Il volto segreto di Qoèlet




Introduzione

Intanto ringrazio per l'invito perché sono per due motivi, uno perché sono contenta di essere tornata a Rimini, io vengo volentieri, sono già venuta un paio di volte, poi ci sono degli amici e insomma, sono molto contenta. E poi perché Qoèlet è un libro che a me piace molto, per cui sono contenta per l'invito doppiamente contenta. Poi detto questo, sono stata anche un po' in difficoltà nel preparare questa relazione, diciamo, perché caratteristiche storiche e letterarie e culturali del libro, cioè è un discorso che si può sviluppare in tanti modi, perché uno dei problemi del Qoèlet è che tutto è discusso, cioè non c'è niente di sicuro, ma insomma, il consenso tra gli studiosi a proposito del Qoèlet è proprio una cosa escatologica, cioè verrà forse prima della venuta del Messia, insomma, diciamo, l'adattazione, il contesto, la teologia, la struttura, cioè tutto è discusso, per cui qualunque cosa uno dica, vabbè, è una scelta, però tante altre strade insomma si sarebbero potute percorrere, no?

E proprio per questo motivo, insomma, di questa situazione un'altra difficoltà che ho incontrato riguardava proprio il fatto che da una parte non volevo fare un elenco solo di problemi, dice "questo non si sa, non si sa, non si sa, eccetera", che diventa anche un po' noioso diciamo, ora della fine. Ma dall'altra parte non volevo neanche far finta che tutto fosse proprio chiarissimo e insomma organizzato in maniera condivisa, ecco, quindi questo è un po' il problema. Quindi lo schema che trovate nella cartellina che è molto essenziale un po' dice la, insomma, che cosa ho scelto di fare.


Contesto storico-culturale

Allora, intanto partiamo dal contesto in cui il libro ha visto la luce, contesto storico-culturale. Allora, forse su questo c'è un certo consenso, cioè sembra che gli autori siano abbastanza d'accordo nell'ipotizzare che il libro sia stato scritto attorno al III secolo avanti Cristo a Gerusalemme. E il periodo, quel periodo è un periodo anche particolare. Intanto la Giudea, vabbè, non è più stata autonoma dopo l'esilio e quindi in questo periodo la Giudea era sotto l'occupazione dei Tolomei d'Egitto, quindi siamo in epoca ellenistica in particolare attorno al 301-323, questa è l'epoca dei Tolomei in Egitto, che sono discendenti di Alessandro Magno, insomma. E in questo periodo, almeno stando a quello che possiamo sapere, diciamo il paese, cioè la Giudea godeva di una certa pace, scusate. Pace anche, diciamo, dal libro non emergono situazioni di guerra, di difficoltà dovute, appunto, a questa situazione, no? Quindi pace e anche una certa un certo benessere economico per le classi alte, questo vabbè, va un po' da sé.

Quindi è vero che leggendo il libro non troviamo nessun tipo di riferimento storico, cioè il periodo dei Tolomei lo ricaviamo dal libro, ma non è che c'è scritto nel libro "siamo in questa epoca", no? Però non si parla neanche di una situazione che maturerà più avanti al tempo di Antioco IV Epifane, 175-164, la situazione in Giudea sarà molto più drammatica perché questo re cercherà di forzare, di costringere i Giudei a vivere alla maniera greca e questo poi porterà alla rivolta dei Maccabei, quindi porterà a una guerra civile. Allora, nel libro noi non troviamo in Qoèlet questa situazione di tensione che si trova in altri libri, ad esempio i libri dei Maccabei. E neanche si intravede nel libro chiaramente una certa divisione all'interno del popolo tra chi sosteneva la cultura ellenistica, l'educazione dei figli alle scuole ellenistiche, eccetera e chi invece era più legato alle tradizioni dei padri, diciamo così, alle tradizioni religiose. Un problema che appunto si troverà più avanti.

Quindi sostanzialmente, adesso io leggo una citazione di un autore Martin Hengel che diceva "L'opera, l'opera che è il Qoèlet è sorta nella Gerusalemme Tolemaica del III secolo e in una certa misura rispecchia lo spirito dell'illuminismo del primo periodo ellenistico. Va tuttavia sottolineato che Qoèlet ha rielaborato questi stimoli nuovi provenienti dall'esterno con la tradizionale dottrina sapienziale giudeo orientale che analizza con occhio critico con una originalità singolare creativa in un'opera unitaria." Fine della citazione.

Questo è un po' la tesi che io riprenderò alla fine, dialogo tra Qoèlet e la cultura del tempo, il tentativo di tradurre la fede dei padri tradizionali, eccetera, nel nuovo contesto che è, diciamo per il momento non polemico, poi diventerà veramente una, porterà una guerra civile.


Struttura letteraria

Allora, la struttura letteraria del libro. Il libro di Qoèlet usa molto la prima persona singolare: “io” compare 85 volte. È un discorso molto personale rispetto ad altri contesti sapienziali, quindi è sempre l’“io” che parla, ma a chi si rivolge? Si rivolge a un “tu” generico e poi a volte c’è un “voi” che può essere anche l’assemblea (“Qahal”), quindi il pubblico è un po’ ambiguo.

Una caratteristica di Qoèlet è la ripetizione frequente di alcune espressioni chiave. Ad esempio: “sotto il sole” ritorna 29 volte, “sotto il cielo” 3 volte, “vanità”, “profitto”, “fatica” sono vocaboli centrali. L’autore osserva la realtà umana, non discute molto della realtà del divino, ma guarda all’esperienza dell’uomo e di ciò che fa sulla terra.

