Formazione alla Missione di Evangelizzazione di strada e di spiaggia. 8^ Puntata.



Nel percorso di formazione all'evangelizzazione uno dei punti importanti che tocca un po' tutti è la nostra debolezza. Il titolo di questa catechesi è deboli e impotenti, dunque forti e fiduciosi. Chi fra di noi non si sente debole e impotente e quindi si sente pieno di paure oppure incapace? Queste due condizioni sono fondamentali, sentirsi incapaci e avere paura.
Dunque il primo punto di questa catechesi è tra poveri ci si capisce. Come dice Paolo, prima Corinzi 1, 25-29, perché la pazzia di Dio è più sapiente della sapienza degli uomini e la debolezza di Dio è più forte della forza degli uomini. Chi sono quelli che Dio ha chiamati? Dio non ha scelto uomini potenti, ha scelto gli umili, i deboli, ha scelto ciò che nel mondo è senza importanza e disprezzato per distruggere quelli che si credono forti. Così nessuno potrà vantarsi davanti a Dio. Quindi il primo punto è proprio quello, per raggiungere i poveri bisogna essere poveri.
Spesso le risposte sulla missione non viene da progetti pastorali eccellenti, fantastici, meravigliosi, ma ci sorprende lo Spirito Santo perché viene proprio dai piccoli, dai poveri, dagli analfabeti. Basta vedere come Maria sceglie i suoi servi, oppure le realtà che sono nate da ferite come la tossicodipendenza. Penso a Nuovi Orizzonti, al Cenacolo, a tante comunità, a Genestumere, come proprio la debolezza dell'uomo diventa la potenza di Dio. Sono fragili, deboli, poveri. Questi evangelizzatori vivono nella debolezza, ma proprio nella debolezza e nella povertà si manifesta la potenza di Dio.
Il Cardinale Danes del Belgio diversi anni fa diceva: il messaggero più piccolo, più povero, più peccatore porta un messaggio di gloria e di forza e di potenza. Quindi la certezza di essere figli di Dio è forse una debolezza, è sentirsi figli di Dio, quindi amati, amati e quindi testimoni della sua gloria. Quindi siamo entrati nell'era della santità dei poveri, dei piccoli. Basta guardare i giovani santi di quest'epoca. È proprio quella ferita come la samaritana che non contiene acqua, quella diventa sorgente zampillante per la vita eterna. E quindi dai poveri di salute anche una santità. E la povertà è veramente uno strumento della grazia di Dio.
La via del Vangelo non cerca di seppellirsi, richiede audacia gioiosa degli Apostoli. Giovanni Paolo II a Parigi nel 1980.
Il secondo punto di questa evangelizzazione è i segni della gloria, i segni della gloria di Dio. Andate in tutto il mondo e portate il messaggio del Vangelo a tutti gli uomini. La nuova evangelizzazione è accompagnata da segni e da prodigi. Le guarigioni, le liberazioni che il Signore conferma la vericità del Vangelo. Lui stesso lo dice, dice: annunziate il Regno di Dio, annunziate che il Regno di Dio è vicino, guarite i malati, risuscitate i morti, sanate le brose, scacciate i demoni.
E quindi bisogna che i carismi si manifestino. I carismi sono i raggi della gloria di Dio, quindi i segni della gloria di Dio. E questi segni bisogna che siano visibili. Quindi il secondo punto è proprio questo qui, come annunciare la parola e la parola viene confermata da segni, da segni che possono essere guarigioni, liberazioni, conversioni, ritorno all'amore. Sono tanti i miracoli che abbiamo visto. Iostesso nella mia vita ho sperimentato che proprio attraverso la sofferenza, la malattia, attraverso l'ictus. Sperimentato che proprio attraverso la sofferenza, la malattia, attraverso l'ictus che ho avuto, il Signore ha operato un miracolo, i prodigi, quindi non possiamo sottrarci a questo compito di annunciare la potenza di Dio nella nostra debolezza.
Terzo punto, l'evangelizzazione che provoca la sua manifestazione. Intanto il messaggio del Regno di Dio sarà annunciato in tutto il mondo. Tutti i popoli dovranno sentirlo e allora sarà la fine. Quindi nulla affretta tanto la venuta del Re in tutta la sua gloria quanto diffondere fin da ora il Regno di Dio nei cuori di tutti i popoli. Più Gesù Bambino, più offro Gesù Bambino, più in fretta arriverà il Gesù Re. E quindi l'evangelizzazione provoca la gloria di Dio.
Mi ricordo durante l'evangelizzazione di strada a Parigi ho detto a un giovane: "Se tu vedrai in chiesa stasera, incontrerai Dio." Ho lanciato una sfida e lui ha detto: "Va bene, se non incontro Dio, vengo poi da te." E allora durante l'evangelizzazione Danilo passa in mezzo ai giovani e si ferma proprio davanti a questo giovane con Gesù. E lui cade a terra, piange e ritrova Dio, ritrova la misericordia di Dio. Che bello, che bello evangelizzare davvero è la cosa più bella, più bella.
E concludo con questa citazione di Paolo VI:
- La Chiesa manda uomini poveri e generosi, liberati da ogni costrizione ma legati all'amore, pieni di fuoco e di immaginazione.
- Credono nello Spirito Santo, sono pronti a dare la vita.
- La Chiesa demanda ai piccoli, ai poveri, ai più lontani, a tutti.
- E come ci vanno, e come ci vanno, volentieri ci vanno.
E c'è Paolo VI. Come è bello, come è bello. A me.

Nel cammino di formazione all’evangelizzazione, c’è un punto che ci tocca tutti, prima o poi: la consapevolezza della nostra debolezza. Chi non si è mai sentito inadeguato, incapace, fragile, magari travolto dalla paura o bloccato dal senso di impotenza? Eppure proprio lì, in quel sentire che ci sembra un limite, inizia il vero cammino della fede.

 Il titolo di questa catechesi – Deboli e impotenti, dunque forti e fiduciosi – è una provocazione, ma anche una promessa. È un invito a guardare con occhi nuovi ciò che il mondo considera una sconfitta: la nostra povertà, la nostra fragilità, le nostre ferite. Perché è proprio lì che Dio si manifesta con più forza.
Come ci ricorda san Paolo nella prima lettera ai Corinzi, Dio ha scelto ciò che è debole, ciò che è disprezzato, per manifestare la sua potenza. E se vogliamo raggiungere i poveri, i lontani, gli affaticati, dobbiamo prima diventare povericon loro. Solo tra poveri ci si capisce davvero.

Evangelizzare non significa avere progetti perfetti o parole ben studiate. Significa lasciarsi sorprendere dallo Spirito Santo, che ama agire nei piccoli, nei fragili, in quelli che la società considera “nessuno”.

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