Giobbe 1,6-22 con il commento di Antonio Bongiovanni



Dal libro di Giobbe
Gb 1,6-22 

Testo del brano
Un giorno, i figli di Dio andarono a presentarsi al Signore e anche Satana andò in mezzo a loro. Il Signore chiese a Satana: «Da dove vieni?». Satana rispose al Signore: «Dalla terra, che ho percorso in lungo e in largo». Il Signore disse a Satana: «Hai posto attenzione al mio servo Giobbe? Nessuno è come lui sulla terra: uomo integro e retto, timorato di Dio e lontano dal male». Satana rispose al Signore: «Forse che Giobbe teme Dio per nulla? Non sei forse tu che hai messo una siepe intorno a lui e alla sua casa e a tutto quello che è suo? Tu hai benedetto il lavoro delle sue mani e i suoi possedimenti si espandono sulla terra. Ma stendi un poco la mano e tocca quanto ha, e vedrai come ti maledirà apertamente!». Il Signore disse a Satana: «Ecco, quanto possiede è in tuo potere, ma non stendere la mano su di lui». Satana si ritirò dalla presenza del Signore. Un giorno accadde che, mentre i suoi figli e le sue figlie stavano mangiando e bevendo vino in casa del fratello maggiore, un messaggero venne da Giobbe e gli disse: «I buoi stavano arando e le asine pascolando vicino ad essi. I Sabèi hanno fatto irruzione, li hanno portati via e hanno passato a fil di spada i guardiani. Sono scampato soltanto io per raccontartelo». Mentre egli ancora parlava, entrò un altro e disse: «Un fuoco divino è caduto dal cielo: si è appiccato alle pecore e ai guardiani e li ha divorati. Sono scampato soltanto io per raccontartelo». Mentre egli ancora parlava, entrò un altro e disse: «I Caldèi hanno formato tre bande: sono piombati sopra i cammelli e li hanno portati via e hanno passato a fil di spada i guardiani. Sono scampato soltanto io per raccontartelo». Mentre egli ancora parlava, entrò un altro e disse: «I tuoi figli e le tue figlie stavano mangiando e bevendo vino in casa del loro fratello maggiore, quand’ecco un vento impetuoso si è scatenato da oltre il deserto: ha investito i quattro lati della casa, che è rovinata sui giovani e sono morti. Sono scampato soltanto io per raccontartelo». Allora Giobbe si alzò e si stracciò il mantello; si rase il capo, cadde a terra, si prostrò e disse: «Nudo uscii dal grembo di mia madre, e nudo vi ritornerò. Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, sia benedetto il nome del Signore!». In tutto questo Giobbe non peccò e non attribuì a Dio nulla di ingiusto.

 

 

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
Wahneta Meixsell. Allemande. Diritti Creative Commons

Meditazione
Antonio Bongiovanni

Meditazione
La scena richiama lo svolgersi di un processo in un tribunale: Satana è il Pubblico Ministero, l’accusatore, la Corte è composta dagli angeli e Dio è il giudice. Dio quasi si “vanta” del giusto Giobbe e Satana lo sfida, colpisce e stupisce l’atteggiamento di scommessa che Dio accoglie; atteggiamento necessario? E’ giusto, per la nostra logica, che Dio accetti la sfida del suo e nostro avversario? Fin da subito appare il mistero dei pensieri e della logica unica di Dio, e questo non solo perché Dio nella sua Parola si serve di metafore e racconti simbolici. Gran parte del racconto è permeato dal tema della prova; perché essere nella prova? Perché essere provati? Provati in cosa e soprattutto provati da chi? E’ Dio che ci prova, ci fa una sorta di test? Nel passo biblico è Satana che prova il buon Giobbe ma è pur vero che è Dio che apertamente glielo concede. Allora pare che comunque il potere ultimo è e rimane quello di Dio e che comunque il male, seppur sembra in qualche modo essere permesso da Dio, non è da Lui che proviene: non è Lui che dispone l’accadimento di tutte quelle disgrazie al povero Giobbe. Accade il peggio che Giobbe o qualunque altro uomo possa temere, financo la perdita dei “propri” figli. Ecco che allora l’accento si posa sull’aggettivo “proprio”: sono veramente di Giobbe tutti i beni da lui posseduti e goduti? Sono forse parte della proprietà di Giobbe i “suoi” figli? Irrompe nel passo del libro un cambio decisivo nei pensieri di Giobbe forse e anche in noi, che lo leggiamo e meditiamo: la consapevolezza, seppur imperfetta, di parte della logica di Dio, vale a dire quella del dono; le cose e anche i figli sono per Giobbe solo dono di Dio e non più una propria conquista, e l’unico occhio che schiude a questa nuova visione del tutto è quello della fede: «il Signore ha dato, il Signore ha tolto». Non si può in definitiva comprendere razionalmente il tutto; la ragione fa il suo e poi lascia il passo all’altra forza che può arrivare “oltre”, cioè fa necessariamente spazio alla fede, il più grande dei doni di Dio.

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