Dal libro dei Salmi
Salmo 57 (56) – All’ombra dell’Altissimo
(Lamentazione individuale. Salmo di fiducia, con temi innici di lode e di ringraziamento. Responsoriale)
Testo del Salmo
1 Al maestro del coro. Su «Non distruggere». Di Davide. Miktam. Quando fuggì da Saul nella caverna.
2 Pietà di me, pietà di me, o Dio, in te si rifugia l’anima mia; all’ombra delle tue ali mi rifugio finché l’insidia sia passata. 3 Invocherò Dio, l’Altissimo, Dio che fa tutto per me. 4 Mandi dal cielo a salvarmi, confonda chi vuole inghiottirmi; Dio mandi il suo amore e la sua fedeltà. 5 In mezzo a leoni devo coricarmi, infiammàti di rabbia contro gli uomini! I loro denti sono lance e frecce, la loro lingua è spada affilata. 6 Innàlzati sopra il cielo, o Dio, su tutta la terra la tua gloria. 7 Hanno teso una rete ai miei piedi, hanno piegato il mio collo, hanno scavato davanti a me una fossa, ma dentro vi sono caduti. 8 Saldo è il mio cuore, o Dio, saldo è il mio cuore. Voglio cantare, voglio inneggiare: 9 svégliati, mio cuore, svegliatevi, arpa e cetra, voglio svegliare l’aurora. 10 Ti loderò fra i popoli, Signore, a te canterò inni fra le nazioni: 11 grande fino ai cieli è il tuo amore e fino alle nubi la tua fedeltà. 12 Innàlzati sopra il cielo, o Dio, su tutta la terra la tua gloria.
Canto
Sorelle Clarisse del Monastero Natività di Maria, Rimini
Musica di sottofondo al commento
Libreria suoni di Garage Band
Meditazione
Marta Antonini
Meditazione
I salmi hanno la forza delle poesie, dicono con immagini e verbi le emozioni forti che abitano l’animo umano. La prima parte di questo salmo mi sembra esprimere con sofferenza, ma con lucida chiarezza, una dichiarazione della piccolezza umana. Sembra dire: noi razza umana siamo piccoli, vulnerabili ed imperfetti. E, se ci pensiamo onestamente, è la nostra stessa vita a testimoniarlo. Quante volte siamo circondati di rabbia, lance e frecce. Il conflitto in Ucraina, ad esempio, è una delle tante pagine del secolare e consunto libro della violenza. Quante volte siamo noi, in prima persona, ad essere inghiottiti dalle insidie e a trasformare le nostre lingue in spade affilate. Sembra paradossale, ma è proprio quando ci accorgiamo della natura debole e fallace che ci contraddistingue, che nasce l’invocazione più sincera. In un momento di umile consapevolezza diventa chiaro che abbiamo bisogno di un’ombra in cui riposarci e sostare, in cui poter mettere in discussione i nostri atteggiamenti e diventare più capaci di amare. Abbiamo bisogno di camminare durante la nostra esistenza al fianco di Dio e di invocarlo, affinché ci porti al riparo quando anche noi ci sporgiamo verso la fossa. Nella seconda parte di questo salmo troviamo quindi una promessa: “Dio io ti invocherò tutte le volte che avrò bisogno, umile come il figliol prodigo che torna a casa dopo aver sperperato ogni ricchezza del padre – eppure accolto”. Sarebbe forse più facile abbandonarsi ai lamenti, alla violenza, al male che si diffonde con la naturalezza di un fiore che sboccia. Invece l’uomo che crede non si abbandona, ma promette di tornare a riposare in Dio; e sarà questa scelta a salvarlo. Solo nel momento in cui l’uomo capisce di non essere solo e decide di affidarsi a qualcun altro, allora lì il cuore umano si apre alla speranza e alla gioia: «Voglio cantare, voglio inneggiare: svégliati, mio cuore, svegliatevi, arpa e cetra, voglio svegliare l’aurora». È una vita di festa nel piccolo cuore di ogni uomo che si riconosce debole e imperfetto. Preghiamo con questo salmo, allora, affinché possiamo vivere le nostre giornate saldi in questa consapevolezza: siamo sì circondati da lance, frecce e lingue affilate, ma l’Amore più grande in cui riposare aspetta soltanto di essere abbracciato.