Abacuc: Introduzione



Introduzione al libro del profeta Abacuc
Abacuc, la cui etimologia è incerta – per alcuni deriva infatti dal nome di una pianta da giardino, la cassia, per altri invece dall’ebraico “colui che abbraccia” o “colui che lotta” – è un profeta di cui sappiamo poco, dato che il libro che porta il suo nome non ci dice nulla di lui, almeno di importante. L’informazione più esplicita che lo riguarda, la sua visita al profeta Daniele, è infatti leggendaria quanto suggestiva: «Si trovava allora in Giudea il profeta Abacuc, il quale aveva fatto una minestra e aveva spezzettato il pane in un recipiente e ora andava a portarli nel campo ai mietitori. L’angelo del Signore gli disse: “Porta questo cibo a Daniele a Babilonia nella fossa dei leoni.. Allora l’angelo del Signore lo prese per la cima della testa e sollevandolo per i capelli lo portò a Babilonia, sull’orlo della fossa dei leoni..» (Dn 14,33-42). È l’ottavo dei dodici profeti cosiddetti “minori” (per via dell’estensione dei loro scritti), assieme ad Osèa, Amos, Gioèle, Abdìa, Giona, Michèa, Naum, Sofonìa, Aggèo, Zaccarìa e Malachìa, nomi che ai più dicono forse poco o nulla, compreso il nostro Abacuc, ovviamente. Nella Bibbia ebraica è compreso tra i Neviìm Acharonìm, cioè i Profeti Posteriori, gli ebrei distinguono infatti tra “anteriori” e “posteriori” in base alla loro collocazione cronologica, e non, come alcuni pensano, in riferimento all’esilio babilonese. La Bibbia cattolica però segue un altro principio.. perché? Occorre fare un passo indietro: i primi cristiani facevano riferimento alla versione della cosiddetta Settanta, la traduzione cioè dell’Antico Testamento da parte degli ebrei di lingua greca, affermatasi poi in Occidente attraverso la traduzione latina realizzata da san Girolamo, la Vulgata; e la Settanta decise di seguire un altro interessante principio ordinatore, mettendo nell’ordine: i cinque libri “di Mosè”, ovvero il Pentateuco; il libri storici; quindi quelli didattici; infine tutti quelli dei Profeti.. come a dire che la storia non è ancora giunta al suo finale, che pertanto rimane aperto, in attesa del suo compimento! Ma torniamo ad Abacuc, che probabilmente esercita il suo ministero verso il VII secolo a.C., dunque all’epoca di Geremìa, Sofonìa e Naum, un periodo tormentato, caratterizzato dal tramonto della potenza assira e dall’alba di quella babilonese. Periodo che richiede una rilettura della storia, e del piano divino su di essa. È ciò che fa Abacuc, interpretando quanto avvenuto, verificando quando sta avvenendo, e riferendo quanto avverrà. Non si tratta tuttavia solo di “prevedere il futuro”, cosa che può accadere, certo, quanto piuttosto di parlare “a nome di Dio”, interpretando la sua presenza nella storia. Chi sono allora – potremmo e dovremmo chiederci – i profeti dei nostri tempi? Quali voci ascoltare? Quelle che ci dicono che va tutto bene? O forse l’opposto? Nell’Antico Testamento chi prediceva il crollo della monarchia regnante era considerato un “falso” profeta! Ma Abacuc non esita ad attaccare sia il sovrano dei Caldei (o Babilonesi), cioè il nemico “esterno”, sia il re di Giuda (probabilmente Ioiakìm), ovvero il nemico “interno”. È una regola valida ancora oggi? Lasciamo la risposta a figure autorevoli e torniamo al nostro Abacuc, che non si limita a biasimare i regnanti terreni, ma si appella perfino a Dio, e contro Dio stesso, la cui azione nella storia è diventata ai suoi occhi incomprensibile. Quante volte ci capita almeno di pensarlo: «Cosa sta accadendo, Signore? Perché lo hai causato o, perché permetti tutto ciò?». La risposta si nasconde probabilmente nella parola fedeltà: se la nostra è “ballerina”, una banderuola in balìa degli e-venti, la Sua no, non cambia, nonostante il mutare degli eventi, che spesso ci appaiono incomprensibili. In mezzo al movimento ondivago della storia, ecco allora Abacuc ergersi a sentinella: colui che dall’alto della fortezza contempla il progetto divino sull’uomo, e a quest’ultimo lo comunica. Il profeta si pone cioè in relazione con Dio, in un dialogo fatto di domanda e risposta. Non è forse, almeno in parte, l’atteggiamento della preghiera? Abacuc ci dice allora che l’importante è rimanere fedeli alla fedeltà di Dio, in quella condizione filiale in cui nulla, anche il più sconcertante degli avvenimenti storici, può farci dubitare del suo amore per noi.        

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
Gabriele Fabbri

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