S.Teresa: I padri confessori
Chi cerca più un Padre Spirituale oggi? O chi è consapevole di cosa sia un Padre spirituale? Padre Spidlik, salito in cielo alcuni anni fa, durante le sue illuminanti lezioni all'Istituto Orientale di Roma, ci raccontò un simpatico aneddoto di una donna che bussando alla sua casa chiese di un tal Gesuita. Alla risposta che era morto già da 5 anni lei riprese: che peccato, era il mio padre spirituale.
Ecco cosa non è un padre spirituale: uno che frequenti quasi mai, ma sopratutto un padre a a cui non hai mai consegnato la paternità. Si perchè un padre spirituale non si da da se, ma è il figlio che lo crea padre.
Sapete un giorno Santa Teresa d'Avila ricevette una lettera esternazione da parte di una consorella madre Anna di Gesù che si lamentava del poco rispetto del padre confessore nel chiamare la madre fondatrice «la mia figlia Teresa».
Ebbene quel Padre che si aggirava nel Monastero altri non era che il futuro san Giovanni della Croce, di 17 anni più giovane di Teresa di Gesù.
Così risponde per lettera Teresa alla sorella Anna di Gesù.
"Mi ha divertito, figlia mia, quanto senza ragione si lamenti, avendo lì il padre mio Giovanni della Croce, che è un uomo celestiale e divino. Le assicuro, figlia mia, che dopo la sua partenza non ho trovato in tutta la Castiglia nessuno come lui, nessuno che infervori tanto a incamminarsi verso il cielo. Non potrà immaginare quanto sia grande la solitudine che mi procura la sua mancanza. Si rendano conto di aver lì un gran tesoro in questo santo, e tutte le consorelle di quella casa trattino con lui, comunicandogli le cose della loro anima, e vedranno quale profitto ne trarranno, perché il Signore gli ha dato una grazia particolare a questo fine.
E' un uomo saggio e adatto al nostro stile di vita; credo, quindi, che nostro Signore lo abbia chiamato a questo compito. Non c’è frate che non dica bene di lui, avendo egli vissuto in una gran penitenza. Anche se è giovane, sembra che il Signore lo tenga con la sua mano, perché, pur avendo avuto qui varie occasioni di contrarietà negli affari (io stessa, che sono stata una di tali occasioni, mi sono irritata a volte con lui), non lo abbiamo mai colto in un’imperfezione. È pieno di coraggio, ma, essendo solo, ha bisogno di tutto quello che gli dà nostro Signore per prendersela così a cuore.
Qui ne hanno vivo rimpianto quelle ch’erano conformate alla sua dottrina. Rendiate grazie a Dio, il quale ha disposto che lo abbiate voi lì così vicino".
Giovanni della Croce fu uno degli ultimi padri confessori di Teresa di Gesù. Certamente il più vicino alla sua sensibilità. D'altronde, direte voi, tra santi ci si intende.
Ma la ricerca di un confessore e di un padre spirituale da parte di Teresa d'Avila non è stata cosa semplice e scontata. Anche perché lei stessa non era tipo semplice e scontato. Visioni, rapimenti, estasi erano per Teresa stessa un mistero. Quello però che più cercava da un padre spirituale era sapere se tutto quello che gli accadeva non venisse dal maligno o da ingegni della sua mente. In cuor suo sapeva che gli veniva da Dio, ma voleva conferme da chi garantiva l'oggettività della chiesa. E non era semplice il discernimento.
Pertanto a confessori dalle virtù spirituali non spiccate, preferiva dei confessori dotti. E così consigliava alle sue monache: Se non è dotato di grande spiritualità, preferite chi è dotto; se, invece, lo fosse, consultate l’uno e l’altra.
Gran danno spirituale mi arrecarono i confessori semidotti in quanto non riuscivo ad averli mai di così buona istruzione come era mio desiderio. Ho visto per esperienza che è meglio, se si tratta di uomini virtuosi e di santi costumi, che non ne abbiano nessuna, anziché poca, perché in tal caso né essi si fidano di sé, ricorrendo a chi abbia una buona preparazione culturale, né io mi fido di loro. Un vero dotto non mi ha mai ingannato. Nemmeno gli altri credo che mi volessero ingannare, salvo che non ne sapevano di più. Io, invece, pensando che sapessero, ritenevo di non dover far altro che prestare loro fede, tanto più che mi davano consigli di una certa larghezza, cioè che indulgevano a una maggiore libertà; d’altronde, se mi avessero stretto un po’ i freni, io, miserabile qual sono, ne avrei cercato altri. Ciò che era peccato veniale mi dicevano che non era alcun peccato; ciò che era peccato gravissimo e mortale mi dicevano che era peccato veniale. Questo mi arrecò tanto danno che non è superfluo parlarne qui, per prevenire altre persone di così gran male; di fronte a Dio capisco che non mi serve di giustificazione, giacché era sufficiente che le cose di per sé non fossero buone perché dovessi guardarmene. Credo che a causa dei miei peccati Dio permise che essi s’ingannassero e ingannassero me. Io ingannai molte altre dicendo loro le stesse cose che erano state dette a me. Trascorsi in questa cecità credo più di diciassette anni, finché un padre domenicano molto dotto mi aprì gli occhi su molte cose, e i padri della Compagnia di Gesù mi disingannarono del tutto, riempiendomi di spavento con il rimproverarmi così cattivi inizi, come dirò in seguito.
