I Salmi: Introduzione



Introduzione al libro dei Salmi
La mattina del sabato santo, 31 marzo 1945, dalla sua cella del carcere nazista di Flossenbürg, il teologo luterano Dietrich Bonhoeffer, parlando dei salmi scriveva: «Se la Bibbia contiene un libro di preghiere, dobbiamo dedurre che la parola di Dio non è soltanto quella che egli vuole rivolgere a noi, ma è anche quella che egli vuole sentirsi rivolgere da noi». Pochi giorni dopo, all’alba del 9 aprile, fu impiccato su ordine di Hitler.. Composti prevalentemente tra il X e il III o II secolo a.C., la tradizione ebraica – richiamandosi all’introduzione del salmo 145 – li chiama Tehillîm, “Lodi”; gli altri salmi, infatti, sono di solito introdotti da shir (“canto”), tefillà (“preghiera”) e mizmòr (dal verbo zimmèr, “cantare accompagnandosi con uno strumento a corde”). È partendo da quest’ultimo termine che la versione della Bibbia greca, cosiddetta dei Settanta, ha tradotto con Psalterion o Psalmoi, dal verbo psállein, letteralmente “cantare al suono della cetra”. Si tratta di 150 composizioni poetiche – anche se alcuni manoscritti ne contengono una 151sima, riconosciuta come canonica solo dalle Chiese ortodosse – , almeno 73 delle quali attribuite al re Davide, che godeva della fama di poeta e musico; a lui si attribuiva inoltre l’organizzazione del culto e del canto liturgico. Nelle Bibbie attuali la numerazione dei salmi è uguale per i primi otto, poi, per via di una diversa suddivisione optata tra testo ebraico e testo greco diverge, per tornare ad essere unanime negli ultimi tre. Questo meraviglioso libro è stato suddiviso dai maestri del giudaismo in cinque raccolte (1-41; 42-72; 73-89; 90-106; 107-150), ognuna delle quali termina con una benedizione o dossologia, diventando in tal modo una sorta di Pentateuco della preghiera. Quanto al genere letterario, i salmi sono preghiere fissate in forma poetica e destinate al canto, ragion per cui non ha troppo senso leggerli: sarebbe come leggere il testo di una canzone anziché cantarla!?

E di generi letterari i salmi ne comprendono un’infinità, troviamo infatti i salmi sapienziali, quelli reali, messianici, penitenziali, didattici, lamentazioni individuali o comunitarie, inni (ad esempio cosmici, sui quali svetta il celebre Salmo 8: «O Signore, Signore nostro, quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra!»), e ancora.. salmi processionali, di stampo morale, di fiducia o ringraziamento, oppure d’implorazione o supplica (ad esempio di un innocente che si sente perseguitato), poi salmi profetici, invocazioni, celebrativi (ad esempio del re per la sua intronizzazione), escatologici (parola greca che rimanda agli “ultimi discorsi”, relativi cioè ai destini finali dell’umanità o del singolo individuo), di pellegrinaggio (come non impazzire di gioia, dopo aver camminato per giorni, forse mesi, per poi trovarsi nella Città Santa.. proprio davanti al Tempio, “sede” del Dio vivente!?). E ancora: salmi di riconoscenza per quanto operato dal Signore, oppure nostalgici, per quanto non è più.. salmi di lode, nuziali e alfabetici (ben nove), in cui ogni versetto è aperto da una parola ebraica che inizia con la corrispondente lettera dell’alfabeto in successione, artificio che serviva a favorirne la memorizzazione. Se infatti alcuni sono molto brevi – si pensi al più corto di tutti, il 117 (116): «Genti tutte, lodate il Signore, popoli tutti, cantate la sua lode, perché forte è il suo amore per noi e la fedeltà del Signore dura per sempre. Alleluia».. stop! – due salmi dopo ecco l’imponente 119 (118), il più lungo di tutti, con i suoi 176 versetti. Un’ulteriore distinzione afferisce infine i cosiddetti Salmi dell’Hallel (in ebraico “lode”), divisi in: Piccolo Hallel (145-150), caratterizzati dall’acclamazione Alleluia (“Lodate il Signore”); Hallel Egiziano (113-118), utilizzato nella liturgia delle maggiori feste ebraiche; e il Grande Hallel, il 136 (135), la solenne lode che la liturgia giudaica riserva alla celebrazione pasquale, unendolo al precedente salmo (dal versetto 4) in una sorta di grande Credo.

