Giobbe 42,1-3.5-6.12-16 con il commento di Antonio Bongiovanni



Dal libro di Giobbe
Gb  42,1-3.5-6.12-16 (NV) [ebr. 1-3.5-6.12-17] 

Testo del brano
Giobbe prese a dire al Signore: «Comprendo che tu puoi tutto e che nessun progetto per te è impossibile. Chi è colui che, da ignorante, può oscurare il tuo piano? Davvero ho esposto cose che non capisco, cose troppo meravigliose per me, che non comprendo. Io ti conoscevo solo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti hanno veduto. Perciò mi ricredo e mi pento sopra polvere e cenere». Il Signore benedisse il futuro di Giobbe più del suo passato. Così possedette quattordicimila pecore e seimila cammelli, mille paia di buoi e mille asine. Ebbe anche sette figli e tre figlie. Alla prima mise nome Colomba, alla seconda Cassia e alla terza Argentea. In tutta la terra non si trovarono donne così belle come le figlie di Giobbe e il loro padre le mise a parte dell’eredità insieme con i loro fratelli. Dopo tutto questo, Giobbe visse ancora centoquarant’anni e vide figli e nipoti per quattro generazioni. Poi Giobbe morì, vecchio e sazio di giorni.

 

 

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
Wahneta Meixsell. Allemande. Diritti Creative Commons

Meditazione
Antonio Bongiovanni

Meditazione
Ho capito di non aver capito nulla; un Giobbe filosofo che ricorda la sapienza di Socrate. Giobbe apre gli occhi definitivamente e realizza la sua piccolezza di fronte al suo Dio. Ha la grazia di aver conosciuto Dio, gli ha parlato faccia a faccia; un lusso per pochi, pochissimi. Tanto ha sofferto, ma tanto gli è stato dato e tantissimo sta per essergli dato. Non chiede più nulla a Dio e questi lo premia; ma lo premia per la sua fede e non perché ha fatto bene. Dio riconosce la fede e la rettitudine di Giobbe; già la conosceva, ora però la prova ha “spremuto” ogni più piccola goccia di fede in Giobbe. Il povero viene ancora una volta innalzato da Dio; si ripete la logica non logica della croce. La benedizione di Dio è ciò che di più prezioso si possa chiedere ed ottenere; tutto ora è nell’abbondanza, una abbondanza ancora più grande e questa volta anche consapevole; sì, tutto è da Dio ed è per Dio, che lascia in eredità sé stesso e il suo amore, al fine ultimo di renderci felici e gioiosi per tanto tempo, in realtà per sempre. Giobbe non è stato paziente, si è arrabbiato, ha accusato Dio, ma mai ha smarrito del tutto la sua fede, che l’ha salvato; ciò che sembrava impossibile si è realizzato, nulla davvero è impossibile a Dio. Va capito e sottolineato questo: nulla è impossibile a Dio o, meglio ancora, nulla è impossibile a noi se siamo in Dio. Quanto può essere bello anche per noi vivere nella consapevolezza di stare accanto a Lui, dentro il suo progetto di vita. Tutto ha un nuovo sapore e tanto in più potrà esserci donato da Dio, che alle volte ha le mani legate; sì, non può obbligarci ad amarlo, e così il suo amore non può arrivare a noi con tutta la sua forza. Ammettiamolo una volta ancora e per sempre: non possiamo sapere il perché di tutto ciò che ci accade e di ciò che accade accanto a noi e nel mondo; rassegniamoci, ma non nella tristezza, quanto piuttosto nell’atteggiamento umile di chi è consapevole di essere parte della grande opera divina. L’Autore non sempre ci comunica il senso della sua opera, ma questo non significa che non ci sia. La fede e l’umiltà di Giobbe hanno fatto la differenza, ed una grande lezione anche per noi, che spesso non capiamo e soffriamo in questa vita. Dio ci offre una speranza che nella fede non potrà essere disattesa. A noi la forza, la costanza e l’umiltà di una preghiera che possa essere sempre più vero dialogo col Signore, che è accanto a noi, ci ascolta e ci darà quanto è così bello che nemmeno abbiamo la capacità di immaginare e chiedere: «Dopo tutto questo, Giobbe visse ancora centoquarant’anni..».

Scarica la nostra App su