Dei Gesuiti ebbe grande stima e da loro imparò molto. Alternava confessori mediocri a padri che riuscivano a comprenderla e capirla. Non si contano i confessori della sua vita. Alcuni di loro le chiedono di scrivere ciò che le accade e a parte dei racconti cavallereschi scritti in età adolescenziale, tra l'altro andati persi, tutto il resto, tutte le sue opere, fra cui i grandi capolavori della spiritualità cristiana, le furono imposte dall’ordine dei suoi confessori e direttori di coscienza, oppure dalle necessità e opportunità della Riforma.”
Sempre restia a consegnare le sue intimità rimase molto preoccupata quando il libro della sua vita cadde in mano all’Inquisizione. Teresa ne restò sbigottita, ma Gesù le apparve dicendole: «Non ti rattristare, figliola. È una cosa da nulla». In seno all’Inquisizione il libro venne esaminato e “assolto” con una relazione molto positiva di padre Báñez,”
“poi lo stesso grande inquisitore cardinal Quiroga, arcivescovo di Toledo, rassicurò la santa dicendo che il libro conteneva una «dottrina molto sicura, veritiera e proficua». Teresa avrebbe voluto riavere il suo manoscritto ma le dissero che, essendo ormai il libro approvato, avrebbe potuto utilizzare le copie che ne erano già state fatte.”
Ed ecco Teresa di Gesù come introduce il suo libro della vita. Assolutamente nessunar ombra di vanagloria, anzi quasi, a vergogna, lo sconsiglia.
“Vorrei che, come mi fu ordinato di descrivere il mio modo d’orazione e le mercedi che il Signore mi ha fatto, dandomi la più ampia libertà nel riferirli, così mi fosse anche permesso di specificare punto per punto e con tutta chiarezza i miei gravi peccati e la mia vita cattiva. Sarebbe questa, per me, una grande consolazione, ma non mi è stata concessa: anzi, su questo punto mi hanno legato le mani. Chiedo perciò, per l’amor di Dio, a chi leggerà questa storia della mia vita, di tener ben presente che essa è stata così cattiva che non ho trovato un solo santo, tra quelli che si convertirono a Dio, col quale potermi consolare. Noto infatti che essi, dopo che il Signore li chiamava, non tornavano più a offenderlo; mentre io, al contrario, non solo tornavo a essere peggiore di prima, ma pareva quasi che mettessi ogni studio nel resistere alle grazie che Sua Maestà mi faceva, poiché quelle mi avrebbero obbligata a servirlo di più, mentr’io sapevo che, per quant’era in me, non potevo pagare il più piccolo dei miei debiti verso di lui1. Sia per sempre benedetto, ché tanto mi ha voluta aspettare!"
Un' anima inquieta, in cerca di confessori santi e sopratutto dotti, che indagassero quel mondo sconosciuto e stupendo che era la sua anima.
Oggi dove si cercano i padri spirituali? Difficile da trovarsi nelle chiese. Li trovi su YouTube, sui Podcast! È però un mondo a rischio perché non hai mai la certezza della solidità del pensiero cristiano. Certamente alcuni sono preti conosciuti e diciamo consolidati nella loro ortodossia, ma esistono anche tanti maestri spirituali senza il Dio di Gesù Cristo e a volte anche spirituali senza neppure Dio. E sono i più accattivanti. Perché proclamano un esito di benessere. Cioè ti vendono il pacchetto della serenità.
Non è questo che cerca Teresa di Gesù. Non gli interessa il benessere psicologico, invece gli interessa fare la volontà di Dio. Pensate a tutta l'attività edile che l'ha contraddistinta come fondatrice. Pensate non se ne stesse più tranquilla senza costruire e far debiti a destra e manca?
Oppure credete fosse così vanitosa e corrosa dalla malattia del mattone per pensare di fondare 17 monasteri in tutta la Spagna? No aveva bisogno anche di padri spirituali che condividessero quei sogni di Dio, perchè da Dio venivano e Dio faceva di lei un umile strumento
Per la erezione del convento di san Giuseppe trovò allora un padre domenicano certamente più illuminato del suo confessore.
