Colossesi: Introduzione



Introduzione alla lettera di San Paolo apostolo ai Colossesi

Testo del brano
Quella di Colosse (o Colossi), antica città nell’attuale Turchia ormai ridotta ad un cumulo di pietre, è stata una comunità fondata non da Paolo – che non vi è fisicamente mai stato – , ma da un suo discepolo di quella stessa città, Epafra (tra l’altro concittadino di Filemone), che lo ha fatto probabilmente mentre l’Apostolo stava evangelizzando Èfeso, a 200 km di distanza. Facente parte delle cosiddette lettere «della prigionia», in realtà non è così chiaro chi sia l’autore. Perché questo dubbio? Proviamo a fare un po’ di chiarezza.. Ancora una volta dobbiamo distinguere il concetto di ispirazione da quello di canonicità: già nell’Antico Testamento si attribuivano erroneamente a Mosè l’intero Pentateuco o a Salomone i libri del Qoèlet, della Sapienza e del Cantico dei Cantici, solo per citare gli esempi più conosciuti. È in ballo nuovamente il fenomeno della pseudonimia: per dare lustro e attenzione ad uno scritto lo si attribuisce ad un personaggio celebre. Chi sostiene che l’autore sia Paolo sottolinea le tematiche che la lettera presenta: la salvezza operata unicamente da Cristo, la classica triade fede-speranza-carità, ecc.. Chi, al contrario, la attribuisce a qualcun altro, ne evidenzia l’analisi letteraria; gli specialisti affermano cioè che un testo risente in modo evidente dello stile e del modo di esprimersi di chi lo ha “scritto”. Ricorrendo a questo tipo di analisi notiamo che nella lettera sono presenti ben 34 parole che non compaiono in nessun altro scritto del Nuovo Testamento. Non solo, 28 parole sono presenti solo in Colossesi e mai negli scritti ritenuti certamente “di Paolo”, ovvero la lettera ai Romani, le due ai Corinzi, quella ai Galati e ai Filippesi. Infine nel nostro testo – in cui l’autore non ha un rapporto personale con gli interlocutori, diversamente da Paolo – non compare il cavallo di battaglia dell’Apostolo: il termine “giustificazione”. Tirando le somme, se anche Colossesi non fosse di mano paolina, certamente fa parte della sua scuola. Ma qual è il cuore della missiva? Per rispondere dobbiamo fare un passo indietro, forse due.. Sebbene tale comunità fosse composta per lo più da pagani, nelle zone limitrofe di comunità ce n’erano diverse, ma giudaiche, e molti Giudei avevano abbracciato la fede in Gesù. Alcuni tra questi, però, tentavano di insinuare idee non in linea col vangelo, su tutte l’esistenza di potenze cosmiche concorrenti con Cristo. Probabilmente ognuno di noi si è prima o poi imbattuto nel bellissimo inno cristologico del capitolo 1, che dice: «..in lui (Gesù) furono create tutte le cose nei cieli e sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potenze..». Chi non ha dubbi sull’identità di queste ultime quattro parole, alzi la mano! Di cosa si tratta? «Questi esseri celesti – commenta una nota della Bibbia TOB – , potenze angeliche o astrali, erano ritenuti partecipi del governo dell’universo fisico e del mondo religioso precristiano, e ritenuti specialmente custodi della legge mosaica e del suo sistema». Il nostro scritto non li identifica chiaramente, fatto sta che la tradizione cristiana li classificherà come parte della gerarchia angelica. Ma ciò che più conta è che della lettera ai Colossesi tale gerarchia costituisce il nucleo, o meglio la scintilla che ad essa ha fatto reagire Paolo o chi per lui. L’eresia di questa comunità consiste insomma in una forma di sincretismo che univa elementi cristiani ad altri pagani o giudaici. Il capitolo 2 ci dice chiaramente dove stia il problema: «nessuno che si compiace vanamente del culto degli angeli e corre dietro alle proprie immaginazioni, gonfio di orgoglio nella sua mente carnale, vi impedisca di conseguire il premio». Detto altrimenti: per i Colossesi Cristo non era superiore agli angeli, ma sullo stesso piano! Gesù era per loro un mediatore (tra cielo e terra) fra i tanti. Ecco il punto. Ancora oggi, ad esempio tra i Testimoni di Geova, Cristo è identificato semplicemente con l’arcangelo Gabriele, il quale si sarebbe incarnato per apparire all’umanità. Il cuore della lettera è dunque attualissimo: Gesù non è “qualcuno” da consultare assieme all’Oroscopo.. Cristo non è neppure un “santo” fra i tanti a cui rivolgersi.. E la lista potrebbe andare avanti. Il celebre inno – probabilmente il testo di un canto della Chiesa delle origini, poi ritoccato – mira dunque a contrapporsi a tale eresia: affermando che «(Cristo) è immagine del Dio invisibile» sottolinea come il Primo sia la presenza perfetta del Secondo. Il termine greco eikón, “immagine”, in ambito biblico però non indica solo ciò che ha le sembianze della realtà, ma la realtà stessa. È su questa logica che si basa la teologia dell’icona, capace di rappresentare il divino. Gesù è dunque, per dirla in modo un po’ grezzo ma efficace, la “faccia” di quel Padre che noi possiamo solo immaginare. Lo stesso inno specifica poi che Gesù è «generato prima di ogni creatura», in pratica quanto affermiamo ogni domenica nel Credo, dicendo che è «generato, non creato», a differenza nostra. E al Padre piace «che per mezzo di lui e in vista di lui siano riconciliate tutte le cose..», là dove il verbo originale greco (apokatallásso), che noi traduciamo con “riconciliare”, è quello utilizzato per il ricongiungimento degli sposi separati! Gesù è in pratica venuto per far sì che cielo e terra possano riabbracciarsi e far pace, dopo quanto accaduto in Eden. Di più: il documento relativo al “debito” contratto nel mitico giardino Egli «lo ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce». Le pagine più sporche del nostro curriculum sono state strappate e inchiodate sul legno del Golgota: l’immagine è potentissima. Per questo ogni cristiano viene chiamato nella lettera “santo”; per questo siamo invitati a cercare «le cose di lassù»; per questo ci siamo «svestiti dell’uomo vecchio.. (e rivestiti del) nuovo.. ad immagine di Colui che.. (ci) ha creat(i)»; per questo siamo chiamati a ringraziare continuamente Dio, potendo perfino celebrare il nostro “grazie”. Nell’Eucaristia, appunto..   

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
Gabriele Fabbri

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