Vangelo di Marco: Introduzione



Introduzione al Vangelo di Marco
«Marco, divenuto interprete di Pietro, mise per iscritto tutto ciò che si ricordava, senz’ordine però, sia le parole, sia le opere del Signore».. quest’affermazione risale al II secolo d.C., ed è opera di Papia, vescovo di Gerapoli, oggi Pamukkale, cioè “castello di cotone”, meraviglioso sito naturale dell’attuale Turchia, mèta obbligata per quei turisti che vogliono assistere allo spettacolo di cascate calcificate. L’affermazione di Papia, arrivata ai giorni nostri, ci ha tramandato quell’immagine poco veritiera di Marco che avevamo fino a qualche decennio fa: con le parole greche ou men táxei, “senz’ordine”, inizia cioè quella sfiducia nell’evangelista che occorre assolutamente riabilitare! Marco è quasi sicuramente quel Giovanni Marco di cui parlano gli Atti degli apostoli, che fa la sua entrata in scena quando Pietro si reca in casa di sua madre (At 12,12) e che, secondo l’opinione di molti studiosi, compare nel suo stesso vangelo: «Allora tutti lo abbandonarono e fuggirono – siamo nell’orto degli ulivi, nel momento in cui Gesù viene arrestato dalle guardie –. Lo seguiva però un ragazzo, che aveva addosso soltanto un lenzuolo, e lo afferrarono. Ma egli, lasciato cadere il lenzuolo, fuggì via nudo» (Mc 15,50-52). Lo scrittore toscano Sandro Veronesi, fratello maggiore del regista Giovanni, è famoso per diverse opere – su tutte Caos calmo (diventato poi film, ma sotto la regia di Antonello Grimaldi) – non certo per quel libro, poi trasformato in monologo teatrale ma evidentemente sfuggito alla massa, dal titolo Non dirlo, in cui rilegge in maniera brillante, a suo dire “da non credente”, proprio il vangelo di Marco, di cui sottolinea l’importanza dei destinatari, i romani. Nel testo, in cui non esita ad accostare Gesù a Neo, il protagonista del celebre film Matrix, dipinge Marco come uno scritto caratterizzato da un incredibile ritmo, nonché “inventore” dello spoiler e del flashback, e si chiede: «Chi è dunque quel giovane? ..Marco stesso. Cioè si tratterebbe di una firma apposta dall’autore su questa scena – come Hitchcock che passa sullo sfondo trasportando la custodia di un contrabbasso –, con in più un valore simbolico e rassicurante per il lettore: nel momento in cui tutti gli altri abbandonano l’eroe, il narratore non lo fa. (e aggiunge) E poi, siamo logici: se i discepoli sono tutti fuggiti, chi è che vede il giovane e testimonia a Marco della sua quasi-cattura? ..decidiamolo una volta per tutte: è lui». Ma torniamo al recupero di questo vangelo, troppo a lungo sottovalutato: composto in greco da appena 11.229 parole (contro le 18.278 di Matteo o le 19.404 di Luca), la sua brevità è una delle ragioni che lo ha fatto finire avventatamente nel dimenticatoio, soprattutto a causa di sant’Agostino, che definiva Marco il “valletto” di Matteo, il suo compendiatore, per cui bastava leggere quest’ultimo, lasciando credere tra l’altro che Marco fosse stato scritto dopo, falsa certezza che ha fatto sì che il suo primo commento completo sia avvenuto solamente nel IX secolo, ad opera di un certo Eutimio Zigabeno. In sintesi: la sua brevità e semplicità (Marco è tutt’altro che uno scrittore barocco!) hanno indotto per due millenni i cristiani a considerarlo un vangelo “di serie B”, concezione ribaltata dalla critica moderna, che ci ha detto che invece è proprio la radice di tutti gli altri Vangeli. Prima dei quattro canonici, c’è chi sostiene ne siano stati scritti altri, sorta di “mini-vangeli”: dell’infanzia e della pasqua, ma sono andati perduti. Tornando a Marco, proprio la sua brevità e semplicità riflettono la cristianità delle origini, capace di dare ai neofiti tutto il necessario di cui avevano bisogno per seguire Gesù. C’è tuttavia un problema di non poco conto, dato che con ogni probabilità Marco finisce con queste parole: «Ed essendo uscite (si sta parlando delle donne) fuggirono dal sepolcro: avevano infatti tremore e stupore, e non dissero nulla a nessuno; avevano paura infatti». Qual è il problema? Anzitutto che terminare uno scritto con la parola gar, “infatti”, non è possibile, ma non solo: l’ultima parola di uno scritto, così decisivo per la fede dei suoi uditori, non può di certo nemmeno essere efobunto, “paura”. Per tali ragioni la Chiesa delle origini tentò di “concludere” Marco, forse perché quell’ultima pagina è andata perduta. Il già citato Veronesi afferma a riguardo: «È un finale strepitoso: aperto, paradossale, sconvolgente, rivoluzionario. E infatti, come testimoniano gli altri due finali che vi sono stati aggiunti successivamente, e che nel testo canonico continuano a sporcare la purezza di questo, duemila anni dopo non riusciamo ancora ad accettarlo». Lo scrittore sottolinea cioè la nostra incapacità, di credenti, di stare in sospeso davanti al più grande e decisivo fatto della storia, la risurrezione di Gesù. Uno sguardo più teologico, però, può farci notare che Marco aveva già delineato la risurrezione, ma in modo più fine, e proprio a motivo dei suoi destinatari romani: se questo vangelo è fortemente caratterizzato dal cosiddetto “segreto messianico” – espressione parziale e infelice, che indica il silenzio che Gesù impone sul suo conto nella prima parte di quel viaggio spirituale che lo porterà sulla croce – è perché la sua intenzione è pedagogica: ci vuole portare gradualmente alla sua conoscenza, senza tuttavia la possibilità di esaurirne la risposta. Marco ci lascia in pratica con due domande: perché Gesù è stato un Messia nascosto? E.. perché il suo regno è un seme nascosto? Forse Cristo non è come ce lo immaginiamo.. forse lo aveva sperimentato sulla sua pelle già il centurione, un soldato romano le cui parole, vetta di questo vangelo, siamo chiamati a pronunciare continuamente: «Veramente quest’uomo era Figlio di Dio» (15,39).                        

