Aggeo: Introduzione



Introduzione al libro del profeta Aggeo 
«L’anno secondo del re Dario, il primo giorno del sesto mese, questa parola del Signore fu rivolta per mezzo del profeta Aggeo a Zorobabele.. governatore della Giudea, e a Giosuè.. sommo sacerdote». Così inizia il libro di Aggeo, in ebraico Haggai, 10° tra i cosiddetti profeti minori, festeggiato dalla Chiesa Cattolica il 16 dicembre, che lo ritiene “protettore delle case e delle strade”, anche se l’etimologia, incerta, sembra rimandi ad hag, “feste”, oppure a hug, “circolo”. Per capire di chi stiamo parlando occorre prima di tutto collocare questo profeta avvalendoci della suddivisione più importante, quella che permette di contestualizzare la vita, e quindi l’opera, di Aggeo: è un profeta postesilico. Se della sua persona sappiamo ben poco, tuttavia abbiamo la possibilità di collocarne il ministero con esattezza: tra la fine di agosto e il dicembre del 520 a.C. È il testo stesso a farci conoscere queste date, il libro è infatti strutturato in quattro discorsi, ognuno dei quali pronunciato in una data precisa: se il 29 agosto invita il popolo a considerare la situazione sociale, dovuta all’incuria della «casa del Signore», il 17 ottobre annuncerà la gloria del tempio nuovo; il 18 dicembre prometterà prosperità, a patto che si comprenda che l’impurità non è qualcosa che riguarda unicamente il luogo di culto, ma raggiunge l’intero popolo! Lo stesso giorno Aggeo pronuncia infine un oracolo al già citato governatore Zorobabele. Ma qual è il focus del suo profetare? Premesso che il profeta non è tanto colui che prevede il futuro, ma colui che parla “a nome di Dio”, rivolgendosi in special modo – anche se non solo – ai suoi contemporanei, la sua profezia inerisce una problematica particolare, che parte dall’editto di Ciro, re di Persia, che nel 538 a.C. dà la possibilità ai deportati a Babilonia di ritornare in patria. Il rimpatrio, avvenuto verosimilmente a scaglioni, pone una prima domanda: come riedificare il tempio, distrutto nel 597 a.C. dal babilonese Nabucodonosor? Dopo un primo tentativo di ricostruirlo, nel 537, i pochi mezzi a disposizione, nonché i bastoni fra le ruote messi dai samaritani, costringeranno i primi rimpatriati a cessare i lavori. Anche se Aggeo è definito “profeta del tempio”, in realtà il tema centrale del suo libro è un altro: la parola di Dio. È quest’ultima che chiama il profeta, che lo aiuta a discernere quanto sta accadendo (a leggere «i segni dei tempi», dirà Gesù qualche secolo più tardi), che permette di trovare il senso teologico del riedificare il tempio stesso. Una riedificazione che non riguarda ovviamente una preoccupazione edilizia, bensì comunitaria: è il popolo di Dio a dover essere “ricostruito”, e tal fine serve anche il tempio, nonché la sua ricostruzione fisica. Chiediamoci allora: le nostre chiese sono oggi luoghi adeguati alla Parola, permettono cioè di celebrare in modo chiaro, bello ed evidente quanto il nostro Dio ha da dirci? La disposizione delle “aule liturgiche”, per usare una definizione non troppo amata dai più conservatori, sembra proprio dirci di no, nonostante i passi avanti compiuti dal Concilio Vaticano II ad oggi. L’ambone, solo per fare un esempio chiaro, è ancora troppo poco valorizzato, ma questo è l’inevitabile frutto della nostra incapacità di ascoltare e di celebrare la parola, in primis quella umana! Cogliamo quindi lo spróne di Aggeo e facciamolo nostro: tiriamoci su le maniche e, sulle orme di Francesco, ripariamo quella Chiesa che, per quanto a volte brutta e scalcinata, non di rado difficile da capire, o per quanto spesso ci faccia arrabbiare, è pur sempre la nostra casa e la nostra mamma, quel grembo al quale il Signore ha sussurrato, e chiesto di “venire alla luce”. Ci attende una grande e meravigliosa ristrutturazione, su!             

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
Gabriele Fabbri

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