Osea 8,4-7.11-13 con il commento di Elena Malfatti



Dal libro del profeta Osea
Os 8,4-7.11-13 

Testo del brano
Così dice il Signore: «Hanno creato dei re che io non ho designati; hanno scelto capi a mia insaputa. Con il loro argento e il loro oro si sono fatti idoli, ma per loro rovina. Ripudio il tuo vitello, o Samarìa! La mia ira divampa contro di loro; fino a quando non si potranno purificare? Viene da Israele il vitello di Samarìa, è opera di artigiano, non è un dio: sarà ridotto in frantumi. E poiché hanno seminato vento, raccoglieranno tempesta. Il loro grano sarà senza spiga, se germoglia non darà farina e, se ne produce, la divoreranno gli stranieri. Èfraim ha moltiplicato gli altari, ma gli altari sono diventati per lui un’occasione di peccato. Ho scritto numerose leggi per lui, ma esse sono considerate come qualcosa di estraneo. Offrono sacrifici e ne mangiano le carni, ma il Signore non li gradisce; ora ricorda la loro iniquità, chiede conto dei loro peccati: dovranno tornare in Egitto».

 

 

 

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
Sir Cubworth. Simple Sonata.Diritti Creative Commons

Meditazione
Elena Malfatti

Meditazione
Il Dio che traspare da queste parole è un Dio adirato, un Dio deluso. Abituati al Dio misericordioso del Vangelo, cresciuti con la certezza di un Dio benigno, è doloroso leggere le parole di un Dio che si sente tradito dal suo popolo, che prova una cocente delusione nei confronti della creatura che ha tanto amato e protetto, a cui ha promesso una terra di salvezza. Il suo popolo lo ha rinnegato in ogni modo: ha eletto capi senza la sua benedizione, ha costruito altari e idoli, ha fatto sacrifici e ne ha mangiato le carni. Come semplice artigiano ha costruito degli idoli in metalli preziosi pensando che l’oro o l’argento che ne costituivano la struttura potessero rappresentarne anche la sostanza. Ha cercato conforto, aiuto, rifugio in oggetti morti, senza vita. E Dio ripudia il suo popolo e manifesta la sua ira: i figli d’Israele soffriranno la fame perché il grano che coltiveranno non porterà alcun frutto o verrà divorato dagli stranieri; conosceranno nuovamente l’abbandono, la schiavitù, perché dovranno tornare in Egitto. Dio manifesta la sua ira infrangendo la sua promessa di salvezza, rinnegando un popolo che aveva scelto quale eletto. Eppure in questo brano noi vediamo solo il primo atto di una trama sorprendente. Paradossalmente senza questo comportamento dell’uomo, che delude il proprio Creatore, che rinnega chi lo ha generato, che pensa di essere sufficiente a sé stesso, Dio non potrebbe mostrare la sua vera sostanza, che non è quella del Dio vendicatore ma del Dio misericordioso. La potenza di Dio, qualcosa di cui avere paura e terrore si trasforma in una grande consolazione. Misericordia significa avere tenerezza, bontà, favore e benevolenza verso qualcuno che non merita nulla di tutto ciò. Quindi va oltre il semplice sentimento del perdono, comprende anche un impegno, un’azione per il bene di colui che è amato. Quindi Misericordia significa non solo non punire colui che merita il castigo ma piuttosto fargli del bene; ci troviamo quindi di fronte ad una situazione completamente stravolta; si tratta di un amore talmente grande che difficilmente riusciamo a comprendere fino in fondo. La grazia di Dio è fare del bene a chi non lo merita. La misericordia di Dio è fare del bene a chi meriterebbe il male. La misericordia in un certo senso supera anche la bontà: Dio riversa la sua bontà su tutti gli uomini, indistintamente, mentre riserva la sua misericordia a coloro che hanno sbagliato e che Egli vuole salvare.

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