Spesso nemmeno le stesse persone d’orazione che mi frequentavano, mi davano fiducia. Alcune addirittura dicevano che bisognava mettermi in prigione, mentre erano ben poche quelle che mi difendevano un tantino. Io mi rendevo perfettamente conto che in molte cose avevano ragione, e talvolta cercavo di giustificarmi: ma poi, in genere, non potendo rivelare la cosa essenziale, cioè ch’era stato il Signore a comandarmelo, non sapevo che fare e così preferivo stare zitta. Nemmeno il mio confessore riusciva a credermi. Ma io, pensando di aver fatto tutto il possibile, mi ritenevo sciolta dall’obbligo di dover fare ciò che il Signore mi aveva ordinato, e perciò me ne restavo nel mio monastero, dove vivevo assai contenta e secondo i miei desideri. Non che fosse in mio potere credere che la cosa non si sarebbe più fatta, ché anzi ne ero certissima: solo che non avevo più mezzi per attuarla e non sapevo né come né quando li avrei trovati[…]
Fu allora che mi presero, più forti che mai, quegli impeti di amor di Dio, e più alti rapimenti: grazie e vantaggi di cui però non parlavo con nessuno. Quel santo padre domenicano continuava a tener per certo, non meno di me, che la cosa si sarebbe fatta, e siccome io, per non disobbedire al mio confessore, non volevo più occuparmene, se ne interessava lui insieme con la mia amica, e scrivevano a Roma e disponevano i mezzi necessari. Il demonio, allora, cominciò a far correre la voce ch’io avevo avuto qualche rivelazione celeste a proposito di questa faccenda, sicché molte persone vennero a dirmi, allarmatissime, ch’erano tempi pericolosi e che qualcuno avrebbe potuto denunciarmi all’Inquisizione.
Parlai di tutto questo con quel padre domenicano che, come ho detto, era così profondo teologo che avrei potuto fidarmi in pieno dei suoi consigli. Gli esposi le mie visioni, il mio modo d’orazione e i grandi favori che Dio mi faceva tutto con la maggior chiarezza possibile, e lo supplicai di esaminar bene ogni cosa e di sapermi dire la sua opinione in proposito, se mai ci fosse qualcosa contro la Sacra Scrittura. Egli mi rassicurò pienamente e a mio parere ne trasse profitto anche lui, perché, pur essendo già un’anima assai virtuosa, da allora in poi si dedicò molto più intensamente all’orazione e si ritirò in un isolato monastero del suo Ordine, dove, per meglio praticarla, si trattenne per più di due anni, finché non ne fu richiamato dall’obbedienza, con suo gran rincrescimento, per il bisogno che si aveva di un religioso del suo valore. Difatti egli tornò così migliorato e progredito nelle vie dello spirito, perché se prima mi rassicurava e mi consolava per mezzo della sua sola dottrina, ora lo faceva anche con la sua nuova e grande esperienza di cose soprannaturali. Il Signore, poi, ce lo fece venire giusto nel tempo in cui vide che ci era più necessario per aiutarci in quest’opera, che Dio stesso ha voluta, della fondazione del convento di san Giuseppe.”
Che dire? Beati i preti che hanno avuto la fortuna di ascoltarla e condividere. Lei poi Teresa, dicono, fosse di una rara bellezza. Dai lineamenti del volto, al linguaggio forbito e accattivante. Un' anima pura, bella solare. ed ecco cosa potrebbe accadere ad un prete nell'incontro con Teresa. Tanto che dopo questo incontro lo stesso Gesù ebbe a dirle queste parole: «Non voglio più che conversi con gli uomini, ma soltanto con gli angeli» [...].
Quelle parole si avverarono esattamente, perché da allora in poi non ho più potuto avere consolazione, amicizia ed amore speciale se non con persone che vedevo amare e servire Dio, sino a non poter farne altrimenti, neppure se parenti o amici.
