La Parola di Dio che combatte l'ira (Ascolto "pneumaterapeutico" con sottofondo di Chopin)



Testo della preghiera

Proverbi 26, 21
Mantice per il carbone e legna per il fuoco, tale è l'attaccabrighe per attizzare le liti.

Salmo 37, 8-9
Desisti dall'ira e deponi lo sdegno, non irritarti: non ne verrebbe che male; perché i malvagi saranno eliminati, ma chi spera nel Signore avrà in eredità la terra.

Salmo 86,15-16
Ma tu, Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all'ira e ricco di amore e di fedeltà, volgiti a me e abbi pietà: dona al tuo servo la tua forza, salva il figlio della tua serva.

Isaia 42, 1-4
Ecco il mio servo che io sostengo,
il mio eletto di cui mi compiaccio.
Ho posto il mio spirito su di lui;
egli porterà il diritto alle nazioni.
 Non griderà né alzerà il tono,
non farà udire in piazza la sua voce,
 non spezzerà una canna incrinata,
non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta;
proclamerà il diritto con verità.
 Non verrà meno e non si abbatterà,
finché non avrà stabilito il diritto sulla terra,
e le isole attendono il suo insegnamento. 

Vangelo di Matteo 5,5
Beati i miti, perché avranno in eredità la terra.
 
Vangelo di Matteo 5,22
Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: «Stupido», dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: «Pazzo», sarà destinato al fuoco della Geènna.”

Vangelo di Matteo 11,28-30
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero.

Vangelo di Matteo 11,29
 Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita.

Vangelo di Luca 6,27
Ma a voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano.

Lettera di san Paolo ai Galati 5,22 
Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé.

Seconda lettera di san Paolo ai Corinzi 13,11
Per il resto, fratelli, siate gioiosi, tendete alla perfezione, fatevi coraggio a vicenda, abbiate gli stessi sentimenti, vivete in pace e il Dio dell'amore e della pace sarà con voi.

Lettera di san Paolo agli Efesini 4,26-27
Adiratevi, ma non peccate; non tramonti il sole sopra la vostra ira, e non date spazio al diavolo.

Lettera di san Paolo agli Efesini 4,31
Scompaiano da voi ogni asprezza, sdegno, ira, grida e maldicenze con ogni sorta di malignità.

Lettera di san Paolo ai Colossesi 3,8
Ora invece gettate via anche voi tutte queste cose: ira, animosità, cattiveria, insulti e discorsi osceni, che escono dalla vostra bocca.

Lettera di san Paolo ai Colossesi 3,12-13
Scelti da Dio, santi e amati, rivestitevi dunque di sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di magnanimità,13sopportandovi a vicenda e perdonandovi gli uni gli altri, se qualcuno avesse di che lamentarsi nei riguardi di un altro. Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi.

Prima lettera di san Paolo a Timoteo 6,11
Ma tu, uomo di Dio, evita queste cose; tendi invece alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza.

Seconda lettera di san Paolo a Timoteo 2,24-26
Un servo del Signore non deve essere litigioso, ma mite con tutti, capace di insegnare, paziente, 25dolce nel rimproverare quelli che gli si mettono contro, nella speranza che Dio conceda loro di convertirsi, perché riconoscano la verità26e rientrino in se stessi, liberandosi dal laccio del diavolo, che li tiene prigionieri perché facciano la sua volontà.

Prima lettera di san Pietro 2,19–23
Questa è grazia: subire afflizioni, soffrendo ingiustamente a causa della conoscenza di Dio; che gloria sarebbe, infatti, sopportare di essere percossi quando si è colpevoli? Ma se, facendo il bene, sopporterete con pazienza la sofferenza, ciò sarà gradito davanti a Dio. A questo infatti siete stati chiamati, perché
anche Cristo patì per voi,
lasciandovi un esempio,
perché ne seguiate le orme:
 egli non commise peccato
e non si trovò inganno sulla sua bocca;
23insultato, non rispondeva con insulti,
maltrattato, non minacciava vendetta,
ma si affidava a colui
che giudica con giustizia.

Lettera di san Giacomo 1, 19-20
Lo sapete, fratelli miei carissimi: ognuno sia pronto ad ascoltare, lento a parlare e lento all'ira.20Infatti l'ira dell'uomo non compie ciò che è giusto davanti a Dio.

