Amos 9,11-15 con il commento di Marco Urbinati e Silvia Brighenti



Dal libro del profeta Amos
Amos 9,11-15

Testo del brano
Così dice il Signore: «In quel giorno rialzerò la capanna di Davide, che è cadente; ne riparerò le brecce, ne rialzerò le rovine, la ricostruirò come ai tempi antichi, perché conquistino il resto di Edom e tutte le nazioni sulle quali è stato invocato il mio nome. Oracolo del Signore, che farà tutto questo. Ecco, verranno giorni – oracolo del Signore – in cui chi ara s’incontrerà con chi miete e chi pigia l’uva con chi getta il seme; i monti stilleranno il vino nuovo e le colline si scioglieranno. Muterò le sorti del mio popolo Israele, ricostruiranno le città devastate e vi abiteranno, pianteranno vigne e ne berranno il vino, coltiveranno giardini e ne mangeranno il frutto. Li pianterò nella loro terra e non saranno mai divelti da quel suolo che io ho dato loro».

 

 

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
G.Regondi. Elude no.6. Performer Aaron Prillaman. Diritti Creative Commons. Musopen.org

Meditazione
Marco Urbinati e Silvia Brighenti
Recita Marco Urbinati

Meditazione
In questo oracolo profetico si annuncia che Dio non abbandona il suo popolo, neanche dopo l’evidente tradimento. Il verdetto di morte è mutato in promessa di vita, la minaccia lascia il posto all’oracolo di consolazione. Il giudizio non implica solo la condanna dei colpevoli, ma comporta anche la salvezza delle vittime dell’ingiustizia, è anzi, quest’ultima, la finalità dell’intervento del giudice giusto che, distruggendo il male e abbattendo il prepotente, fa trionfare il diritto e la vita che sono stati annunziati. Si apre ora una prospettiva di restaurazione che rialzerà, riparerà e ricostruirà il popolo di Dio, la dinastia di Davide: Dio si rivela e rimane fedele (sempre e comunque) all’Alleanza. Questa fase, ci indica Amos, sarà incontrovertibile e Dio, che si prende cura del resto del suo popolo, sarà il sollievo. È curioso come venga messo in evidenza che il lavoro dell’uomo sarà necessario nell’opera di ricostruzione (chi ara, chi miete, ecc..); ma solo in Dio quel lavoro otterrà risultati straordinari (ad esempio la contemporaneità dell’aratura con la mietitura, ecc..) e la natura stessa collaborerà con l’uomo (le colline si scioglieranno). Ci sarà una definitività nella restaurazione che Dio effettuerà, infatti dice: «li pianterò nella loro terra e non saranno mai divelti da quel suolo». Ora, l’insieme del libro di Amos è così fortemente incentrato sulla giustizia punitiva che c’è il rischio di trascurare la giustizia salvifica. Il senso di speranza quindi rimane sempre, la chiamata da parte di Dio è sempre alla salvezza, anche se passa attraverso la sofferenza, che diviene correzione più che punizione, e che conduce comunque ad una redenzione. Il progetto di Dio sulla creatura è sempre benefico, e culminerà nell’esempio di Gesù che dalla croce trae la vittoria sul peccato e sulla morte. Se si verificano, anche ai tempi nostri, le profezie sul destino che attende l’uomo quando abbandona Dio, si verificheranno, soprattutto, anche quelle che riguardano la sua salvezza. Come già preannunciato nel libro degli Atti: «dice il Signore, io tornerò e riedificherò la tenda di Davide che era caduta; ne riparerò le rovine e la rialzerò. Allora gli altri uomini cercheranno il Signore, anche tutti i pagani che ho chiamato ad essere miei. Ecco ciò che dice Dio, che fa queste cose che egli stesso conosce fin dai tempi dei tempi» (At. 15, 16-18). Giacomo cita questi versetti durante l’assemblea di Gerusalemme, per sottolineare l’apertura della prospettiva di restaurazione a tutti i popoli. Il disegno di Dio, nel discorso di Giacomo, include tutti, anche i non Ebrei. Tutti sono sottomessi al giudizio di Dio e quindi anche chiamati a scoprire la salvezza. È il Dio vivente, il Dio che conosce ben oltre le apparenze, le esteriorità. Lo Spirito Santo è stato concesso a ogni uomo di buona volontà, a qualsiasi “razza”, popolo e religione appartenga.

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