Zaccaria: Introduzione



Introduzione al libro del profeta Zaccaria
«Nell’ottavo mese dell’anno secondo di Dario, fu rivolta questa parola del Signore al profeta Zaccaria..», con questa precisa puntualizzazione inizia il penultimo libro dell’Antico Testamento, che porta il nome dell’omonimo profeta (letteralmente “Jhwh si è ricordato”), ma in realtà gli autori sono due, per alcuni studiosi forse tre, i quali sono vissuti a circa duecento anni di distanza. Com’è noto, è un fenomeno molto diffuso questo, all’interno della Bibbia. Proviamo allora a distinguere i due Zaccaria: il primo è autore dei primi otto capitoli, mentre il secondo dei restanti, fino al quattordicesimo. I biblisti che, come detto, scorgono un terzo Zaccaria, lo ritengono invece autore dei capitoli 12, 13 e 14. Il primo è contemporaneo del profeta Aggeo e, insieme a lui, vive il ritorno dall’esilio babilonese (siamo nel 520 circa a.C.), spronando il popolo alla ricostruzione dell’unità nazionale attorno al tempio di Gerusalemme. A questo Zaccaria – erroneamente confuso col martire menzionato dall’evangelista Matteo (23,35) –, forse membro di una famiglia sacerdotale, si attribuiscono otto testi, equivalenti a otto visioni, la cui predicazione avviene probabilmente dall’ottobre-novembre del 520 al novembre del 518, ovvero tre anni prima della dedicazione del nuovo tempio, avvenuta appunto nel 515 a.C. Questi otto capitoli-visioni sono una sorta di diario scritto in prima persona: «Io ebbi una visione di notte. Un uomo, in groppa a un cavallo rosso.. (1,8) Poi alzai gli occhi, ed ecco, vidi quattro corna.. (2,1) ..ed ecco un uomo con una fune in mano per misurare.. (2,5) Poi mi fece vedere il sommo sacerdote Giosuè.. e Satana era alla sua destra per accusarlo.. (3,1) (quindi) un candelabro tutto d’oro.. (4,2) Poi.. un rotolo che volava.. (5,1) (e ancora) un’efa (cioè l’unità di misura per materiali solidi, corrispondente a circa 45 litri) che avanza.. (5,6) (infine) quattro carri uscire in mezzo a due montagne e le montagne erano di bronzo (6,1)». Da questi accenni alle otto visioni, anche il meno esperto tra noi capisce che si tratta di un linguaggio apocalittico, che il nostro Zaccaria condivide coi profeti Gioele e Daniele, definiti da Gianfranco Ravasi come “(uomini) ubriachi di speranza”, che si sono riferiti anzitutto ai capitoli 38-39 e dal 40° al 48° del più celebre Ezechiele. Rivoltosi ai primi rimpatriati, tornati fiduciosi da Babilonia, ma subito scoraggiatisi per via di alcune difficoltà di integrazione (con gli ebrei che erano rimasti in patria), il primo Zaccaria utilizza un linguaggio molto ricco dal punto di vista simbolico, in cui la presenza di diversi angeli (dal greco “messaggeri”) segnala la vicinanza di Dio al suo popolo, in questa condizione precisa. Forse oggi non ci è chiesto di vedere “fisicamente” gli angeli, ma in un contesto storico-culturale assai differente da quello, siamo chiamati a tradurre tale “presenza”: chi sono i messaggeri attraverso i quali il Signore ci parla? Se avessimo orecchi più abituati ad ascoltare (prima di tutto ad ascoltarci!), forse lo sentiremmo.. Detto altrimenti: come interviene Dio nella nostra vita? In che modo e in quali circostanze precise si mostra? Se avessimo occhi più attenti e allenati (non solo, ma in primis al bello!), forse lo vedremmo.. Passiamo al secondo, o Deutero-Zaccaria, che nelle sue visioni universalistiche (rivolte cioè a tutti, dunque non più solo a Israele) presenta il Messia come pastore premuroso eppur disprezzato, come inviato del Signore, come il mite principe di pace, eppur trafitto. Matteo, Marco e Giovanni lo citeranno spesso, collegando tali profezie a Gesù, specialmente nella sua passione. Le visioni dei due Zaccaria a conti fatti si completano: se nel primo la centralità è posta sul tempio e la sua ricostruzione, nel secondo il focus si sposta sul Messia.. non è un caso se Gesù sarà condannato proprio a motivo della sua associazione col tempio: «“Lo abbiamo udito mentre diceva: – affermeranno i falsi testimoni del celebre processo-farsa – “Io distruggerò questo tempio, fatto da mani d’uomo, e in tre giorni ne costruirò un altro, non fatto da mani d’uomo”» (Mc 14,58). «In realtà – diceva san Giovanni Paolo II ai giovani di Tor Vergata, in quel memorabile sabato 19 agosto del 2000 – , è Gesù che cercate quando sognate la felicità; è Lui che vi aspetta quando niente vi soddisfa di quello che trovate; è Lui la bellezza che tanto vi attrae». Insomma, è Lui quel “tempio” che in un modo o nell’altro tentiamo di ricostruire; è Lui il solo “luogo” in grado di donarci quella pace che andiamo elemosinando ovunque, spesso senza rendercene conto..     

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
Gabriele Fabbri

Scarica la nostra App su