1Tessalonicesi 2,1-8 con il commento di Andrea Coralli



Dalla prima lettera di San Paolo apostolo ai Tessalonicesi
1Ts 2,1-8 

Testo del brano
Voi stessi, fratelli, sapete bene che la nostra venuta in mezzo a voi non è stata inutile. Ma, dopo avere sofferto e subìto oltraggi a Filippi, come sapete, abbiamo trovato nel nostro Dio il coraggio di annunciarvi il Vangelo di Dio in mezzo a molte lotte. E il nostro invito alla fede non nasce da menzogna, né da disoneste intenzioni e neppure da inganno; ma, come Dio ci ha trovato degni di affidarci il Vangelo così noi lo annunciamo, non cercando di piacere agli uomini, ma a Dio, che prova i nostri cuori. Mai infatti abbiamo usato parole di adulazione, come sapete, né abbiamo avuto intenzioni di cupidigia: Dio ne è testimone. E neppure abbiamo cercato la gloria umana, né da voi né da altri, pur potendo far valere la nostra autorità di apostoli di Cristo. Invece siamo stati amorevoli in mezzo a voi, come una madre che ha cura dei propri figli. Così, affezionati a voi, avremmo desiderato trasmettervi non solo il vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita, perché ci siete diventati cari.

 

 

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
A.Fulero. Surrender.YouTubeStudios. Diritti creative Commons

Meditazione
Andrea Coralli

Meditazione
Rimango colpito dal fatto che san Paolo sembra voler dimostrare ai Tessalonicesi che le sue intenzioni sono pure, sembra voler evidenziare che ciò che ha trasmesso, il vangelo di Cristo, è libero da qualsiasi forma di interesse personale. E’ davvero sorprendente vedere che la debolezza dell’umanità, il bisogno profondo di sentirsi acclamati, di sentirsi qualcuno (l’Apostolo la definisce come una ricerca della gloria degli uomini) è la stessa lungo tutti i secoli. Tutti combattiamo contro questa tendenza, perfino san Paolo, quella cioè di farsi definire dal giudizio degli altri: se gli altri mi ammirano, allora valgo, allora esisto; se così non è, allora vengo avvolto da un senso di profonda incertezza circa il senso della mia vita. Per questo obiettivo: essere visto, essere valido, faremmo di tutto, deviando dalla verità delle cose per far convergere tutto verso il mio io che grida il bisogno profondo di esistere. Piegare le circostanze verso i nostri stomaci perennemente affamati: una vera razzia dove il sentimento che regna è il bisogno di prendere e non sicuramente la cura che una madre riserva ai propri figli, di cui parla, invece, Paolo alla fine del brano. Ogni madre è attenta solo a dare tutto il bene possibile al proprio figlio, concentrata a crescerlo perché diventi pronto ad affrontare in autonomia la vita, non ha bisogno di essere definita dall’ammirazione del figlio. Trovo molto chiaro questo passaggio dell’Apostolo: il contrario della schiavitù dal giudizio altrui è l’amore materno. Trovo ancora più bello ma molto alto capire che il buon Dio lo reputa degno di annunciare il vangelo, perché pieno di questi sentimenti di cura. Sembra proprio che il vangelo debba essere annunciato in questo modo, con cura, con amore materno. L’amore materno non è necessariamente dolce o piacevole; anzi, quasi sempre incita a combattere, a resistere, a non mollare la posizione presa, invita ad attraversare il buio, invita alla pazienza; non ti molla mai e spesso è insistente. Così viene annunciato il vangelo di Cristo da Paolo, Silvano e Timoteo.. in modo amorevole. Ma se i Tessalonicesi sono perfetti sconosciuti, perché annunciare il vangelo con amore di madre? Cosa muove negli apostoli sentimenti così intimi, così puri per dei perfetti sconosciuti? Quel qualcosa che hanno visto, sentito, provato evidentemente li spinge, li guida con coraggio verso le pance affamate di senso che tutti gli uomini hanno.. ieri, oggi, sempre.

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