Rut 1,1.3-6.14b-16.22 con il commento di Caterina Vanni



Dal libro di Rut
Rt 1,1.3-6.14b-16.22 

Testo del brano
Al tempo dei giudici, ci fu nel paese una carestia e un uomo, chiamato Elimèlec, con la moglie Noemi e i suoi due figli emigrò da Betlemme di Giuda nei campi di Moab. Poi Elimèlec, marito di Noemi, morì ed essa rimase con i suoi due figli. Questi sposarono donne moabite: una si chiamava Orpa e l’altra Rut. Abitarono in quel luogo per dieci anni. Poi morirono anche Maclon e Chilion, [figli di Noemi,] e la donna rimase senza i suoi due figli e senza il marito. Allora intraprese il cammino di ritorno dai campi di Moab con le sue nuore, perché nei campi di Moab aveva sentito dire che il Signore aveva visitato il suo popolo, dandogli pane. Orpa si accomiatò con un bacio da sua suocera, Rut invece non si staccò da lei. Noemi le disse: «Ecco, tua cognata è tornata dalla sua gente e dal suo dio; torna indietro anche tu, come tua cognata». Ma Rut replicò: «Non insistere con me che ti abbandoni e torni indietro senza di te, perché dove andrai tu, andrò anch’io, e dove ti fermerai, mi fermerò; il tuo popolo sarà il mio popolo e il tuo Dio sarà il mio Dio». Così dunque tornò Noemi con Rut, la moabita, sua nuora, venuta dai campi di Moab. Esse arrivarono a Betlemme quando si cominciava a mietere l’orzo.

 

 

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
A.Fulero. Beseeched. YouTubeStudios. Diritti Creative Commons

Meditazione
Caterina Vanni

Meditazione
Mi colpisce la protagonista di questo brano. Dal testo la figura che emerge è Rut, una donna umile, fedele, santa: io voglio essere come Rut, è una tosta! Ma poi l’ho riletto più attentamente e questo brano non parla di Rut e neanche la esalta, ma parla di Noemi. In poche righe e in modo spaventosamente semplice e snello, viene raccontata la vita intera di una donna: i suoi dolori, le sue battaglie, l’amore e l’amicizia. Al centro di tutto c’è lei, i suoi rapporti, la sua famiglia e le sue sfide. Beh, io vorrei essere Rut, ma la realtà è che sono molto più vicina a Noemi. Quanto capisco la paura di allontanarsi dalla propria casa, la solitudine e il bisogno di cambiare. Mi sento così quando penso alle mie piccole sfide quotidiane, alle fatiche che faccio, alle prove che il Signore mi propone e che non capisco. Mi sento stanca e abbandonata. Allora mollo, mi perdo o meglio Lo perdo. Come Noemi provo a resistere, ma poi cedo, scappo e ho bisogno di cercarlo altrove. Perché sì, io spesso Lo perdo e non come Noemi, lei ha resistito dieci anni in un luogo che non era casa sua, senza suo marito. Io mollo molto prima, ogni giorno. Ogni giorno mi arrabbio per ciò che non va come vorrei io, ogni giorno maledico le opportunità che il Signore mi dà e mi perdo. Da sola, lontana da Lui. E allora riparto, ci provo, e vado a cercarlo. E, come Noemi, riparto per luoghi più fortunati, dove è più semplice vederlo e incontrarlo. È vero che il Signore è ovunque, ma io non lo vedo sempre e allora riparto. Un po’ più stanca e sempre un po’ arrabbiata, ma certa di rincontrarlo.

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