Il cielo e la terra nel racconto del presepe



Testo della catechesi
E’ notte. Il buon Dio ha già steso il cielo come tenda e ora lo adorna di ricami preziosi. Come un esercito fa uscire le sue stelle e ad una ad una le chiama per nome. Esse sono tante, luminose, chiare e belle. Da quando è sorto questo mondo non si sono mai stancate di comparire e occupare sempre gli stessi spazi. Per questa silenziosa fedeltà il buon Dio le ha rese degne di regolare le notti, i giorni, le settimane, i mesi e tutto il tempo.
Ma se vogliamo, c’è anche una promessa nascosta in queste luci. E’ la promessa di Dio ad Abramo, di una discendenza speciale, di un Messia per noi.
Al silenzio del cielo risponde ora la terra con le sue voci.
Il fiume che scorre lungo il paesaggio brullo e sassoso della Palestina lascia un mormorio naturale dolce. Lungo il suo letto troviamo accovacciata una donna in ritardo con la lavatura dei suoi panni e lì vicino un pescatore. Tutte le notti esce per riportare il cibo ai suoi bambini. Alle luci del cielo risponde il chiarore del fuoco. Esso è bello, giocoso e forte. Oltre a illuminare, esso riscalda e se vogliamo, tiene compagnia. Lo sanno bene i pastori che nelle notti continuano a pascere i loro greggi.
Di fuochi si accendono i paesi lontani e la grande città, Gerusalemme. Ecco in alta sul monte Sion il suo tempio grandioso, tempio che fu di Davide e di Salomone, tempio distrutto e ricostruito dopo la deportazione in Babilonia.
Esso ancora non sa che di nuovo sarà abbattuto e questa volta per sempre, prece Dio ha pensato per noi un nuovo tempio, lo realizzerà nel cuore di ogni uomo.
Vicino al tempio, la fortezza Antonia, torre di difesa per la città, costruita da Erode il Grande in onore del triunviro Antonio. Sempre Erode, tristemente conosciuto dai Vangeli per la strage degli innocenti, fece costruire un altro palazzo periferico e tranquillo. Lì trascorreva i suoi soggiorni, quando non pensava alla guerra e alle violenze. Probabilmente qui è stato condannato il nostro Signore Gesù Cristo.

Ma torniamo alla natura: il blu del cielo e il rosso del fuoco sembrano parlare oggi di passione. Ogni notte certamente ha il suo segreto ma questa notte ne nasconde uno speciale.
Sarà per quell’ammasso di stelle in cielo? Marte, Giove e Saturno così vicini capitano ogni ottocentocinque anni. Dicono i magi del tempo che quando si riuniscono tre pianeti avviene una nascita prodigiosa. Che sia quella delle antiche profezie?

Infatti secoli prima il profeta Michea così scriveva:”E tu Betlemme di Efrata, così piccola per essere fra i capoluoghi di Giuda, da te uscirà colui che deve essere il dominatore in Israele”.
Allora, coraggio, scendiamo a Betlemme…

Chi ci indica la strada? Ecco il pastore che ci indica la via. Quanta eleganza in questo uomo e quanta luce! Sembra toccato da una esperienza straordinaria. E ora si rivolge a noi, come per dire: “Volgete lo sguardo a ciò che indico e sarete illuminati!”.
A Betlemme una mangiatoia si accende di fuochi. Un bue e un asino si intravedono nella penombra come in un chiaroscuro del Caravaggio. Ci avviciniamo…
Con il dito alla bocca un piccolo angelo ci intima il silenzio. La scena che ci presenta è la più vera, la più semplice, la più bella di questo mondo: una donna che prende con delicatezza, apprensione e gioia il suo piccolo appena nato e intorno a questa scena una corona di uomini e di angeli silenziosi e attoniti.

Il più vicino a noi è certamente il papà, Giuseppe. Lo troviamo seduto con il bastone a terra e le due mani posate sullo stesso ginocchio. Ammira il suo bimbo e la sua sposa. Ormai con serena rassegnazione riconosce che nessuno dei due è suo: entrambi sono di Dio.
Tre pastori hanno trovato posto vicino a lui. Sono bellissimi i loro sguardi, tutti protesi verso la scena madre con il pastore più lontano che tende entrambe le mani in esclamazione totale di stupore e la mano destra sembra quasi voler toccare quel prodigio ma non lo fa. E’ lui il pastore stupefatto. La meraviglia infatti è sempre capace di rispettare l’oggetto che contempla e di riempire il cuore di tanta gioia e serenità. In piedi il pastore pellegrino, che indica il cammino della vita e in mezzo un pastore a mani giunte, indica la preghiera continua al Dio della vita.
Anche i Magi sono arrivati. Anche loro in atteggiamento di stupore quasi speculari ai tre pastori. Al pastore stupefatto si giustappone un re magio con atteggiamenti similari, prostrato a terra: è Baldassarre, che riprende così l’atteggiamento evangelico dell’umiltà. Mentre Gaspare, in piedi, già anticipa il destarsi della Risurrezione. Nessuno guarda l’altro ma tutti, pastori e magi, guardano al bimbo e alla sua madre.
“Guardate a lui e sarete raggianti!”.

Veramente c’è qualcuno che non guarda Gesù: sono i pastori alla nostra destra. Due di loro stanno giocando. Il gioco divenuto vizio, ha ormai appesantito i loro cuori e gli occhi dello spirito sono ormai stanchi di guardare in alto. Forse il terzo si accorge di qualcosa…Chissà…Chissà quale canto risuona tra gli angeli questa notte. Se anche i nostri cuori diventassero leggeri come quelli dei pastori alla grotta sono convinto che anche noi potremmo sentire quell’annuncio.

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Don Franco Mastrolonardo

Musica di sottofondo
J.S. Bach. Oratorio di Natale. Sinfonia. Diritti Creative Commons, musopen.org
A. Vivaldi. Gloria in excelsis Deo. Diritti Creative Commons

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