 

Recita
Vittoria Salvatori

Musica di sottofondo
F. Chopin. Piano Concerto no. 1 in E minor, Op. 11 - II. Romanze – Larghetto (String Quintet arr.) Zuzana Šimurdová. Diritti Creative Commons



Cos'è l'ira?
L’ira e una passione furente e con facilità fa uscir di senno quelli che hanno la conoscenza, imbestialisce l’anima e degrada l’intero consorzio umano. Un vento impetuoso non piegherà la torre e l’animosità non trascina via l’anima mansueta. L’acqua è mossa dalla violenza dei venti e l’iracondo è agitato dai pensieri dissennati. Il monaco iracondo vede qualcuno e arrota i denti. La diffusione della nebbia condensa l’aria e il moto dell’ira annebbia la mente dell’iracondo. La nube procedendo offusca il sole e così il pensiero rancoroso ottunde la mente. Il leone in gabbia scuote continuamente i cardini come il violento nella cella (quando è assalito) dal pensiero dell’ira. È deliziosa la vista di un mare tranquillo, ma non è certo più dilettosa di uno stato di pace: infatti i delfini nuotano nel mare in bonaccia e i pensieri volti a Dio si immergono in uno stato di serenità. Il monaco magnanimo è una fonte tranquilla, gradevole bevanda offerta a tutti, mentre la mente dell’iracondo è continuamente agitata ed egli non darà l’acqua all’assetato e, se gliela darà, sarà intorbidata e nociva; gli occhi dell’animoso sono sconvolti e iniettati di sangue e annunziano un cuore in tumulto. Il volto del magnanimo mostra assennatezza e gli occhi benigni sono rivolti verso il basso. (Da: Evagrio Pontico, Antirrhetikos gli otto Spiriti malvagi)

La mansuetudine dell’uomo è ricordata da Dio e l’anima mite diviene il tempio dello Spirito Santo. Cristo reclina il capo in spirito mite e solo la mente pacifica diviene dimora della Santa Trinità. Le volpi allignano nell’anima rancorosa e le fiere si appiattano nel cuore sconvolto. Fugge l’uomo onesto l’alloggio malfamato, e Dio un cuore rancoroso. Una pietra che cade in acqua la agita, come un cattivo discorso il cuore dell’uomo. Allontana dalla tua anima i pensieri dell’ira e non bivacchi l’animosità nel recinto del tuo cuore e non lo turbi nel momento della preghiera: infatti come il fumo della paglia offusca la vista così la mente è turbata dal livore durante la preghiera. I pensieri dell’animoso sono prole di vipera e divorano il cuore che li ha generati. La sua preghiera è un incenso abominevole ed il salmodiare dà un suono sgradevole. Il dono del rancoroso è come un’offerta che brulica di formiche e di certo non si avvicinerà agli altari aspersi di acqua lustrale. L’animoso avrà sogni turbati e l’iracondo si immaginerà assalti di belve. L’uomo magnanimo ha la visione di consessi di santi angeli e colui che non porta rancore si esercita con discorsi spirituali e nella notte riceve la soluzione dei misteri. (Da Evagrio Pontico, Antirrhetikos gli otto Spiriti malvagi)

Riflessioni e omelie
Gualtiero Sigismondi, Vescovo di Foligno
“Perdonare – scrive Luigi Alici nell’opuscolo dal titolo L’angelo della gratitudine – non è chiudere gli occhi dinanzi al male: non si perdona perché si dimentica, si dimentica perché si perdona”. La prassi del perdono non è una debolezza complice, anche perché chi lo concede deve essere munito di una grande forza spirituale, di una intensa vigilanza sulle proprie passioni, di una severa disciplina nei confronti della propria aggressività, perché “l’ira dell’uomo non compie ciò che è giusto davanti a Dio” (Gc 1,20). Il vizio capitale dell’ira ha il sopravvento là dove il cuore è incapace di cercare e di trovare le chiavi del perdono. Una cosa è sfogarsi appassionatamente per mostrare lo sdegno contro l’ingiustizia e la violenza, altra cosa è covare un rancore cieco e furibondo. E tuttavia, qualora ci si adiri anche per una causa giusta, è necessario deporre l’ira, smaltirla in giornata, perché non si trasformi da impulso in vizio, da indignazione in aggressione vendicativa, e non degeneri in vero e proprio astio.  

“Non tramonti il sole sopra la vostra ira e non date spazio al diavolo” (Ef 4,26-27): se il sole tramonta sull’ira, l’aurora viene svegliata dal rancore, che erompe dalle viscere senza freni. Se la suscettibilità è, per così dire, uno dei sintomi dell’ira, la sua causa scatenante è il “folle orgoglio”. Secondo l’autore della lettera agli Efesini per liberarsi dal potere dell’ira occorre vivere nella benevolenza, nella misericordia e nel perdono reciproci (cf. Ef 4,31-32). Edificante, al riguardo, è la raccomandazione di Evagrio Pontico, uno dei più grandi Padri del deserto, vissuto nel IV secolo: “Allontana dalla tua anima i pensieri dell’ira e non bivacchi l’animosità nel recinto del tuo cuore”. L’ostinazione dell’iracondo costituisce un terreno fertile per l’azione del diavolo, che, coerentemente all’etimo del suo nome, tende a disgregare, distruggere, dissipare e disperdere. Solo rinunciando alla vendetta si evita di favorire il maligno, di fargli spazio.  

