Abacuc 1,12-2,4 con il commento di Cristina Bianchi



Dal libro del profeta Abacuc
Ab 1,12-2,4

Testo del brano
Non sei tu fin da principio, Signore, il mio Dio, il mio Santo? Noi non moriremo! Signore, tu lo hai scelto per far giustizia, l’hai reso forte, o Roccia, per punire. Tu dagli occhi così puri che non puoi vedere il male e non puoi guardare l’oppressione, perché, vedendo i perfidi, taci, mentre il malvagio ingoia chi è più giusto di lui? Tu tratti gli uomini come pesci del mare, come animali che strisciano e non hanno padrone. Egli li prende tutti all’amo, li pesca a strascico, li raccoglie nella rete, e contento ne gode. Perciò offre sacrifici alle sue sciàbiche e brucia incenso alle sue reti, perché, grazie a loro, la sua parte è abbondante e il suo cibo succulento. Continuerà dunque a sguainare la spada e a massacrare le nazioni senza pietà? Mi metterò di sentinella, in piedi sulla fortezza, a spiare, per vedere che cosa mi dirà, che cosa risponderà ai miei lamenti. Il Signore rispose e mi disse: «Scrivi la visione e incidila bene sulle tavolette, perché la si legga speditamente. È una visione che attesta un termine, parla di una scadenza e non mentisce; se indugia, attendila, perché certo verrà e non tarderà. Ecco, soccombe colui che non ha l’animo retto, mentre il giusto vivrà per la sua fede».

 

 

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
Libreria suoni di Garage Band
Meditazione
Cristina Bianchi

Meditazione
La liturgia di oggi ci propone un brano di Abacuc, autore sacro annoverato tra i profeti minori (in relazione all’estensione dei suoi scritti), una voce sconosciuta ai più, una voce marginale, forse, di cui neanche io conoscevo la portata, ma un uomo capace di vivere appieno le domande del suo tempo. Di fronte al male, alle ingiustizie, alla sopraffazione dei potenti sui deboli, l’umanità sofferente alza un grido e Abacuc si fa portavoce delle grandi domande del suo popolo, di fronte all’evidenza dei fatti: “Perché il male?”, “Perché sembra prevalere colui che pratica l’iniquità su chi invece persegue la giustizia, la verità, la bontà?”. E’ la grande domanda che gli uomini da sempre elevano al cielo. Il cuore dell’uomo è fatto per cose grandi e non si arrende, non si adatta alla logica della violenza; l’uomo giusto, che segue il Signore, sebbene si riconosca peccatore, desidera ardentemente che la legge dell’amore si possa già sperimentare qui, ora, sulla terra. Ma la realtà si dimostra lontana da questo sogno. A chi non è capitato, di fronte alle tristi notizie che riguardano la parte più debole dell’umanità, le guerre, le ingiustizie, lo sfruttamento della nostra casa comune, ma anche di fronte al peccato che sentiamo a volte crescere dentro di noi, e che ci porta a fare il male con le nostre parole, intenzioni o scelte, di alzare lo sguardo verso il cielo e chiedere a Dio “Dove sei?”, “Perché accade tutto questo?”. Mi colpisce l’attualità di questa Parola, scritta ventisette secoli fa.. Ci fa scoprire che questo piccolo profeta, in realtà sia un grande, un uomo capace di parlare direttamente con Dio senza mezzi termini o giri di parole. Emerge tutta l’amicizia, la confidenza, la fiducia che Abacuc mantiene nei confronti di Dio, nonostante tutto. Di quel Dio che pare stia a guardare impassibile la triste sorte delle sue creature.. Ma, come si fa con un vero amico, Abacuc condivide la sua sofferenza, la sua delusione, la sua amarezza, che è poi quella di tutto il suo popolo, in modo semplice, quasi ingenuo, chiedendo a Dio una risposta, un segno, una conferma. Abacuc è disposto a salire in piedi sulla fortezza per “spiare” Dio di fronte ai suoi lamenti. Il cuore del profeta ripone tutta la sua fiducia in Dio e se anche Dio non si degnasse di rispondergli, sarebbe disposto a scrutare, a decifrare, addirittura a spiare la risposta di Dio, l’unica cosa importante per la sua vita. Ma, forse in seguito a tanta insistenza, la risposta di Dio non si fa attendere oltre. Dio chiede al profeta di scriverla, di inciderla sulla tavoletta affinché tutti gli uomini possano leggerla speditamente. Dio parla di una visione che attesta un termine, una scadenza certa, una verità senza confini: «Il giusto vivrà per la sua fede». Dio conferma l’uomo a seguire con fedeltà la legge dell’amore, nonostante tutto, ad alzare lo sguardo verso di Lui nel momento della sofferenza e della prova. Dio è fedele alla sua promessa e, di fronte alla dimenticanza dell’uomo, lo invita a scrivere nel suo cuore la certezza che la propria vita non finirà. Questo brano ci insegna ad avere fede in Dio, una fede semplice, sicura; con le parole del profeta, Dio ci chiede di mantenere lo sguardo sempre fisso su di Lui e di condividere tutte le nostre richieste, attese, delusioni, ansie e paure, confidando sempre nel suo amore. Ci invita a non smettere mai di chiedere e di cercarlo, anche quando ci sembra lontano e il nostro cuore è arido come il deserto. Ma che con la sua grazia fiorirà.

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