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
Gabriele Fabbri

Vangelo di Marco: Introduzione Marco 1,7-11 con il commento di Enzo Bianchi Marco 1, 14-20 con il commento di Enzo Bianchi (da "Uomini e profeti") Marco 1, 29-39 con il commento di Enzo Bianchi (da "Uomini e profeti") Marco 1, 21-28 con il commento di Enzo Bianchi (da "Uomini e profeti") Marco 1, 40-45 con il commento di Enzo Bianchi (da "Uomini e profeti") Marco 2, 1-12 con il commento di don Giacomo Perego (da "Uomini e profeti") Marco 2, 13-17 con il commento di don Giacomo Perego (da "Uomini e profeti") Marco 2, 18-22 con il commento di don Giacomo Perego (da "Uomini e profeti") Marco 2, 23-28 con il commento di don Giacomo Perego (da "Uomini e profeti") Marco 3, 1-6 con il commento di don Giacomo Perego (da "Uomini e profeti") Marco 3, 7-12 con il commento di M.P. Veladiano (da "Uomini e profeti") Marco 3, 13-19 con il commento di M.P. Veladiano (da"Uomini e profeti") Marco 3, 20-21 con il commento di M.P. Veladiano (da "Uomini e profeti" di RaiTre) Marco 3, 22-30 con il commento di M.P.Veladiano (da "Uomini e profeti") Marco 3, 31-35: "Riconoscersi famiglia nell'amore alla vita". (Commento di M.P.Veladiano da "Uomini e profeti") Marco 4, 1-20 con il commento di don Fabio Rosini Marco 4,26-34: "Fiducia". (Commento di don Giacomo Pavanello) Marco 4, 26-34 con il commento di Marida Nicolaci (da "Uomini e profeti") Marco 4,35-41: "Cambiamenti". (Commento di don Giacomo Pavanello) Marco 4, 35-41 con il commento di Marida Nicolaci (da"Uomini e profeti") Marco 5, 1-20 con il commento di Yann Redalié (da "Uomini e profeti") Marco 5, 21-43 con il commento di Yann Redalié (da "Uomini e profeti") Marco 6, 1-6 con il commento di Adriana Destro (da "Uomini e profeti") Marco 6,7-13: "Sandali e bastone". (Commento di don Giacomo Pavanello) Marco 6, 14-29 con il commento di Mauro Pesce (da "Uomini e profeti") Marco 6,30-34: "Gioia condivisa". (Commento di don Giacomo Pavanello) Marco 6, 30-34 con il commento di Paolo Ricca (da "Uomini e profeti") Marco 7,1-8.14-15.21-23: "Ciò che è dentro e ciò che è fuori". (Commento di don Giacomo Pavanello) Marco 7,31-37: "Accompagnare..". (Commento di don Giacomo Pavanello) Marco 9,30-37:"Docilità del cuore.. ".(Commento di don Giacomo Pavanello) Marco 9,38-43.45.47-48: "L'azione dello Spirito". (Commento di don Giacomo Pavanello ) Marco 14,12-16.22-26: "Fonte e culmine". (Commento di don Giacomo Pavanello ) Marco 7, 1-13 con il commento di Stefano Levi Della Torre (da "Uomini e profeti") Marco 7, 14-23 con il commento di Stefano Levi Della Torre (da "Uomini e profeti") Marco 7, 24-30: "La fede di una straniera". (Commento di Marinella Perroni, da "Uomini e profeti") Marco 7, 31-37 con il commento di Marinella Perroni (da "Uomini e profeti") Marco 8, 27-33 con il commento di Enzo Bianchi (da "Uomini e profeti") Marco 8, 34-9,1 con il commento di Enzo Bianchi (da "Uomini e profeti") Marco 9, 2-13: "Ascoltatelo...". (Commento di Enzo Bianchi) Marco 9, 2-13: "Il punto d'arrivo...". (Commento di padre Silvano Fausti) Marco 10, 17-27 con il commento di padre Silvano Fausti Marco 10,35-45 "I primi posti...". (Commento di don Giacomo Pavanello) Marco 10, 46-52 con il commento di Paolo Curtaz Marco 11,27-33: "Assetati di regole...". (Commento di Paolo Curtaz) Marco 12, 28-34 con il commento di Paolo Curtaz Marco 12, 38-44 con il commento di Paolo Curtaz Marco 13, 24-32 con il commento di Paolo Curtaz Marco 13,24-32 con il commento di M.Perroni (da "Uomini e profeti") Marco 16, 15-20 con il commento di don Marco Casadei Marco 16,9-15: "Franchezza e coraggio: doni dello Spirito". (Commento di Papa Francesco) Marco 16,15-20: "Annunciate! "(Commento di don Giacomo Pavanello) Marco 16,15-20. Omelia di Papa Francesco

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