Proverbi: Introduzione



Introduzione al libro dei Proverbi
«Proverbi di Salomone, figlio di Davide, re d’Israele..» (Pr 1,1). Con queste parole si apre il libro dei Proverbi, un incipit che ci consegna già qualche importante indicazione. “Di Salomone”: le 6915 parole che compongono il testo sono attribuite al sapiente per eccellenza che, discutibile per tante ragioni, aveva tuttavia buone capacità letterarie e di governo, oltre ad essere stato l’autore di diverse sentenze. Alla sua mano vengono in particolare riconosciute due collezioni che compongono il libro, la seconda e la quinta. Con Salomone si ha inoltre un grande dialogo ecumenico con le diverse culture circostanti Israele, è infatti durante la sua reggenza che le opere letterarie degli altri popoli vengono portate a Gerusalemme e rielaborate. Da tale incontro nascerà la letteratura sapienziale ebraica, che abbraccia un orizzonte molto ampio e sul quale domina la figura di Salomone, “il sapiente”. Con “figlio di Davide” e “re d’Israele” si vuole invece sottolineare che la sapienza ha un’origine regale, ma, si badi bene, il “re d’Israele” per eccellenza è e rimane il Signore. Ma cosa si intende esattamente con la parola proverbi? Quella italiana traduce l’ebraica mashàl, letteralmente “paragone”, che però ha un’estensione molto vasta, indica infatti anche la parabola, il detto, la poesia, l’allegoria, la satira, l’aforisma, la sentenza e il quadretto di costume. Si tratta di un procedimento letterario che propone due idee, due immagini antitetiche o complementari. La lingua latina distingue tra quod (“perché, infatti”), ovvero il proverbio-evento, che ci fa immaginare una cosa, un’immagine sintetica, insomma una constatazione, e cur (“perché”), che mira invece a trovare una spiegazione a tale constatazione. Con questa tecnica del parallelismo si vogliono ottenere diversi risultati, soprattutto – in un’epoca caratterizzata ancora dalla trasmissione orale – la facilità di apprendimento attraverso il suono delle parole. Altra tecnica presente nel libro è quella del contrappunto: i Proverbi ci mostrano diversi contraddittori, e questo perché la realtà stessa lo è! Compito principale del proverbio è in ogni caso quello di raccontare l’intera realtà in un piccolo frammento. Di cosa parla con precisione questo libro? Tutto il materiale eterogeneo, sorta di collezione di collezioni, è stato raccolto nel corso di cinque secoli circa (dal X al V) per poi acquisire la sua forma definitiva nel III secolo a.C. Il testo si apre con un’introduzione generale (1,2-7) che suggerisce come comportarsi nelle diverse circostanze della vita, per poi strutturarsi in nove collezioni: la prima (1,8-9,18) è un’esortazione da parte del padre-educatore; la seconda (10,1-22,16) prevede 376 sentenze sulla vita morale; la terza invece (22,17-24,22) comprende, tra altri elementi, una satira sull’ubriachezza; la quarta (24,23-34) è un ritratto dell’uomo pigro; la quinta poi (25-29) è costituita da 127  sentenze; seguita (30,1-14) dai “detti di Agur”, un saggio non appartenente al popolo d’Israele; la settima collezione (30,15-33) è formata da un insieme di proverbi numerici; la penultima (31,1-9) è costituita dalle “parole di Lemuel”, altro saggio straniero; chiude le collezioni il celebre poema della “donna di carattere”, la “donna sapiente” (31,10-31), specie di ritratto della Sapienza stessa. Lo scopo del libro è in primis pedagogico, educativo, sottolinea infatti la necessità che ogni essere umano ha di una guida – urgenza più vera che mai in un’epoca come la nostra, caratterizzata dal fluire caotico dell’informazione senza senso! – , necessità di qualcuno che possa consigliarci di fronte agli snodi della vita. La paternità e la maternità spirituale andrebbero forse maggiormente coltivate, soprattutto oggi.. Domandiamoci allora: ci sono ancora preti disposti ad accompagnare la marea di laici dis-orientati? E perché no, ci sono laici capaci e chiamati ad essere guida di altri laici? Il primo vero pedagogo però resta sempre il Signore, di cui la guida spirituale deve essere il volto incarnato. Tornando al concetto di sapienza, il libro dei Proverbi ce ne mostra l’evoluzione a vari livelli: il primo step la dipinge come l’abilità pratica, il secondo invece come un codice morale permeato di giustizia, equilibrio e rettitudine. Su questo gradino vengono contrapposte le figure dello stolto e del saggio. Il terzo step è costituito quindi da norme dettate dalla sapienza stessa, personificata, la quale esprime direttamente il pensiero di Dio. Ma l’intero libro è pervaso da una condizione indispensabile per diventare sapienti: il timore di Dio, che non è paura, bensì fondamento di ogni atteggiamento religioso autentico. Proverbi è permeato però anche da altri atteggiamenti, ad esempio l’ironia e l’autoironia, quel sarcasmo pungente – fatto di cattiverie che purtroppo dipingono la realtà per com’è – che spesso deprezza la donna. Ma perché? Come può un testo che è “Parola di Dio” arrivare a ciò? Perché la Bibbia è “Parola di Dio” espressa in “parole umane” e, quindi, riflette condizioni sociologiche, ma anche geografiche, psicologiche, culturali ed antropologiche di tutti i tipi. La misoginia che serpeggia qua e là nei testi biblici è figlia sì di “quel contesto socio-culturale”, ma che ha forse le sue radici nella paura nei confronti del “sesso debole”, probabilmente perché è invece il “sesso forte”. Paura che si è manifestata in tante epoche ed autori diversi, su tutti Oscar Wilde: «Dio creò la donna per ultima – afferma – perché non voleva consigli..»; «È superfluo vendicarsi di una donna – prosegue – , ci pensa già il tempo»; e così via. Donna che, per i motivi citati, è talvolta identificata con la tentazione, soprattutto se è straniera. In tal caso però la sottolineatura è teologica: “straniera” nella Bibbia è sinonimo di prostituta sacra, non dunque icona del peccato sessuale, bensì teologico, appunto. In altri termini: cedendo alla donna straniera si cede agli idoli dei quali essa si fa portatrice. A tale descrizione negativa della donna fa da contraltare il capitolo 31simo, quello che chiude il libro, un elogio alla donna perfetta costruito su un inno acrostico alfabetico, formato cioè da versetti le cui prime parole cominciano con una lettera diversa dell’alfabeto ebraico, dall’Alef alla Tau, dalla A alla Z. La sapienza è inoltre contrapposta alla stupidità, viene esaltato cioè l’intelligente, nel senso etimologico però, da intus legere, colui che sa “leggere dentro”: le situazioni.. le persone.. la vita! E questo è possibile perché Proverbi attinge dall’esperienza, dalla tradizione, dalla riflessione e, soprattutto, dalla Rivelazione: c’è insomma la convinzione che all’interno di ogni situazione della vita risuoni la voce di Dio.               

Recita
Cristian Messina

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Gabriele Fabbri

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