Osea: Introduzione



Introduzione al libro del profeta Osea
«Perciò, ecco, io la sedurrò, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore..»: questo versetto è capace, da solo, di sintetizzare l’intera opera del profeta Osea, primo tra i cosiddetti dodici profeti minori, nonché tra i più antichi profeti scrittori, coloro i quali cioè hanno lasciato qualcosa “di loro pugno”. Ma soprattutto un autore che ha influenzato l’intera Bibbia come forse nessun altro: Geremia in particolare, ma anche Ezechiele, Isaia e il Cantico dei Cantici lo testimoniano. Non solo, l’immagine neotestamentaria delle nozze, che simboleggia l’unione tra Cristo e la Chiesa, parte proprio da qui. Il Nuovo Testamento cita tra l’altro Osea ben diciassette volte. Ma chi è costui, e quando visse? Figlio di Beeri e contemporaneo di Amos, profetizzò nel secolo VIII a.C., al tempo del re Geroboamo II nel regno del Nord, Israele (che lui chiama anche Giacobbe e Efraim), dove profetizzò per una quarantina d’anni, fino alla caduta di Samaria per mano degli Assiri, nel 722. Osea – etimologicamente “il Signore salva” o “il Signore viene in aiuto” – è tuttavia anche il nome del 19° ed ultimo re di Israele, con cui non va confuso. I profeti biblici, è bene ricordarlo, si possono suddividere anche e soprattutto attraverso un avvenimento cruciale: l’esilio babilonese. Abbiamo in tal senso quelli che vissero in prima persona il tragico evento, quelli che lo seguirono e i pre-esilici. È tra questi ultimi che si colloca Osea. Dal punto di vista storico egli vive tra le due superpotenze di allora: l’Assiria, che stava iniziando a dominare il Vicino Oriente, e l’Egitto. Dal punto di vista letterario, invece, il libro unisce agli scritti di Osea stesso alcuni oracoli e pericopi (dal greco “ritagli”) di discepoli e redattori successivi. La struttura dell’opera è divisibile come segue: ai tre capitoli più celebri – quelli relativi alla sua vicenda matrimoniale – seguono quattro grandi discorsi: accuse contro i sacerdoti e capi d’Israele, ovvero i primi responsabili della corruzione morale che serpeggia. Seguono un appello alla conversione, alcune esortazioni durante una guerra fratricida e una serie di meditazioni sulla storia della salvezza. La penultima parte comprende alcuni inviti alla conversione, mentre l’ultima è un epilogo sapienziale. Ma Osea vede soprattutto nell’infedeltà religiosa la radice di ogni male.. ecco il cuore del suo capolavoro: associa la sua travagliata vicenda  matrimoniale al rapporto che Dio intrattiene col suo popolo! Il suo linguaggio, tipico dell’amante appassionato e del genitore premuroso, è frutto però di alcune vicende storiche: la seduzione più grande era infatti, per Israele, quella degli dèi di Canaan. Questi ultimi non andavano però a sostituirsi al Signore, bensì lo “affiancavano”. Le divinità di quel paese – forze della natura, piogge, fertilità del suolo e via dicendo, in pratica tutto ciò che poteva favorire la vita contadina – erano insomma chiamate in causa per motivi molto materiali. Così la vicenda del popolo infedele è assunta simbolicamente da Osea nel rapporto drammatico che egli stesso sta vivendo con sua moglie Gomer. Il profeta si mette dunque “al posto del Signore”, nei suoi panni, e fa suoi i sentimenti che egli prova. Gomer è una moglie infedele e “senza speranza”, Osea non confida più insomma di poterne recuperare la fedeltà – la chiama infatti «donna di prostituzione» – eppure, o meglio proprio per questo, vede nel suo amore per lei quello che il Signore prova per Israele. Gomer, che probabilmente era una donna dedita ai culti idolatri cananei, è dunque una peccatrice senza speranza, come lo è il popolo. Eppure Osea l’ama così com’è, nel suo essere peccatrice: «il Signore.. gli disse: “Va’, prenditi in moglie una prostituta.. poiché il paese non fa che prostituirsi..». I nomi dei figli che ebbe da lei sono però simbolici: Izreèl (legato evidentemente a Israele), Non-amata e Non-popolo-mio. Sempre riguardo ai nomi, baal, “padrone”, era il nome proprio di una divinità cananea, ma anche quello con cui una donna poteva chiamare il proprio marito. Non solo, in Israele si era diffusa l’abitudine di usarlo anche nei confronti del Signore! Altra ragione che fa andare Osea su tutte le furie. L’ultima perla che il profeta ci regala è però incastonata del versetto finale del libro: «Chi è saggio comprenda queste cose, chi ha intelligenza le comprenda..». Come a dire: «la Parola di Dio è attuale, è per te che la stai ascoltando oggi, per l’essere umano di tutti i tempi! La creatura da lui prediletta è infatti quel terreno “naturale” che attende solo di essere fecondato da Lei..».                   

 

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
Gabriele Fabbri

Scarica la nostra App su