Naum: Introduzione



Introduzione al libro del profeta Naum
«Oracolo su Ninive. Libro della visione di Naum da Elkos». Nell’incipit di questo libro c’è già tanto del nostro profeta e del suo messaggio: abbreviazione dell’ebraico Nachum-Jah, Naum significa “Jhwh ha consolato”, egli è dunque “il consolato”, “il confortato”, quindi colui che può e ha la responsabilità di consolare. Quello che viene annoverato come settimo tra i dodici profeti detti “minori” (Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, Michea, Naum appunto, Abacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria e Malachia) possiede un nome originalissimo nel panorama biblico: solo lui nella Sacra Scrittura porta infatti questo nome. Compare un Naum nella genealogia di Gesù proposta dall’evangelista Luca, ma è difficile dire con precisione di chi si tratti. 

Tornando all’incipit, la prima parola che incontriamo è “oracolo”, cioè un responso divino espresso per mezzo di un indovino, un sacerdote, un veggente o un profeta nel nostro caso, teso a prevedere eventi futuri. Ma quale previsione sta facendo Naum? E a chi? Per capirlo dobbiamo addentrarci nel periodo storico – molto discusso tra gli studiosi – in cui egli vive: originario del villaggio di Elkos (situato in Giudea o Galilea, non lo sappiamo), probabilmente svolse il suo ministero tra il 663 e il 612 a.C., sotto i regni di Manasse, Amon e Giosìa. A quel tempo la città di Ninive (all’incirca l’attuale Mosul, in Iraq), capitale dell’Assiria, era una superpotenza, capace di ammaliare chiunque per ricchezza, fascino, ma anche crudeltà. Pochi anni prima aveva deportato gli ebrei del settentrione (tra il 722 e il 721 a.C.) e poi sottoposto a sudditanza quelli del meridione, proprio sotto il re Manasse, chiaramente filoassiro. Ecco allora che, nel momento in cui la superpotenza con capitale Ninive inizia a dare i primi segni di cedimento nei confronti di Medi e soprattutto Babilonesi, Naum si rivolge immaginariamente agli Assiri come a dir loro: «Ricorda, anche le potenze del passato sono cadute.. tu farai la stessa fine!» (cfr. 3,8-11).

Il libro, formato da un totale di appena 47 versetti, è strutturato grossomodo in tre parti: dopo il già citato incipit, sorta di titolo, troviamo un salmo sulla giustizia di Jhwh (1,2-8); cui segue una serie di oracoli di speranza per Giuda alternati ad altri che trattano invece la rovina di Ninive (1,9-2,3); per concludersi con una descrizione circa la caduta della capitale assira (2,4-3,19). Tale descrizione finale, che narra il crollo di Ninive, è precisamente un’invocazione affinché ciò avvenga o, ancor meglio, un’evocazione, cioè un potente richiamo efficace. 

Quanto allo stile con cui scrive Naum, è davvero di alta qualità: sa infatti alternare un parziale acrostico – tecnica poetica in cui le prime lettere di ogni verso generano un’altra parola (1,2-8) – ad un lamento funebre («guai», 3,1-7) e a un canto sarcastico (3,4-6), utilizzando assai finemente giochi di parole e suoni, ovviamente comprensibili solo in lingua originale. 

Per individuare il messaggio centrale dell’opera di Naum dobbiamo tornare all’evocazione contro Ninive, chiedendoci cos’abbia da dirci davvero. L’immagine può infatti turbare, soprattutto noi oggi: un “uomo di Dio” che gli chiede con forza di annientare altri esseri umani, per quanto malvagi e perversi? Il motivo sta probabilmente nel fatto che quest’evocazione è altamente simbolica, Ninive rappresenta in fondo ogni ingiusta tirannia, per cui la sua caduta è esemplare: se il Signore interviene a suo danno è per liberare gli oppressi, per operare la salvezza dei “suoi”, non solo e non tanto il popolo d’Israele, ma ognuno di noi, in modo particolare quando ci sentiamo oppressi e schiacciati da situazioni che ci appaiono impossibili e insormontabili! Chi è allora il Naum di turno? Chi ci consola oggi? O, meglio ancora, chi siamo chiamati a consolare in questo momento storico e in questa giornata? Nei confronti di chi siamo chiamati a farci Naum?               

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
Gabriele Fabbri

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