Gàlati 1,13-24 con il commento di Patrizia Sensoli



Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Gàlati
Gal 1,13-24

Testo del brano
Fratelli, voi avete certamente sentito parlare della mia condotta di un tempo nel giudaismo: perseguitavo ferocemente la Chiesa di Dio e la devastavo, superando nel giudaismo la maggior parte dei miei coetanei e connazionali, accanito com’ero nel sostenere le tradizioni dei padri.
Ma quando Dio, che mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia, si compiacque di rivelare in me il Figlio suo perché lo annunciassi in mezzo alle genti, subito, senza chiedere consiglio a nessuno, senza andare a Gerusalemme da coloro che erano apostoli prima di me, mi recai in Arabia e poi ritornai a Damasco.
In seguito, tre anni dopo, salii a Gerusalemme per andare a conoscere Cefa e rimasi presso di lui quindici giorni; degli apostoli non vidi nessun altro, se non Giacomo, il fratello del Signore. In ciò che vi scrivo – lo dico davanti a Dio – non mentisco.
Poi andai nelle regioni della Siria e della Cilìcia. Ma non ero personalmente conosciuto dalle Chiese della Giudea che sono in Cristo; avevano soltanto sentito dire: «Colui che una volta ci perseguitava, ora va annunciando la fede che un tempo voleva distruggere». E glorificavano Dio per causa mia.

 

 

 

 

 

 

 

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
Emmit Fenn. Allégro. Diritti Creative Commons

Meditazione
Patrizia Sensoli

Meditazione
Se lo scopo di questa lettera è quello di rifondare la fede dentro una comunità, che pare essersi allontanata dal suo nucleo vitale, cioè da Cristo, quale migliore mezzo di ricondurla alla sua vocazione originaria se non attraverso la propria personale storia di conversione?  “Avete certamente sentito parlare della mia condotta di un tempo...”(v.13): Paolo si racconta non snocciolando semplicemente singoli avvenimenti in modo cronologico ma mostrando come la potenza della grazia di Dio ha operato nella sua vita. Possiamo dire che il racconto di Paolo non ci viene offerto nella dimensione del tempo che scorre, ma nella dimensione del tempo di Dio. Egli pone quindi al centro del suo racconto la chiamata, quel momento di grazia in cui il tempo di Dio ha fatto irruzione nella sua vita. “Dio mi chiamò con la sua grazia, si compiacque di rivelare in me il Figlio suo perché lo annunciassi in mezzo alle genti....(vv.15-16)”. Paolo si racconta a partire dal kairos che ha sperimentato. Se consideriamo l’esistenza a partire dal nostro incontro con Cristo non possiamo che vederla in questa prospettiva, divisa in due tempi, inevitabilmente scissa tra un prima e un dopo. Così è per Paolo. Nel “prima”  egli si dipinge come zelante persecutore della Chiesa e accanito sostenitore delle tradizioni dei Padri, un vero uomo della Legge giudaica, potremmo definirlo un religioso fervente ma irrigidito dentro antiche formule, autocentrato, sempre sulla difensiva... Nel “dopo” egli è tutto proteso ad annunciare Cristo ed è un annuncio che non può aspettare, “...subito, senza chiedere consiglio a nessuno, senza andare a Gerusalemme da coloro che erano apostoli prima di me, mi recai in Arabia e poi ritornai a Damasco”(vv.16-17).
È un annuncio che si fa fin da subito urgente, perché nasce da un cuore innamorato, un cuore colmo di stupore e gratitudine, un cuore mosso dall’anelito a portare immediatamente la buona notizia perché non ne può fare a meno.
Diventare evangelizzatore è stata per il nostro apostolo la conseguenza naturale di un incontro che ha cambiato radicalmente la sua vita, chi evangelizza non lo fa per un dovere morale ma per un’esigenza del cuore e non porta mai se stesso. Tutto il discorso di Paolo in questo brano è improntato ad indicare Cristo, a mettere Cristo al centro. Cosi le chiese con cui l’apostolo entra in contatto lo conoscono o hanno sentito parlare di lui non per ciò che egli ha fatto, ma per come e per quanto si è lasciato fare da Dio. Guardando lui, ascoltando lui essi glorificano Dio. 
Bello questo racconto di Paolo così appassionato che fa gustare la freschezza del primo incontro con Cristo e che ci insegna qual’è il modo migliore di evangelizzare, non quello di cercare di convincere con tante parole coloro che consideriamo “lontani” ad avvicinarsi alla fede, per esempio cercare di convincerli a  “venire a Messa” ma più semplicemente fare in modo che sia la nostra vita a “parlare". Solo così diventiamo strumenti di evangelizzazione, come lui lo è stato. 

 

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