Giosuè: Introduzione



Introduzione al libro di Giosuè
«Dopo la morte di Mosè, servo del Signore, il Signore disse a Giosuè, figlio di Nun, aiutante di Mosè: “Mosè, mio servo, è morto. Ora, dunque, attraversa questo Giordano tu e tutto questo popolo, verso la terra che io do loro, agli Israeliti”..». Nel suo incipit c’è, in sintesi, tutto il sesto libro della Bibbia: il passaggio di consegne da Mosè a Giosuè, l’attraversamento del fiume Giordano e la “conquista” (in realtà dono) della terra promessa, tema centrale del testo, che narra appunto dell’ingresso nella terra di Canaan, per mostrare che tutto avvenne grazie alla fedeltà di Dio. Ciò che nei primi cinque libri del Pentateuco viene promesso, in quello seguente trova la sua realizzazione, al punto da far parlare alcuni esperti di Esateuco, letteralmente “sei astucci” (contenenti i libri). Se per il canone cristiano Giosuè è il primo dei libri storici, quello ebraico lo considera invece il primo dei Profeti anteriori, termine col quale si intendono i libri di Giosuè, quello dei Giudici, i due di Samuele (nella tradizione ebraica uno solo) e quelli dei Re. Questo ingresso nella terra – grosso modo databile intorno al 1230 a.C. –, ci dice però che essa non è mai “conquistata” una volta per tutte, ma è una meta cui tendere, qualcosa da ricercare in continuazione: insomma, Dio non è de-finibile, ingabbiabile nei nostri schemi mentali, spesso ottusi e bigotti! Ma chi è Giosuè? Definito dal libro del Siracide «valoroso in guerra.. grande per la salvezza degli eletti di Dio.. glorioso quando alzava le sue braccia», nato in Egitto – dunque facente parte della generazione liberata da Mosè – , è figlio di Nun e appartiene alla tribù di Efraim. Nel caso di Giosuè vale più che mai la celebre locuzione latina nomen omen, cioè “il nome è un presagio, un destino”, dato che etimologicamente significa “Jhwh salva”. Egli però si chiamava originariamente Osea, fu infatti Mosè a cambiargli il nome in Giosuè (Nm 13,16), cambio che dice il suo nuovo destino, appunto. I personaggi biblici che hanno portato questo nome sono tuttavia diversi, ma è col Nuovo Testamento che, per gli ebrei di lingua greca, il nome “Giosuè” diventerà “Gesù”. A questo punto l’accostamento tra i due diventa evidente: dopo che gli esiliati hanno camminato per quarant’anni nel deserto, sotto la guida di Mosè, Dio affida a Giosuè il compito di farli entrare nella terra promessa, ma per questo è necessario l’attraversamento del Giordano.. sarà proprio da quel fiume che Gesù, facendosi battezzare da Giovanni, inaugurerà il suo ministero pubblico, dopo aver trascorso quaranta giorni nel deserto. Per tali ragioni la tradizione cristiana vedrà in Giosuè la figura di Gesù. Val la pena, però, soffermarsi sulla simbologia di quel passaggio del fiume, descritta in una scena straordinaria: le acque furono fermate proprio mentre i sacerdoti, che portavano l’arca camminando davanti a tutti, vi immersero i piedi. E ciò esattamente quarant’anni dopo l’attraversamento del «mare dei giunchi», che la tradizione chiamerà Mar Rosso: questi due attraversamenti diventano simbolicamente uno solo! Per quanto riguarda la struttura del testo, esso è sostanzialmente divisibile in due parti: la conquista di Canaan (capp. 2-12) e il modo in cui le indicazioni di Mosè circa la terra ebbero luogo (capp. 13-21). Ad esse si aggiungono un prologo (cap. 1) e un epilogo, comprendente l’ultimo discorso di Giosuè e la descrizione della grande assemblea di Sichem, località fondamentale almeno per due ragioni: prima di tutto perché è consacrata alla memoria dei patriarchi – lì, «presso la Quercia di Morè», il Signore promise ad Abramo di dargli quella terra (Gn 12,6-7) – , poi perché riveste un luogo centrale per la costituzione del popolo di Israele. Alcune tribù, che non avevano conosciuto l’Esodo, si unirono infatti a coloro che arrivavano dal deserto. Tornando alla conquista di Gerico – cittadina che oggi conta circa ventimila abitanti e famosa per due motivi, uno legato allo spazio e l’altro al tempo: è infatti la più bassa del pianeta (essendo situata a 250 metri sotto il livello del mare) ed è la città fortificata più antica del mondo (fondata nell’8000 a.C.) – va sottolineato come tale conquista sia ritmata da una serie di elementi liturgici: l’arca dell’alleanza, i sacerdoti, lo shofar (il celebre corno d’ariete), la sua durata di sette giorni (lasso di tempo in cui si svolgono le feste più solenni) e il discorso di Giosuè. Se i personaggi principali del libro sono diversi, l’attenzione non può non cadere su una figura “minore”, quella di Raab, prostituta di Gerico che, rischiando la propria vita, nasconde le spie inviate in città: Israele – paragonato spesso ad una prostituta per via dei suoi continui tradimenti – deve a lei il suo insediamento nella terra promessa! Tornando a Giosuè, un episodio a lui legato ha fatto versare fiumi di inchiostro e non solo: «Giosuè parlò al Signore e disse alla presenza d’Israele: “Férmati, sole, su Gàbaon, luna, sulla valle di Àialon”» (10,12). Perché questo passo è importante? Perché, assieme a quello del Qoèlet («Una generazione se ne va e un’altra arriva, ma la terra resta sempre la stessa», 1,4) ha dato vita nel corso della storia – sulla base di un approccio letteralista della Bibbia – alla celebre teoria geocentrica, famosa soprattutto grazie al “caso Galilei”, per cui sarebbe il sole a girare intorno alla terra e non viceversa. La redazione finale di questo libro, avvenuta intorno ai secoli VII-IV a.C., è attribuita all’opera del cosiddetto Deuteronomista, quella scuola cioè che ha rielaborato il tutto rileggendolo in chiave teologica. E di “riletture” del testo ne sono state fatte diverse nel tempo, come ci suggerisce il teologo Brunetto Salvarani che, parlando dell’albero di Joshua (nome ebraico di Giosuè), fu così chiamato dai primi mormoni giunti in America, paragonando in tal modo quel luogo alla terra promessa. A tale albero «pensarono gli U2 nel 1987 – sottolinea il teologo – per dare un luogo alla loro musica. Nacque così The Joshua Tree», quinto album della band irlandese che comprende alcuni tra i loro più celebri brani: da Where de Streets have no name a With or without you, da I Still haven’t found what I’m looking for a Bullet the blue sky.                       

 

 

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
Gabriele Fabbri

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