Ogni altra affezione è a loro di noia, perché vedono che invece di averne profitto possono risentirne svantaggio. Tuttavia non mancano di mostrarsi riconoscenti e di ricambiare chi le ama con raccomandarlo al Signore, lasciando a Lui la cura di ricompensarlo, giacché vedono che quell'amore procede tutto da Lui. Credendo di non aver nulla che sia degno di stima, par loro che se sono amate, sia perché così vuole il Signore: perciò ne lasciano a Lui ogni cura, pregandolo di ripagare in loro nome. Con questo si ritengono sciolte da ogni obbligo, come se la cosa non le riguardi.
Tutto considerato, penso alle volte che bramare di essere amati sia una grande cecità, a meno che, ripeto, non si tratti di persone che possono aiutarci a meglio acquistare i veri beni.
Infatti, quando si cerca di essere amati, è sempre per qualche interesse o per qualche soddisfazione personale. I perfetti, invece, tengono sotto i piedi tutti i beni e tutti i piaceri del mondo. Se desiderano soddisfazioni, non le trovano che in Dio e in trattenimenti che dicono ordine a Dio. Quindi, che vantaggio possono avere dall'affetto altrui?
Ricordandosi di questa verità, ridono di sé e della pena che sentivano in altri tempi, quando s'inquietavano per sapere se il loro amore era o non era ricambiato.
E' naturale bramare di essere ricambiati anche in un amore onesto. Ma appena avuto il ricambio, vediamo da noi stessi non essere altro che paglia, aria, atomo impercettibile che il vento si porta via. Che ci rimane, infatti, dopo che ci abbiano molto amati? Ben a ragione quelle persone poco o nulla si curano di essere o di non essere amate: se cercano l'affetto di chi può giovare alla loro anima, è solo perché riconoscono che, data la nostra miseria, senza aiuto si stancherebbero presto.
Vi sembrerà che queste anime non amino e non sappiano amare che Dio. Ma esse amano anche il prossimo, e di un amore più grande, più vero,
Ma voi direte: se non amano ciò che vedono, a che cosa si porta il loro amore?
Rispondo che anch'esse amano ciò che vedono e si affezionano a ciò che sentono, ma non vedono se non cose stabili. Nel loro amore, invece di arrestarsi al corpo, portano gli occhi sull'anima, e cercano se vi è in essa qualche cosa degna del loro affetto. Se non ne trovano, ma vi scoprono un qualche principio di virtù o una qualche buona disposizione che permetta loro di supporre che scavando in quella miniera abbiano a scoprirvi dell'oro, non contando per nulla le pene e le difficoltà che vi incontrano, fanno del loro meglio per il bene di quell'anima, perché volendo continuare ad amarla, sanno benissimo che non lo possono fare se ella non abbia in sé beni celesti e grande amore di Dio. Senza di ciò, ripeto, non la possono amare, e tanto meno con affetto duraturo, neppure se quella persona le obblighi a forza di sacrifici, muoia di amore per loro e riunisca in sé tutte le grazie possibili.
Conoscendo per esperienza quel che valgono i beni del mondo, in questo caso non giocheranno mai un dado falso, perché vedono che non sono fatte per vivere insieme né per continuare ad amarsi: finirà tutto con la morte, per andare chi da una parte e chi dall'altra, qualora quella persona non abbia osservata la legge di Dio e dimorato nella sua carità.
Le anime a cui Dio comunica la vera sapienza lungi dallo stimare più del dovere un amore che finisce con la vita, non lo stimano neppure per quel che vale. Potrà avere qualche prezzo per coloro che pongono la loro gioia nei diletti, negli onori, nelle ricchezze e nei beni del mondo, perché avendo amici doviziosi, ne sperano feste e piaceri; ma nessuno ne avrà di certo per le anime che queste cose disprezzano.
Se queste tali amano una persona, desiderano subito che ella ami il Signore e ne sia riamata, perché altrimenti, come esse sanno, il loro amore non potrà essere duraturo.
Quest'affetto costa loro assai caro, perché non vi è nulla che non siano pronte a intraprendere per il maggior bene delle anime che sentono di amare: per un loro minimo vantaggio sacrificherebbero mille volte la vita. – Oh, prezioso amore che imita tanto da vicino quello dello stesso Principe dell'amore, Gesù, nostro unico bene!

Recita
Sara Urbinati, don Franco Mastrolonardo, Federica Lualdi

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