C’era un ecclesiastico che risiedeva in quel luogo dove andai a curarmi, di ottima condizione sociale e di grande intelligenza; era anche colto, se pur non eccedeva in cultura. Quando dunque cominciai a confessarmi dal suddetto ecclesiastico, egli mi si affezionò molto, perché allora, a partire da quando mi ero fatta suora, io avevo poco da confessare in confronto alle colpe che ebbi in seguito. La sua non era un’affezione sconveniente, ma per il fatto d’essere eccessiva, finiva con il non essere buona. Sapeva bene che non mi sarei indotta per nessun motivo a far nulla di grave contro Dio, e anch’egli mi assicurava lo stesso di sé e così discorrevamo parecchio. Ma allora, immersa in Dio come ero, ciò che mi faceva più piacere era parlare di cose a lui attinenti; e, poiché ero tanto giovane, il costatarlo riempiva di confusione il mio interlocutore il quale, per il grande affetto che lo legava a me, cominciò a rivelarmi la rovina della sua anima. E non era poca cosa, perché da quasi sette anni si trovava in una situazione assai pericolosa, avendo una relazione con una donna di quello stesso luogo; e ciò nonostante continuava a celebrare la Messa. Il fatto era ormai così noto che egli aveva perduto l’onore e la fama, ma nessuno osava redarguirlo. Io ne ebbi molta compassione, perché lo amavo molto, essendo allora questa la mia grande leggerezza e cecità, di ritenere virtù il serbarmi grata e fedele a chi mi amava. Sia maledetta tale fedeltà che si estende fino a far violare quella verso Dio! È una pazzia diffusa nel mondo che rese pazza anche me: dobbiamo a Dio tutto il bene che ci viene fatto e stimiamo virtù non rompere un’amicizia, anche se si tratta di andare contro di lui. Oh, cecità del mondo! Fosse a voi piaciuto, Signore, che io mi dimostrassi molto ingrata verso tutti, e non lo fossi stata minimamente contro di voi! Ma, per i miei peccati, è avvenuto proprio il contrario. Cercai di sapere di più, informandomi meglio presso i suoi familiari; conobbi più a fondo la gravità del suo danno morale, ma vidi che il pover’uomo non aveva tanta colpa, perché quella donna sciagurata gli aveva fatto alcuni sortilegi mediante un piccolo idolo di rame, che gli aveva raccomandato di portare al collo per amor suo, e nessuno era riuscito a farglielo togliere. A dire il vero, io non credo a queste storie dei sortilegi, ma dico quello che ho visto per avvisare gli uomini di guardarsi dalle donne che cercano di adescarli in tal modo, e di esser convinti che, avendo esse perduto ogni pudore di fronte a Dio (mentre più degli uomini sono tenute a rispettarlo), non possono meritare la minima fiducia. Infatti non badano a nulla pur di conseguire il loro intento e assecondare quella passione che il demonio pone nel loro cuore. Benché io sia stata tanto miserabile, non sono mai caduta in alcuna colpa di tal genere né ho mai avuto l’intenzione di far del male né, anche se l’avessi potuto, avrei voluto forzare la volontà di qualcuno ad amarmi, perché da questo mi preservò il Signore; ma se mi avesse abbandonato avrei commesso anche riguardo a ciò il male che commettevo riguardo al resto, perché di me non c’è assolutamente da fidarsi. 6. Non appena seppi questo, dunque, cominciai a dimostrargli più amore. La mia intenzione era buona, ma non il mezzo di cui mi servivo; nell’intento di fare il bene, infatti, per quanto grande fosse, non dovevo lasciarmi andare neanche al minimo male. Di solito gli parlavo di Dio; questo doveva giovargli, ma credo che più utile allo scopo fu il fatto che egli mi amasse molto. Per farmi piacere, invero, si decise a darmi l’idoletto, che io feci gettare subito nel fiume. Appena se ne fu liberato, cominciò – come chi si svegli da un lungo sonno – a ricordarsi a poco a poco di tutto quello che aveva fatto in quegli anni e, spaventato di se stesso, dolendosi della sua perdizione, finì con il detestarla. Nostra Signora dovette aiutarlo molto, perché era molto devoto della sua concezione, la cui ricorrenza era da lui celebrata solennemente. Infine, cessò del tutto di vedere quella donna, e non si stancava di render grazie a Dio per averlo illuminato. Morì allo scadere esatto di un anno dal giorno in cui l’avevo conosciuto. Si era adoperato già molto nel servire Dio, perché nel suo affetto per me non scorsi mai nulla di male, quantunque potesse essere forse più puro, ma ebbe anche tali occasioni che, se non avesse tenuto ben presente Dio, l’avrebbe offeso molto gravemente. Come ho già detto, quello ch’io capivo essere peccato mortale, non l’avrei fatto davvero, e ritengo che la constatazione di questa mia fermezza abbia contribuito al suo amore per me. Credo, infatti, che tutti gli uomini preferiscano le donne che vedono inclini alla virtù, e anche per quel che riguarda l’affezione terrena, credo che le donne ottengano da essi di più con questo mezzo, come dirò in seguito. Sono sicura che egli si sia salvato. Morì serenamente e del tutto fuori di quella situazione; sembra che il Signore l’abbia voluto salvare con questo mezzo.
Recita
Sara Urbinati, don Franco Mastrolonardo, Federica Lualdi
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