Osea 14,2-10 con il commento di Elena Malfatti



Dal libro del profeta Osea
Os 14,2-10 

Testo del brano
Torna dunque, Israele, al Signore, tuo Dio, poiché hai inciampato nella tua iniquità. Preparate le parole da dire e tornate al Signore; ditegli: «Togli ogni iniquità, accetta ciò che è bene: non offerta di tori immolati, ma la lode delle nostre labbra. Assur non ci salverà, non cavalcheremo più su cavalli, né chiameremo più “dio nostro” l’opera delle nostre mani, perché presso di te l’orfano trova misericordia». «Io li guarirò dalla loro infedeltà, li amerò profondamente, poiché la mia ira si è allontanata da loro. Sarò come rugiada per Israele; fiorirà come un giglio e metterà radici come un albero del Libano, si spanderanno i suoi germogli e avrà la bellezza dell’olivo e la fragranza del Libano. Ritorneranno a sedersi alla mia ombra, faranno rivivere il grano, fioriranno come le vigne, saranno famosi come il vino del Libano. Che ho ancora in comune con gli idoli, o Èfraim? Io l’esaudisco e veglio su di lui; io sono come un cipresso sempre verde, il tuo frutto è opera mia». Chi è saggio comprenda queste cose, chi ha intelligenza le comprenda; poiché rette sono le vie del Signore, i giusti camminano in esse, mentre i malvagi v’inciampano.

 

 

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
Sir Cubworth. Simple Sonata. Diritti Creative Commons

Meditazione
Elena Malfatti

Meditazione
Il Signore, padre di infinita misericordia, è pronto ad accogliere l’orfano che volge gli occhi a Lui. E così facendo l’uomo non è più orfano, ritorna ad essere figlio, diviene essere profondamente amato e viene guarito dalla sua infedeltà. Basta volgersi al Padre per ritrovare la propria dimensione, per definire nuovamente sé stessi in relazione al resto del mondo. L’inciampo è stato procurato dai suoi stessi errori, il popolo è inciampato nella sue stesse scelte inique. Ma Dio, in quanto padre, è pronto e soprattutto felice di posare nuovamente lo sguardo sulla sua creatura. Non può non venire alla mente l’accoglienza che il padre riserva nel Nuovo Testamento al “figliol prodigo” che, dopo aver peccato, ritorna a casa pensando di ricevere un trattamento “giusto” ma che invece viene accolto con grandissima misericordia ricevendo amore, gioia e condivisione. Ed anche qui il ritorno alle braccia del Signore viene celebrato dal Padre stesso con un tripudio di ricchezza e incanto: il giglio che fiorisce, l’albero che mette radici, la bellezza e la fragranza che si espandono attorno. Non è un ritorno “privato”, è un cambiamento che porta gioia e letizia tutt’attorno, è una gioia che trasforma il creato. In realtà Dio dà compimento al suo popolo, lo rende pienamente se stesso accogliendolo. Infatti Osèa dice «io l’esaudisco e veglio su di lui»; esaudire significa accogliere, soddisfare pienamente. Nel Signore noi realizziamo totalmente noi stessi, quindi è come se anche noi fiorissimo come quel giglio, anche noi raggiungessimo la migliore versione di noi stessi. In Lui veniamo guariti dalle nostre ferite e possiamo realizzare la nostra vita in pienezza. E Dio, come una madre, veglia su di noi in questo cammino di crescita. Sapere che c’è qualcuno che veglia su di noi ci fa vivere sereni, tranquilli; possiamo abbandonare le preoccupazioni e i travagli e lasciarci accudire, proteggere da uno sguardo amorevole che non ci farà accadere nulla di male. Il filosofo francese Emmanuel Mounier diceva: «Dio è abbastanza grande da fare una vocazione anche dei nostri errori». E’ un modo bellissimo per rappresentare l’accoglienza amorevole del Padre nei nostri confronti. Dio attende solamente che noi edifichiamo la nostra dimora presso di Lui, così come siamo.

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