Disarmante, per semplicità e prudenza, è quanto insegna Doroteo di Gaza, eremita vissuto nel VI secolo, sulla necessità di incolpare se stessi quando si incorre “in qualunque contrarietà”. “Forse qualcuno mi obietterà: ‘Perché dovrebbe incolparsi chi, standosene in tutta tranquillità, viene insultato dal fratello che sopraggiunge con qualche parola offensiva e infamante e, non potendola sopportare, si ritiene in diritto di adirarsi e protestare? Poiché se quello non fosse giunto e non avesse parlato e non avesse dato fastidio, egli non avrebbe peccato’. La scusa è certamente ridicola e non poggia su un ragionevole fondamento. Non è stato certamente per il fatto che gli sia stata detta qualche parola che è ribollita in lui la passione dell’ira, ma piuttosto quelle parole hanno svelato la passione che già si portava dentro (…). Perciò se vuole ottenere misericordia, faccia penitenza, si purifichi, cerchi di migliorare, e vedrà che a quel fratello invece di un oltraggio doveva piuttosto rivolgere un ringraziamento essendo stato messo da lui in un’occasione di progresso spirituale”. 

La fiamma dell’ira, alimentata dal vento dell’orgoglio, inaridisce il cuore. Quanto questo sia vero lo insegna la lex orandi, che domanda al Signore di irrigare i deserti dell’anima: “Ascolta, o Padre santo, la preghiera degli umili. Dona un linguaggio mite, che non conosca i fremiti dell’orgoglio e dell’ira. Donaci occhi limpidi, che vincano le torbide suggestioni del male. Donaci un cuore puro, fedele nel servizio, ardente nella lode”. In questo tempo santo, “proteso alla gioia pasquale”, la Liturgia delle Ore invoca il Signore, “Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione” (2Cor 1,3), chiedendogli di liberarci non solo dai “fremiti dell’ira” ma anche “dall’ira del giudizio”: “Ricorda che ci plasmasti col soffio del tuo Spirito: siam tua vigna, tuo popolo e opera delle tue mani. Perdona i nostri errori, sana le nostre ferite, guidaci con la tua grazia alla vittoria pasquale”.  



Don Carlo Nardi
Ma la capacità di «sdegnarsi» a volte è sacrosanta….. Ira del Dio della Bibbia che ode il grido e conosce l'ira dei poveri, si direbbe con Paolo VI a quasi quarant'anni dalla «Populorum progressio», già commentata da La Pira. Perché un rischio c'è: quello di non domandarci più il senso di quelle ire e, semmai, misurarle con le nostre rabbie. E il rischio mi pare direttamente proporzionale al tempo passato, perso? , davanti alla televisione, è d'obbligo la perdita della capacità psicologica di sdegnarsi. Pena l'ipocondria. O arrabbiarsi solo se l'ingiustizia la subisco io nella mia vita, cose, idee, valori. Se la subiscono altri, poco importa.
A proposito, «ira di Dio» anche in Paolo, peraltro ingoiata dalla sua grazia sovrabbondante, ma perché con quell'ira è misteriosamente connessa la morte del Figlio. Forse anche nel nostro modo di dire «è costato l'ira di Dio» riecheggia la drammaticità sconcertante tra ira e misericordia nella Pasqua di Cristo, per un grazie d'essere liberati dall'ira, trepidanti per non ritrovarsi tra «quelli che muoion nell'ira di Dio», in parole povere «in peccato mortale» nell'ora in cui ... «più panico o meno uccelli».

Padre Giuseppe Badami S.J.
Mitezza non significa subire, ma significa fermezza e chiarezza: “Se ho parlato male, dimostrami dov’è il male; ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?”(Gv 18, 23). ………. Chi è mite ama e ama anche se stesso. Il mite accetta se stesso, accetta di essere vecchio, accetta di essere malato. Accetta i propri limiti, i propri difetti, i propri peccati come debito da pagare alla natura fragile e miserabile. Noi che seguiamo Gesù Cristo condanniamo e combattiamo il nostro peccato, ma non condanniamo noi stessi e pentiti ci affidiamo alla misericordia di Dio. Il mite condanna i peccati degli altri, ma non condanna il peccatore, anzi lo ama e cerca di aiutarlo. Il mite è anche pieno di umiltà: sa bene che non c'è peccato che gli altri commettono che non possa essere da lui commesso e ringrazia Dio per non averlo ancora commesso.

 

 

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