Chi è solito pregarli si sarà chiesto il perché il più delle volte compaiano con dei “titoli”, la cui funzione è informare circa il presunto autore (ad esempio “Di Davide”), la circostanza che ha generato il salmo (come “Quando [Davide] si finse pazzo in presenza di Abimèlec..”) e il modo di eseguirlo (ben 57  volte “per strumenti a corda”). Diventata preghiera liturgica del secondo Tempio di Gerusalemme, questa collezione di canti è stata anche e soprattutto la preghiera di Gesù, lui che li ha proclamati e cantati da ebreo praticante qual’era, singolarmente e assieme ai suoi discepoli (cfr. Mt 26,30); non solo, per parlare del Messia utilizzò il salmo 110 (Mt 22,41-46); sulla croce si rivolse al Padre con l’incipit del salmo 22: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (Mt 27,46) e, morendo, mormorò le parole del numero 31: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» (Lc 23,46). Gesù, affermava il celebre monaco Paolino Beltrame Quattrocchi, fu «Pontefice.. non solo tra gli uomini e il Padre, ma anche fra le due epoche della storia umana che in lui si fondono, il Cristo.. assume in prima persona il poema umano-divino dei salmi, e ne fa dono, arricchito della sua esperienza e della sua presenza, alla Chiesa che in lui vi trova, non meno d’Israele, la propria preghiera». L’utilizzo che, dopo Gesù ne fecero i primi cristiani, è sottolineato inoltre dal fatto che un terzo delle citazioni dell’Antico Testamento, adottate nel Nuovo, provengono proprio dal Salterio. Ecco allora che i salmi, nati nel seno d’Israele, vennero fatti propri dai cristiani, i quali li adottarono sia nella liturgia, sia – seppur sotto celate vesti – nella pietà popolare: la preghiera del Rosario nacque infatti, intorno all’anno mille, presso i monasteri d’Irlanda come variante “semplificata” del Salterio, per poi fissarsi nelle tre cinquantine di Ave Maria, con lo scopo di meditare i tre principali misteri (Gaudiosi, Dolorosi e Gloriosi) della vita di Gesù, a cui Giovanni Paolo II aggiunse quelli Luminosi. Tolti i cosiddetti salmi storici (78, 105, 106, ecc..), gli altri provengono proprio dalla pietà popolare, figli cioè di situazioni concrete. Dice a riguardo sant’Atanasio: «all’interno (del Salterio) sono rappresentati e ritratti i movimenti dell’anima umana in tutte le loro grandi varietà. È come un quadro in cui vedi te stesso.. (in cui) trovi dipinti.. le mutazioni (dell’anima), i suoi alti e bassi, le sue cadute e risalite..».

Insomma, nel Salterio trova spazio ogni nostro sentimento, compresi quelli che più ci scandalizzano e di cui si fanno portavoce i cosiddetti e terribili salmi imprecatori: ventuno salmi che contengono formule inascoltabili ai nostri moderni orecchi.. Prendiamo a titolo d’esempio il 137 (136), famoso, che inizia così: «Lungo i fiumi di Babilonia, là sedevamo e piangevamo ricordandoci di Sion. Ai salici di quella terra appendemmo le nostre cetre..», per poi concludersi con parole di tutt’altro genere: «Figlia di Babilonia devastatrice, beato chi ti renderà quanto ci hai fatto. Beato chi afferrerà i tuoi piccoli e li sfracellerà contro la pietra». Com’è possibile che un’espressione simile sia “Parola di Dio”?! «Questa meravigliosa e drammatica lamentazione degli ebrei esuli lungo i canali di Babilonia, dopo la distruzione di Gerusalemme del 586 a.C… – sottolineano il biblista Gianfranco Ravasi e il teologo e poeta David Maria Turoldo – (dice) l’amore viscerale per Sion, l’impossibilità di cantare e di suonare le melodie del Tempio..». Questa terribile maledizione è evidentemente imbevuta dell’antica legge biblica del taglione: come tu hai fatto ai bimbi ebrei, così si sfracellino sulle rupi i tuoi bambini.. Scena terribile e macabra, segno di una distorta visione di quel Dio biblico (vendicatore) cui, per il fatto di parteggiare “per i suoi”, si può chiedere anche questo.. Nella Bibbia in generale, e nei Salmi nella fattispecie, c’è tutto l’essere umano, compresi i suoi peggiori lati.. I salmi imprecatori, però (o le sue parti imprecatorie), la liturgia purtroppo li omette, temendo di turbare i più sensibili. Tuttavia sentimenti come l’odio per i nemici e il desiderio di vendetta, in Gesù vengono progressivamente trasfigurati e affidati alla giustizia del Padre. «Certamente – afferma infine la Bibbia TOB –, la pietà autentica sgorga dal cuore e non si nutre di clichés letterari. Ma il Salterio non ci dà preghiere bell’e fatte; ci offre preghiere da fare, ci suggerisce “canti nuovi”». È in fondo quanto si propone, pur con tutti i suoi limiti, lo spirito con cui è stata pensata e realizzata l’App di Pregaudio.. buona preghiera a tutti! 

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
Gabriele Fabbri

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