Gioele 1,13-15;2,1-2 con il commento di Luca Bastianelli



Dal libro del profeta Gioele
Gl 1,13-15;2,1-2 

Testo del brano
Cingete il cilicio e piangete, o sacerdoti, urlate, ministri dell’altare, venite, vegliate vestiti di sacco, ministri del mio Dio, perché priva d’offerta e libagione è la casa del vostro Dio. Proclamate un solenne digiuno, convocate una riunione sacra, radunate gli anziani e tutti gli abitanti della regione nella casa del Signore, vostro Dio, e gridate al Signore: «Ahimè, quel giorno! È infatti vicino il giorno del Signore e viene come una devastazione dall’Onnipotente». Suonate il corno in Sion e date l’allarme sul mio santo monte! Tremino tutti gli abitanti della regione perché viene il giorno del Signore, perché è vicino, giorno di tenebra e di oscurità, giorno di nube e di caligine. Come l’aurora, un popolo grande e forte si spande sui monti: come questo non ce n’è stato mai e non ce ne sarà dopo, per gli anni futuri, di età in età.

 

 

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
A.Gandhi. Twinkle in the Night. Raccolta audio di YouTube

Meditazione
Luca Bastianelli

Meditazione
Una delle caratteristiche del profeta Gioele, consiste nel fatto che egli parla del «giorno del Signore», che si sta per abbattere «come una devastazione dall’Onnipotente». E quali sono i segni che lo preannunciano? Una grande rovina sta flagellando Israele, causata da calamità naturali, un’invasione di cavallette e locuste (cfr. 1,4), e da calamità umane – una nazione potente «è venuta contro il mio paese» (1,6) –, che hanno lasciato dietro di sé solo desolazione e aridità, non solo nella terra, che non dà più i suoi frutti prelibati, ma anche nel cuore: «è venuta a mancare la gioia nei figli dell’uomo» (1,12). A questo punto viene spontaneo chiedersi: ma la devastazione non è già avvenuta? Perché il profeta parla del giorno del Signore come fosse una “calamità” ancora da venire? Ciò che dobbiamo davvero temere non sono le sofferenze e le difficoltà della vita, se esse ci scuotono dalla nostra ubriachezza esistenziale e dalla nostra siccità spirituale. Lo dice lo stesso Gioele: «svegliatevi, ubriachi, e piangete» (1,5); e ancora: «restate confusi.. alzate lamenti (1,11)». Siamo spesso carichi di impegni, cose e divertimenti che hanno un prezzo alto da pagare: il rischio è di perdere il senso di umanità. Ecco perché siamo sconvolti e disorientati quando la vita si mostra per quello che è: fragile e non propriamente nelle nostre mani, come è accaduto con la pandemia del Covid. Dopo ciò che è successo di tragico e inaspettato avevamo due strade: tornare alla vita di prima come se nulla fosse, oppure interrogarci, tutti, credenti e non credenti. Come sto vivendo la mia vita? Posso davvero contare sulle mie forze e basta? Posso salvarmi da solo? Domande benedette perché ci riportano alla nostra vera dimensione e a quella umiltà, così necessaria. Se da una parte queste domande ci spaventano, in realtà non dobbiamo averne paura, perché da qui nasce un cammino di conversione nel quale non siamo soli. Dio vuole la nostra salvezza e, per questo, ci ha donato tre alleati potenti: il suo figlio Gesù con la sua luce e la sua parola, lo Spirito Santo con la sua grazia e misericordia, Maria con la sua dolcezza e il suo cuore di madre. In verità noi non dobbiamo fare nulla, se non affidarci totalmente a loro. Il giorno del Signore quindi non deve intendersi come quello del giudizio e della condanna: sarà quello in cui Dio “farà i conti” con noi, e sulla bilancia metterà il suo grande amore per noi e le nostre deboli risposte, ma dalla stessa parte del piatto.

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