Giudici 13,2-7.24-25a con il commento di Barbara De Geronimo



Dal libro dei Giudici
Gdc 13,2-7.24-25a

Testo del brano
In quei giorni, c’era un uomo di Sorèa, della tribù dei Danìti, chiamato Manòach; sua moglie era sterile e non aveva avuto figli. L’angelo del Signore apparve a questa donna e le disse: «Ecco, tu sei sterile e non hai avuto figli, ma concepirai e partorirai un figlio. Ora guàrdati dal bere vino o bevanda inebriante e non mangiare nulla d’impuro. Poiché, ecco, tu concepirai e partorirai un figlio sulla cui testa non passerà rasoio, perché il fanciullo sarà un nazireo di Dio fin dal seno materno; egli comincerà a salvare Israele dalle mani dei Filistei». La donna andò a dire al marito: «Un uomo di Dio è venuto da me; aveva l’aspetto di un angelo di Dio, un aspetto maestoso. Io non gli ho domandato da dove veniva ed egli non mi ha rivelato il suo nome, ma mi ha detto: “Ecco, tu concepirai e partorirai un figlio; ora non bere vino né bevanda inebriante e non mangiare nulla d’impuro, perché il fanciullo sarà un nazireo di Dio dal seno materno fino al giorno della sua morte”». E la donna partorì un figlio che chiamò Sansone. Il bambino crebbe e il Signore lo benedisse. Lo spirito del Signore cominciò ad agire su di lui.

 

 

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
A.Fulero. Night Snow. YouTubeStudios. Dirittti Creative Commons

Meditazione
Barbara De Geronimo

Meditazione
Eccoci arrivati all’ultimo dei cinque Giudici maggiori presenti nel libro: Sansone, che libererà Israele dall’oppressione dei Filistei. Questa volta il Giudice non viene scelto da adulto, ma il Signore lo sceglie ancora prima che egli nasca, e che nasca da una donna che fino a quel  momento era sterile, vivendo tutta l’umiliazione e la sofferenza che all’epoca ciò comportava. Un brano questo che si sposa perfettamente con il testo evangelico dell’annuncio a Elisabetta della nascita di Giovanni Battista, letto nella stessa domenica. Ma non è questa opportunità davvero miracolosa data alle due donne (ricordiamoci che a quel tempo la maternità era l’unica cosa a cui anelava una sposa) che mi colpisce, o il compito così chiaro a cui Sansone, consacrato prima ancora di nascere, deve adempiere. Quello che mi colpisce è ciò che l’angelo chiede alla madre di Sansone perché possa portare a termine questa gravidanza e realizzare tutta se stessa: una rinuncia. Non c’è un valore sociale, estetico o salutare in questa rinuncia, piuttosto il valore della rinuncia è essa stessa: se non si dare un valore a ciò che si riceve, ovviamente non si è disposti a rinunciare nemmeno a qualcosa di semplice per ottenerlo. Gesù è molto chiaro nelle condizioni per seguirlo: «Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo» (Lc 14,33). Questa è una domanda che mi sono fatta, e ognuno che vuole dirsi cristiano dovrebbe farsi quotidianamente: a cosa sono disposto a rinunciare per seguire Gesù?  Gesù parla di averi, non di beni, non si tratta di cose di valore, ma di rinunciare a ciò che si pensa di possedere, di gestire. Niente è davvero nostro, tutto ci è dato in prestito, persino un figlio, eppure per ognuno è così difficile non pensare che ciò che ho è mio di diritto, me lo sono meritato, guadagnato. Il Signore ci invita a riflettere su quello che è importante, e se per noi ricevere Cristo ed essere in comunione con Lui è davvero importante, dovremmo fare di tutto per esserne degni, disposti a rinunciare a tutto ciò che in fondo, poi, non è nemmeno nostro.

 

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