Altra caratteristica importante sono le contraddizioni interne al libro, che hanno creato problemi sulla canonicità dell’opera. Ad esempio, si passa dal raccomandare la gioia come unico bene in 2,24, 3,12, ecc., a descrivere la gioia come “vanità e afflizione dello spirito” in 2,2 e 4,16. Così anche la figura della donna: in 7,26 viene dipinta come “più amara della morte”, mentre altrove è compagna per la vita.

Questa tensione si riverbera anche sulla struttura complessiva che molti studiosi faticano a ricostruire, tanto che alcuni pensano che il libro sia stato scritto a pezzi, e poi cucito da un editore finale, altri invece difendono l’unitarietà del libro.

Teologia e temi

Nel libro Qoèlet troviamo contrasti tra quello che dice il testo e le tradizioni precedenti, come la Torah. Ad esempio, il versetto “Segui pure le vie del tuo cuore e i desideri dei tuoi occhi. Sappi però che su tutto questo Dio ti convocherà in giudizio” sembra dare spazio al libero arbitrio, ma subito dopo sottolinea un giudizio divino su ciò che si compie. All’interno del libro queste contraddizioni sono numerose: la gioia è presentata sia come vanità e afflizione dello spirito, sia come unico vero bene; la donna viene descritta come “più amara della morte” in alcune parti, ma anche come compagna per la vita in altre.

Qoèlet non offre risposte definitive ma propone una riflessione personale e invita chi ascolta a un percorso di discernimento che rimane aperto. Il testo presenta la ricerca come tensione continua tra il vivere con saggezza, accettare il limite e la consapevolezza che la retribuzione divina o la giustizia non sono sempre evidenti nella vita terrena. Un altro elemento importante è il concetto di hebel: “vanità”, “soffio”, “vuoto”, che ritorna spesso come sintesi della condizione umana.

Il finale del libro invita a temere Dio e osservare i suoi comandamenti: “Temi Dio, osserva i suoi comandamenti, perché qui sta tutto l’uomo”. L’inizio e la fine si richiamano: Qoèlet viene presentato all’inizio come re sapiente e alla fine come sapiente che lavora per l’assemblea, non per sé; un percorso aperto che affida al lettore/discepolo la responsabilità di cercare ancora, dialogando con la tradizione e con il tempo presente.

Interpretazioni

Gli interpreti di Qoèlet si sono divisi principalmente in tre filosofie:

Qoèlet pessimista: Secondo questa visione, la morte cancella ogni conquista, la sapienza è impotente e Dio stesso rimane inconoscibile. L’unico elemento positivo resta il piacere, vissuto come fugace.
Qoèlet scettico: Tutto diventa relativo, nulla è certo, la gioia è riconosciuta solo come dono imprevedibile di Dio.
Qoèlet predicatore della gioia: Qui il tema centrale è la possibilità di cogliere un piacere puro e diretto come dono di Dio, indipendentemente dai risultati o dai meriti personali. La risposta di Qoèlet alle domande classiche della sapienza non è né la retribuzione né la moderazione, ma la speranza e la fede che donano gioia e apertura.
Queste letture diverse mostrano la complessità e la ricchezza del testo, che invita a superare facili pessimismo o ottimismo, proponendo una sapienza che abbraccia il limite umano, il dubbio e la gratitudine per ciò che è gratuito e sorprendente nella vita.

Conclusione

Nel finale del libro, dopo aver percorso le varie tematiche e contraddizioni, Qoèlet invita il lettore a “temere Dio e osservare i suoi comandamenti, perché qui sta tutto l’uomo”. Il testo mette quindi al centro la relazione personale e intima con Dio, ma non offre risposte preconfezionate: la responsabilità del senso e della ricerca passa al lettore. L’autore, che all’inizio viene presentato come re sapiente, alla fine appare come un saggio che lavora a vantaggio dell’assemblea, lasciando la questione aperta.

Il libro si chiude lasciando spazio alla domanda, all’inquietudine, ma anche alla possibilità di una gioia nuova e inaspettata, fondata sul continuo ricominciare alla luce della fede e della fragilità umana. La sapienza che emerge è una sapienza “in cammino”, che si costruisce nell’ascolto, nel confronto con la realtà concreta, nell’accettazione del limite e nel dialogo con Dio.

 

Donatella Scaiola

L’intervento di Donatella Scaiola alla Settimana Biblica di Rimini dedicata al Qohelet è stato uno dei più autorevoli e apprezzati per la capacità di unire competenza tecnica e sensibilità pastorale. Professoressa alla Pontificia Università Urbaniana e collaboratrice di riviste specializzate, Scaiola è nota per gli approfondimenti sui testi sapienziali dell’Antico Testamento.

Durante la conferenza, Scaiola ha proposto una lettura introduttiva del Qohelet, illustrandone le caratteristiche storiche e letterarie e offrendo molteplici chiavi interpretative:

Qohelet come “presidente dell’assemblea”, personaggio enigmatico che interroga il senso della vita in modo radicale, sconcertante e provocatorio.
Analisi della struttura e dei temi fondanti del libro, tra cui la ripetizione degli eventi, il concetto ebraico di hebel(vanità/vuoto), nonché la crisi della sapienza tradizionale.
Scaiola mostra come dalla visione disincantata di Qohelet nasca un'etica dell'accettazione dei limiti umani, che invita a non cedere né alla disperazione né a facili illusioni.
La sua introduzione ha contestualizzato il Qohelet come forza profetica e salutare: un libro che “ci scuote” e invita a lasciarsi sorprendere dalla realtà, smascherando routine e abitudini che rischiano di rendere la fede una consuetudine priva di autenticità.

In sintesi, Scaiola apre la Settimana Biblica con una riflessione sulla radicale attualità di Qohelet, sulle sue domande mai risolte e sul valore della sapienza che dialoga con il limite e la fragilità umana.

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