Gàlati 3,7-14 con il commento di Patrizia Sensoli



Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Gàlati
Gal 3,7-14

Testo del brano
Fratelli, riconoscete che figli di Abramo sono quelli che vengono dalla fede. E la Scrittura, prevedendo che Dio avrebbe giustificato i pagani per la fede, preannunciò ad Abramo: In te saranno benedette tutte le nazioni. Di conseguenza, quelli che vengono dalla fede sono benedetti insieme ad Abramo, che credette. Quelli invece che si richiamano alle opere della Legge stanno sotto la maledizione, poiché sta scritto: Maledetto chiunque non rimane fedele a tutte le cose scritte nel libro della Legge per metterle in pratica. E che nessuno sia giustificato davanti a Dio per la Legge risulta dal fatto che il giusto per fede vivrà. Ma la Legge non si basa sulla fede; al contrario dice: Chi metterà in pratica queste cose, vivrà grazie ad esse. Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della Legge, diventando lui stesso maledizione per noi, poiché sta scritto: Maledetto chi è appeso al legno, perché in Cristo Gesù la benedizione di Abramo passasse ai pagani e noi, mediante la fede, ricevessimo la promessa dello Spirito.

 

 

 

 

 

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
Emmit Fenn. Allégro. Diritti Creative Commons

Meditazione
Patrizia Sensoli

Meditazione
In te saranno benedette tutte le nazioni: è la promessa di Dio ad Abramo. Tutto è cominciato da questa promessa che ha attraversato la storia di Israele e nella quale Abramo ha creduto, diventando così vero padre nella fede per molti, per tutti coloro che dopo di lui si sono lasciati conquistare dalla promessa di Dio e hanno fatto esperienza della sua benedizione.
Così Paolo spiega la condizione di coloro che credono, che “vengono dalla fede”, una espressione che il nostro apostolo utilizza due volte, e che mi colpisce perché mi richiama ad un’origine e mi suggerisce l’immagine di una sorgente inesauribile da cui scaturisce un’ acqua vivificante, la fede come fonte d’acqua che ri-genera nel senso letterale del termine, non ad indicare un benessere generico ma una nuova nascita nello Spirito. 
Il nostro apostolo vuole ricondurre i Gàlati a riscoprire la fede come fonte originaria di vita piena e feconda di bene, unica via di salvezza perché espressione della relazione con e in Dio, lo fa mettendo in luce un presente dove invece la pratica delle opere della Legge porta gli uomini ad una condizione di maledetti, di separati da Dio. 
Le parole maledizione/maledetto ritornano ben cinque volte in questi pochi versetti, a sottolineare il contrasto forte, duro, impietoso tra le opere della Legge e la fede, come dire la salvezza mi viene da quello che io faccio per Dio o da quello che Dio ha fatto e fa continuamente per me?
Quando la salvezza si fa dipendere dall’osservanza scrupolosa di regole morali l’uomo diventa prigioniero di se stesso e della propria ossessiva ricerca di una perfezione che non potrà mai raggiungere con la sua sola volontà, allora ogni errore diventa un macigno da portare, si trasforma in un giudizio implacabile verso se stessi, e verso gli altri. In questa condizione l’uomo vive uno stato di morte spirituale, di allontanamento da Dio e di isolamento dagli altri perché incapace di maturare uno sguardo di carità fraterna, non è forse questa la maledizione di cui ci parla Paolo? Basta così poco per sbagliare, ogni giorno, nel mio quotidiano me ne accorgo ma se non fossi certa della misericordia di Dio, del dono della sua grazia che non viene mai a mancare, come potrei ogni volta rialzarmi dalle mie inevitabili cadute?
Paolo ci guida verso quell’orizzonte di bene immenso e gratuito che sta dentro la promessa di Dio ad Abramo e che si è realizzato quando Gesù si è fatto “maledizione per noi”, quando  sulla croce ha preso su di sé tutto il nostro peccato, restituendoci l’identità di figli amati. Accogliere o meno questo Amore dipende solo da noi.

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