Aggeo 1,1-8 con il commento di Iuri Belligotti



Dal libro del profeta Aggeo
Ag 1,1-8 

Testo del brano
L’anno secondo del re Dario, il primo giorno del sesto mese, questa parola del Signore fu rivolta per mezzo del profeta Aggeo a Zorobabele, figlio di Sealtièl, governatore della Giudea, e a Giosuè, figlio di Iosadàk, sommo sacerdote. «Così parla il Signore degli eserciti: Questo popolo dice: “Non è ancora venuto il tempo di ricostruire la casa del Signore!”». Allora fu rivolta per mezzo del profeta Aggeo questa parola del Signore: «Vi sembra questo il tempo di abitare tranquilli nelle vostre case ben coperte, mentre questa casa è ancora in rovina? Ora, così dice il Signore degli eserciti: Riflettete bene sul vostro comportamento! Avete seminato molto, ma avete raccolto poco; avete mangiato, ma non da togliervi la fame; avete bevuto, ma non fino a inebriarvi; vi siete vestiti, ma non vi siete riscaldati; l’operaio ha avuto il salario, ma per metterlo in un sacchetto forato. Così dice il Signore degli eserciti: Riflettete bene sul vostro comportamento! Salite sul monte, portate legname, ricostruite la mia casa. In essa mi compiacerò e manifesterò la mia gloria, dice il Signore».

 

 

 

 

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
A. Gandhi. Til Death parts us. YouTubeStudios. Diritti Creative Commons

Meditazione
Iuri Belligotti

Meditazione
Aggeo, uno dei profeti meno conosciuti dell’Antico Testamento, si colloca tra i profeti “minori” e svolge la sua attività in un tempo in cui l’esilio in Babilonia era da poco terminato, attorno al 520 a.C. Il cuore della sua predicazione è incentrato sul tema della priorità, la necessità di svolgere quelle opere che agli occhi di Dio sono importanti, fondamentali e che superano le banalità del vivere quotidiano con i suoi egoismi e superficialità. La glorificazione di Dio passa attraverso una rapida e decisa ricostruzione del tempio, che prescinda dalle opposizioni politiche del tempo e dalla negligenza di un popolo che si sta adeguando a un vivere abitudinario, privo di slanci spirituali. Da un punto di vista strettamente teologico, l’interpretazione di questo testo suggerisce alcuni passaggi che rendono esplicito il significato di un testo antico come quello di Aggeo. Esiste nell’uomo di ogni tempo un vizio antropologico, l’egocentrismo in cui l’Io è predominante, al centro di tutto, nelle relazioni, nella famiglia, nel lavoro, perfino nel dolore. Tale elemento, mancante di ogni tentativo di virtù, attraversa tutta la storia umana ed è in questo particolare che il profeta richiama il suo popolo ad una conversione spirituale che ponga Dio al centro e, quindi, la ricostruzione del tempio in una dimensione teocentrica, è necessario collocare l’Altissimo nel punto focale della nostra vita, e tutto deve muoversi in una armonia perfetta attorno a Lui. Manca un passaggio, l’ultimo, quello che permette di identificare il Nuovo Testamento come il completamento e il compimento dell’Antico. Per cercare di rendere chiaro questo avanzamento teologico utilizzerò un testo contemporaneo. Sfidando l’ortodossia del contesto, mi rendo conto in maniera ardita, ma spero esplicita. Dice Niccolò Fabi in Io, tratto dall’album Ecco

«Non sarà mica l’ego l’unico nemico vero di questo universo?
Non sarà certo questo piccolo pronome il centro di ogni discorso? (x 2)

No, no, no, no, no..

Io che mi sveglio la mattina presto, io
Io che lavoro sempre tutto il giorno, io
Io sono quello che è nei miei panni
Io sono quello che ogni volta paga i danni
Io solo soffro io solo sono stanco
Io solo cerco di calmare il tuo tormento
Io che mia madre non mi ha mai capito
Io che mio padre non l’ho mai stimato
Ma Io, io, io.. (Rit.)

Tu non capisci la mia situazione
Tu non rispetti la mia condizione
Tu non ti sforzi non mi incoraggi
Non accompagni mai nessuno dei miei viaggi
Io non mi sento mai gratificato
Io non mi sento mai realizzato
Io sono sempre pronto a perdonare
Io sono sempre pronto a rinunciare
Ma Io, io, io.. (Rit.)

No, non è il mestiere mio
Assomigliare a Dio
Per quanto bella sia l’idea
Sì, si chiama egomania
La nuova malattia
Di questa società dell’io, io, io..».

Il testo di questo bravissimo cantautore italiano è un’introspezione sull’individualismo e una riflessione sull’egocentrismo imperante, rimanda con grande attualità a quel vizio antropologico citato in precedenza, l’io al centro di tutto. Viviamo l’epoca di tutti gli “ismi” possibili, dal particolarismo all’egoismo, tempo in cui termini come fraternità, comunità, solidarietà risultano vuoti, incomprensibili, privi di significato. Quindi ecco il terzo passaggio teologico: il Cristocentrismo. Dall’uomo completamente concentrato su di sé al luogo in cui Dio è al centro di tutto, le cui estremizzazioni sono più che visibili nelle teocrazie del nostro tempo (parlo di quei paesi in cui il potere politico e giudiziario è direttamente collegato a quello religioso), ad una dimensione in cui Cristo è il cuore pulsante delle nostre vite, e del nostro agire. La capacità di vedere il Risorto negli occhi del nostro fratello, nell’altro, in ogni altro, ci renderà possibile il superamento di quell’egomania che poi, altro non è che la grande limitazione di vivere una vita piena, in cui la misericordia diventa la cifra del nostro agire.

 

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