Esdra 9,5-9 con il commento di Serena Nicolò



Dal libro di Esdra
Esd 9,5-9 

Testo del brano
Io, Esdra, all’offerta della sera mi alzai dal mio stato di prostrazione e, con il vestito e il mantello laceri, caddi in ginocchio e stesi le mani al Signore, mio Dio, e dissi: «Mio Dio, sono confuso, ho vergogna di alzare la faccia verso di te, mio Dio, poiché le nostre iniquità si sono moltiplicate fin sopra la nostra testa; la nostra colpa è grande fino al cielo. Dai giorni dei nostri padri fino ad oggi noi siamo stati molto colpevoli, e per le nostre colpe noi, i nostri re, i nostri sacerdoti siamo stati messi in potere di re stranieri, in preda alla spada, alla prigionia, alla rapina, al disonore, come avviene oggi. Ma ora, per un po’ di tempo, il Signore, nostro Dio, ci ha fatto una grazia: di lasciarci un resto e darci un asilo nel suo luogo santo, e così il nostro Dio ha fatto brillare i nostri occhi e ci ha dato un po’ di sollievo nella nostra schiavitù. Infatti noi siamo schiavi; ma nella nostra schiavitù il nostro Dio non ci ha abbandonati: ci ha resi graditi ai re di Persia, per conservarci la vita ed erigere il tempio del nostro Dio e restaurare le sue rovine, e darci un riparo in Giuda e a Gerusalemme».

 

 

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
A.Gandhi. Dreamland. YouTubeStudios. Diritti Creative Commons

Meditazione
Serena Nicolò

Meditazione
Esdra si era dedicato con tutto il suo cuore a studiare la legge del Signore, e a praticarla, e a insegnarla. Era tornato da poco a Gerusalemme dall’esilio babilonese, e non era a conoscenza di tutto quello che succedeva in Giuda. I capi dei Giudei vennero da lui per raccontargli del fatto che, tanti israeliti, avevano peccato gravemente sposando donne pagane. Il matrimonio con non credenti è sempre stato vietato da Dio, ed è sempre stato un motivo d’inciampo per i credenti, senza un intervento speciale da parte del Signore. Esdra era profondamente amareggiato, afflitto e costernato da quanto gli avevano riportato: si raccolse in preghiera, restò prostrato, umile e penitente fin all’offerta della sera. E qui si rivolge a Dio, così, come egli è, privo di ogni dignità, con gli abiti lacerati, e si dichiara colpevole dinanzi al suo Signore. Il popolo ed Esdra sono una cosa sola, lui pur non avendo commesso il peccato se ne fa carico, riafferma l’unità del popolo di Dio e la comune responsabilità, la sofferenza condivisa. In questa scena, in cui immagino Esdra, umiliato e spogliato a braccia aperte che si rivolge al Signore, non posso non rivedere Gesù sulla croce, che si rivolge al Padre e dice «perdona loro perché non sanno quello che fanno» (Lc 23,34). Esdra, come Gesù si fa carico del peccato di tutti, non fa prediche, non addita nessuno, si inginocchia e pentito prega: è questa la vera comunione; ed il Signore, per la preghiera di uno, perdona tutto il suo popolo. Esdra poi, sottolinea e riconosce la bontà di Dio, che non li ha trattati come meritavano, ma li ha invece trattati con tanta benevolenza e misericordia. Esdra sa che Dio è veramente “il Signore della storia”. Lui la conduce come a Lui piace, secondo la sua volontà. Esdra riconosce che il ritorno in Giuda, a Gerusalemme, è grazia di Dio. Niente è per loro merito, tutto è per grazia del Signore, che ha ispirato i re persiani perché si potesse ricostruire “la casa di Dio”, intesa non come opera umana ma opera divina. Ecco che con l’umile preghiera, il riconoscimento della nostra umanità, del nostro peccato, della nostra pochezza, si prende consapevolezza della grande opera del Signore, ed il suo “soffio” fa brillare i nostri occhi e ci dona sollievo: Dio è fedele! La sua fedeltà ci solleva dalle nostre cadute e schiavitù, ci ripara dai nuovi attacchi, ci sorregge nel continuo impegno di rinnovare la nostra alleanza con Lui.

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