Aggeo 1,15b-2,9 con il commento di Iuri Belligotti



Dal libro del profeta Aggeo
Ag 1,15b-2,9 

Testo del brano
L’anno secondo del re Dario, il ventuno del settimo mese, per mezzo del profeta Aggèo fu rivolta questa parola del Signore: «Su, parla a Zorobabele, figlio di Sealtièl, governatore della Giudea, a Giosuè, figlio di Iosadàk, sommo sacerdote, e a tutto il resto del popolo, e chiedi: Chi rimane ancora tra voi che abbia visto questa casa nel suo primitivo splendore? Ma ora in quali condizioni voi la vedete? In confronto a quella, non è forse ridotta a un nulla ai vostri occhi? Ora, coraggio, Zorobabele – oracolo del Signore –, coraggio, Giosuè, figlio di Iosadàk, sommo sacerdote; coraggio, popolo tutto del paese – oracolo del Signore – e al lavoro, perché io sono con voi – oracolo del Signore degli eserciti –, secondo la parola dell’alleanza che ho stipulato con voi quando siete usciti dall’Egitto; il mio spirito sarà con voi, non temete. Dice infatti il Signore degli eserciti: Ancora un po’ di tempo e io scuoterò il cielo e la terra, il mare e la terraferma. Scuoterò tutte le genti e affluiranno le ricchezze di tutte le genti e io riempirò questa casa della mia gloria, dice il Signore degli eserciti. L’argento è mio e mio è l’oro, oracolo del Signore degli eserciti. La gloria futura di questa casa sarà più grande di quella di una volta, dice il Signore degli eserciti; in questo luogo porrò la pace». Oracolo del Signore degli eserciti.

 

 

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
A. Gandhi. Til Death Parts us. YouTubeStudios. Diritti Creative Commons

Meditazione
Iuri Belligotti

Meditazione
All’interno del breve testo de profeta Aggeo, annoverato fra i profeti minori, in particolare nel primo capitolo, ecco il tema della priorità, ovvero in quale scala di valori vanno considerate le richieste divine rispetto a tutto il resto e, nel dettaglio, la ricostruzione del tempio. L’elemento che caratterizza i primi versetti del secondo capitolo è la parola coraggio, ripetuta in più di un’occasione. Il profeta esorta il popolo al coraggio della fede, che non è l’esaltazione eroica di una impresa straordinaria, ma la certezza del superamento dello scoraggiamento, con la promessa contemporanea della presenza di Dio e del suo Spirito. L’Altissimo ha stabilito con il suo popolo un’alleanza, e i contorni di questo patto risultano essere il fondamento assicurativo del fatto che tutte le azioni dell’uomo, funzionali all’opera divina, non possono che avere successo. Dio vigila e provvede a fare sì che, soprattutto riguardo la ricostruzione del tempio, il popolo giunga al completamento dei suoi propositi. Concettualmente questo è il cuore della fede ebraica, la ricchezza invisibile della promessa divina a cui l’uomo si affida, e che trova nelle straordinarie vicende della storia ebraica la risposta e il mantenimento di quella promessa. Come è possibile oggi attualizzare e interpretare questo tema del coraggio? Questa domanda ne fa sorgere spontaneamente un’altra: chi è il cristiano di oggi? Ovviamente esiste più di una risposta e, per fornire la mia, farò riferimento ad alcune dichiarazioni di Papa Francesco che, sul tema del coraggio e della determinazione del cristiano, ha detto cose importanti. Il coraggio di avvicinare e amare il fratello, sempre e comunque; il coraggio della giustizia deterrente nei confronti dei prepotenti ed esaltatore degli oppressi; il coraggio di tutelare l’ambiente, manifestazione del creato; il coraggio dell’identità, in cui il sentirsi cristiano non si riduce semplicemente ad una appartenenza, ma implica il vivere una vita nella sequela di Cristo. Non siamo sul piano della retorica, Francesco ci propone una rivoluzione dell’essere in funzione di un luogo e di un tempo che è il “già e non ancora”, il raggiungimento di una pienezza che risulta tale nella misura in cui è distribuita a tutti. Poi ci sono gli esempi, quegli uomini che hanno incarnato totalmente la proposta coraggiosa di Cristo, fino alla croce, uomini che troppo facilmente dimentichiamo, anche all’interno della Chiesa, ma che continuano ad essere un chiaro e forte riferimento. «Per amore del mio popolo non tacerò» – attualizzando il grido del profeta Isaia (cfr. 62,1) –, sono le parole di don Giuseppe Diana, ucciso nella sacrestia della sua parrocchia da alcuni sicari della Camorra, che volevano silenziare questo megafono di denuncia sociale. Don Pino Puglisi, parroco palermitano del quartiere Brancaccio che toglieva i bambini dalla strada, privando Cosa Nostra della manovalanza necessaria ai loschi traffici: «venite fuori alla luce del sole», esortava i suoi carnefici ad un confronto civile, ma la civiltà non era di quel posto, tanto che i killer dei mandanti (i fratelli Graviano) gli sparano il giorno del suo cinquantaseiesimo compleanno. Fra i tanti che hanno combattuto contro le mafie per una giustizia sociale ricordo anche Peppino Impastato, nato e cresciuto in una famiglia “legata”, anche se non direttamente alla mafia, che, rifiutando e combattendo quel tipo di logica, viene fatto letteralmente a pezzi. Ci troviamo di fronte a straordinari esempi di uomini che hanno incarnato questo ruolo di eroi inconsapevoli, cioè di persone che, pur conoscendo il loro futuro, in virtù della loro fede o delle loro idee lo hanno affrontato con la consapevolezza di quel coraggio che può essere declinato in varie forme, ma che trova la sua ragion d’essere sempre nello spendersi per gli altri. 

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