Osea 6,1-6 con il commento di Elena Malfatti



Dal libro del profeta Osea
Os 6,1-6 

Testo del brano
Venite, ritorniamo al Signore: egli ci ha straziato ed egli ci guarirà. Egli ci ha percosso ed egli ci fascerà. Dopo due giorni ci ridarà la vita e il terzo ci farà rialzare, e noi vivremo alla sua presenza. Affrettiamoci a conoscere il Signore, la sua venuta è sicura come l’aurora. Verrà a noi come la pioggia d’autunno, come la pioggia di primavera che feconda la terra». Che dovrò fare per te, Èfraim, che dovrò fare per te, Giuda? Il vostro amore è come una nube del mattino, come la rugiada che all’alba svanisce. Per questo li ho abbattuti per mezzo dei profeti, li ho uccisi con le parole della mia bocca e il mio giudizio sorge come la luce: poiché voglio l’amore e non il sacrificio, la conoscenza di Dio più degli olocàusti.

 

 

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
Sir Cubworth. Simple Sonata. Diritti Creative Commons

Meditazione
Elena Malfatti

Meditazione
«Voglio l’amore e non il sacrificio». Ecco, in queste parole è racchiuso tutto il senso dell’amore di Cristo. Sin dai tempi di Adamo ed Eva il popolo eletto visse la legge del sacrificio: si offrivano in  olocausto i primogeniti dei greggi oppure si offrivano in oblazione generi alimentari, come segno di riconoscenza a Dio. Il fare sacrifici era una pratica presente in tante religioni, con lo scopo di ottenere in cambio il favore divino; rappresenta quel tipo di amore infantile che lega una creatura al proprio creatore. Nella religione cristiana il sacrificio di Cristo segnò la fine dei sacrifici con spargimento di sangue, e la situazione di fatto venne capovolta: nel sacrificio di Gesù non è l’uomo che dà qualcosa a Dio, ma Dio dà se stesso all’uomo. Nel Nuovo Testamento il senso del sacrificio quindi cambia completamente: il Signore desidera il cuore, cioè l’essenza della persona, la sua intelligenza, la sua volontà, la sua adesione personale. Non semplicemente fare un sacrificio con il cuore, ma sacrificare il proprio cuore, offrire la propria vita, la propria intelligenza e le proprie scelte. Il Signore vuole “la conoscenza di Dio più che gli olocausti”. Significa immergere completamente la propria persona nella volontà del Padre; il sacrificio della nostra vita è lasciare che il Signore comandi nella nostra esistenza, lasciargli il controllo, abbandonarci a lui, rinunciare al proprio “io”. Ecco l’olocausto; è l’olocausto dell’io a cui dobbiamo tendere. Significa dire “Signore, sia fatta la tua volontà”, e questa spesso è una frase dal sapore amaro, molto difficile da pronunciare con il cuore; ci sentiamo come sull’orlo di un precipizio perché risuona nelle nostre orecchie un sottinteso: “anche se la Tua volontà sarà diversa dalla mia”. Purtroppo ancora oggi spesso viviamo la preghiera come se fosse un monetina da jukebox. Santa Faustina Kowalska nel suo Diario scrive: «Voi nel dolore pregate perché lo tolga, ma perché lo tolga come voi credete.. Vi rivolgete a me, ma volete che io mi adatti alle vostre idee; non siete infermi che domandano al medico la cura, ma che gliela suggeriscono. Non fate così, ma pregate come vi ho insegnato nel Padre nostro». Ed il Padre nostro inizia proprio così: «sia fatta la tua volontà». Spesso quello che ci sconvolge e ci fa male è proprio il nostro ragionamento, il pensiero, il volere provvedere noi stessi a ciò che ci affligge, ad ogni costo. Mentre Dio opera quando l’anima, nelle sue necessità spirituali e in quelle materiali, si volge a Lui e si abbandona. Santa Faustina scrive: «..chiude gli occhi e riposa». Se come dice Osèa, Dio verrà a noi come la pioggia d’autunno, come la pioggia di primavera che feconda la terra, non possiamo che riposare sereni in Lui e attendere nella pace le numerose grazie che Dio-Amore vorrà riversare su di noi.

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