Amos 8,4-6.9-12 con il commento di Marco Urbinati e Silvia Brighenti



Dal libro del profeta Amos
Amos 8,4-6.9-12

Testo del brano
«Ascoltate questo, voi che calpestate il povero e sterminate gli umili del paese, voi che dite: “Quando sarà passato il novilunio e si potrà vendere il grano? E il sabato, perché si possa smerciare il frumento, diminuendo l’efa e aumentando il siclo e usando bilance false, per comprare con denaro gli indigenti e il povero per un paio di sandali? Venderemo anche lo scarto del grano”». «In quel giorno – oracolo del Signore Dio – farò tramontare il sole a mezzogiorno e oscurerò la terra in pieno giorno! Cambierò le vostre feste in lutto e tutti i vostri canti in lamento: farò vestire ad ogni fianco il sacco, farò radere tutte le teste: ne farò come un lutto per un figlio unico e la sua fine sarà come un giorno d’amarezza. Ecco, verranno giorni – oracolo del Signore Dio – in cui manderò la fame nel paese; non fame di pane né sete di acqua, ma di ascoltare le parole del Signore». Allora andranno errando da un mare all’altro e vagheranno da settentrione a oriente, per cercare la parola del Signore, ma non la troveranno.

 

 

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
G.Regondi. Elude no.6. Performer Aaron Prillaman. Diritti Creative Commons. Musopen.org

Meditazione
Marco Urbinati e Silvia Brighenti
Recita Marco Urbinati

Meditazione
Al tempo di Amos Israele vive la carestia dovuta alla siccità, a diverse calamità naturali, tra le quali malattie delle piante e invasione delle cavallette, la guerra e le tasse esorbitanti. Il popolo, per poter sopravvivere, è quindi costretto a rivolgersi a chi possiede delle riserve, ossia al re e alla corte di Samarìa. Ma, in questo nostro brano, oltre alle categorie già menzionate (potere politico e religioso) che agiscono contro il profeta, viene delineato il profilo di chi sarà severamente punito perché si approfitta della contingenza: il disonesto! Amos accusa colui che si approfitta del debole e dell’ignorante; coloro che commettono frode commerciale alterando i pesi e le misure, così che il povero compratore resta ingannato a sua insaputa; denuncia inoltre coloro che avendo sete di guadagno schiacciano la povera gente con i debiti, costringendola a vendersi per rimborsare i prestiti. Amos dopo l’accusa pronuncia la sentenza: nel giorno stabilito da Dio si scatenerà, per costoro, il castigo che si manifesterà con terremoto, maremoto e l’eclissi. Lo sdegno di Dio, provocato dall’uomo, si ripercuoterà quindi nel creato, la connessione tra il male fatto dall’uomo in violazione dei comandamenti diverrà concreta nella reazione della natura condizionata dal Creatore. Ma per coloro che hanno calpestato il povero, il castigo sarà ben peggiore, per lui infatti la grande fame e la grande sete per l’assenza della parola di Dio. Dio non parlerà più al suo popolo, il profeta è stato allontanato! A questo punto tutti sentiranno un desiderio spasmodico della sua parola, senza tuttavia poterlo più soddisfare, e nonostante la gente provi a vagare alla ricerca di Dio, egli non si farà trovare. È il castigo peggiore che (ci) possa capitare, il silenzio di Dio. Questo silenzio viene bene spiegato da santa Madre Teresa di Calcutta che, dal ’49 al giorno della sua morte, ha sperimentato “la notte oscura”. Madre Teresa la descriveva in questi termini: «C’è tanta contraddizione nella mia anima: un profondo anelito verso Dio, così profondo da far male, e una sofferenza continua, e con essa la sensazione di non essere amata da Dio, di essere rifiutata, vuota, senza fede, senza amore, senza zelo.. Il Cielo non significa nulla per me: mi sembra un luogo vuoto!». Sente una solitudine impressionante, che sembra far vacillare persino la sua fede: «Signore mio Dio, chi sono io perché Tu mi abbandoni? [...]. Chiamo, mi aggrappo, amo però nessuno mi risponde, nessuno a cui  afferrarmi, no, nessuno. Sola, dov’è la mia fede? Persino nel più profondo non c’è nulla, eccetto vuoto e oscurità, mio Dio». Ma non è il dubbio che la tormenta, bensì la desolazione della sua anima, simile al grido di Gesù sulla croce: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Se l’idolatria è il rifiuto di servire l’unico Signore, la storia rivelerà che tale crimine produce la schiavitù del cuore. Il Signore che rifiuta i sacrifici, rigetta le feste e non ascolta la preghiera, sembra contraddire l’immagine di Dio che ha promesso la sua presenza ai patriarchi e che si è legato al suo popolo con il vincolo dell’Alleanza. Un culto senza giustizia, senza carità è inutile, inefficace e mortifero. Ma Dio ha mandato il suo Figlio perché fosse la nostra luce. Così anche noi siamo chiamati a prestare attenzione alla nostra idolatria e alla nostra iniquità, alla nostra “notte oscura”, perché fungano da sentinelle alla nostra fede. Perché un giorno, come Madre Teresa, potremo affermare con certezza: «Ho iniziato ad amare la mia oscurità, perché adesso credo che essa sia una parte, una piccolissima parte, dell’oscurità e della sofferenza in cui Gesù visse sulla Terra. Gesù desiderava aiutarci condividendo la nostra vita, la nostra solitudine, la nostra agonia e morte. Tutto questo egli lo prese su se Stesso, e lo portò nella notte più scura. Solo essendo uno di noi ci poteva redimere».

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