
Santa Geltrude Magna (16 novembre)
Oggi la Chiesa gioisce per la festa, tra le tante, di due grandi figure: Margherita di Scozia e Geltrude “la grande”. La prima nacque in Ungheria nel 1046, dato che i genitori erano stati esiliati dall’Inghilterra, patria in cui in seguito poté tornare. Tuttavia la santità l’aspettava in Scozia, terra nella quale conobbe il futuro marito, re Malcolm III, che le diede otto figli. Margherita non si occupò solo dell’educazione cristiana di questi ultimi, ma anche di quella del popolo, assecondata dal marito che, totalmente analfabeta, imitava la fede della moglie come poteva, ad esempio baciandone i libri di devozione, dato che non sapeva leggerli. Morta nel 1093 a Edimburgo, fu canonizzata 156 anni dopo.
Della seconda festeggiata cosa sappiamo invece?
Geltrude, dal germanico “amica della lancia”, probabilmente nel senso di “combattente”, fu denominata “la grande” per distinguerla dalla dozzina di sante che portano questo nome, oltre che per la grandezza della sua anima. Nata nel 1256 ad Eisleben, cittadina divenuta famosa per aver dato in seguito i natali al riformatore Martin Lutero, a soli cinque anni fu affidata dai genitori al monastero cistercense di Helfta, in cui vent’anni dopo le successe qualcosa che le cambiò la vita: una sera, dopo aver celebrato Compieta, le apparve Gesù, che la rimproverava per l’eccessiva applicazione allo studio.
Perché mai avrebbe dovuto riprenderla per questa ragione?
Una risposta interessante ce la dà il celebre teologo e scrittore anglicano Clive Staples Lewis, famoso soprattutto per il ciclo di romanzi fantasy Le cronache di Narnia e per il libro Le lettere di Berlicche. Quest’ultimo, vero capolavoro in grado di mostrare come agisce il Nemico di Dio, è strutturato in trentuno lettere, che il demone Berlicche invia al nipote Malacoda, piccolo diavolo ancora apprendista. Nella quindicesima missiva lo istruisce con queste parole: «Il nostro lavoro è di allontanarli (gli uomini) sia dall’eterno sia dal presente. A questo fine talvolta tentiamo un essere umano (una vedova, ad esempio, o uno studioso) a vivere nel passato..». Ecco il punto!
Ovvero?
Lo studioso, come la vedova, rischia di vivere protesi nel passato, senza dare il giusto peso al presente, perché – tornando a Berlicche – «(Dio) desidera che .. (gli uomini) si occupino principalmente di due cose: dell’eternità stessa, e di quel punto del tempo che essi chiamano il presente. Il presente è infatti il punto nel quale il tempo tocca l’eternità». Gesù rimprovera in pratica a Geltrude di non preoccuparsi a sufficienza delle “cose di Dio”. Oggi però la ricordiamo addirittura come mistica: ricevette anche le stigmate invisibili e, soprattutto, ebbe diverse esperienze mistiche legate al ciclo liturgico. Seppe insomma vivere a pieno il tempo di Dio e la Storia della Salvezza!
Dunque passò dalla cultura alla devozione..
Proprio così, o meglio, seppe rimanere donna di grande cultura abbracciando al tempo stesso la devozione, soprattutto nei confronti dell’umanità di Cristo: «per la (mia) conversione ti offro, o Padre amantissimo – scrive nelle Rivelazioni dell’amore divino – tutta la passione del tuo dilettissimo Figlio a cominciare dal momento che, posato sopra la paglia nel presepio, emise il primo vagito e poi sopportò le necessità dell’infanzia, le privazioni dell’adolescenza, le sofferenze della gioventù fino a quando, chinata la testa, spirò sulla croce con un forte grido».
Quando morì?
Il 17 novembre del 1301 (o 1302) ad Helfta. Pur non essendo mai stata canonizzata ufficialmente, nel 1677 papa Innocenzo XV la inserì nel Martirologio Romano, mentre Clemente XII nel 1738 decretò la sua festa liturgica in tutta la Chiesa.
«O Dio, che ti sei preparato una degna dimora nel cuore di santa Geltrude vergine, rischiara le nostre tenebre, perché possiamo gustare la gioia della tua viva presenza nel nostro spirito» (Preghiera Colletta)
Recita
Giulia Tomassini, Cristian Messina
Musica di sottofondo
Arrangiamento musicale di Gabriele Fabbri