1 Maggio: San Giuseppe lavoratore (Catechesi dialogata)



San Giuseppe lavoratore (1 maggio)
«Il lavoro fa parte del piano di amore di Dio.. in questo modo partecipiamo all’opera della creazione! ..è un elemento fondamentale per la dignità di una persona. Il lavoro, per usare un immagine, ci “unge” di dignità.. ci rende simili a Dio, che ha lavorato e lavora, agisce sempre.. (ma ci) ..schiavizza. Quante persone, in tutto il mondo, sono vittime di questo tipo di schiavitù, in cui è la persona che serve il lavoro..», con queste parole papa Francesco ci introduce alla memoria di oggi.

Di quale celebrazione si tratta esattamente?
Della memoria facoltativa, eppure tanto importante, di “san Giuseppe artigiano”, istituita da Pio XII nel 1955 – all’interno del contesto della festa dei lavoratori – per offrire alla Chiesa un protettore e un modello di lavoratore cristiano, sottolineando due aspetti in particolare: lavoro come cooperazione alla creazione divina e forma penitenziale dell’esistere. 

In che senso “forma penitenziale”?
Per fare chiarezza bisogna ripercorrere brevemente il senso che del lavoro dà la sacra Scrittura. Anzitutto va sottolineato il fatto che, nonostante il pregiudizio corrente, il lavoro non derivi dal peccato originale, poiché prima della caduta «il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse» (Gn 2,15). Dopo aver “sistemato” l’universo in sei giorni, Dio lo consegna di fatto nelle mani dell’uomo. È meraviglioso il modo tipicamente operaio in cui viene descritta la creazione: separando i vari elementi e plasmando l’uomo con la polvere del suolo!  

Che legame c’è allora tra lavoro e peccato?
Il primo viene ad essere colpito dal secondo: «con il sudore del tuo volto mangerai il pane, finché non ritornerai alla terra» (Gn 3,19) si dice nel libro della Genesi. Ma la “maledizione divina” non ha per oggetto il lavoro, né il partorire della donna. «Come il parto è la vittoria dolorosa della vita sulla morte – afferma il gesuita e biblista francese Xavier Leon-Dufour – , così la pena quotidiana e senza fine dell’uomo nel lavoro è il prezzo con cui egli deve pagare il potere che Dio gli ha dato sulla creazione». 

Che immagine del lavoro ci ha dato invece Gesù?
Gesù, il figlio del carpentiere, ha lavorato col padre per una trentina d’anni, e quando ha smesso di farlo per dedicarsi alla predicazione pubblica, nei suoi discorsi ha continuamente portato esempi circa il mondo del lavoro, parlando del pastore, del vignaiolo, del medico, del seminatore e così via. Oggi avrebbe sicuramente chiamato in causa altre figure: il programmatore, il rappresentante, l’ingegnere.. e perché no: l’enologo, lo stilista, lo youtuber e tanti altri ancora, perché non c’è occupazione che Egli disdegnasse in quanto tale! 

Nel resto del Nuovo Testamento in che termini si parla del lavoro?
San Paolo fa diversi riferimenti, andandoci talvolta piuttosto duro con i fannulloni: «chi non vuole lavorare, neppure mangi» (2Tess 3,10). Lui che non esitò a diffondere il Vangelo ovunque, ma sempre auto sostenendosi, attraverso il mestiere di fabbricatore di tende (cfr. At 18,3). Ma se Gesù ha ri-creato il mondo attraverso la sua risurrezione, il merito è anche di Giuseppe, che Egli ha saputo ammirare e imitare. Lui, quel falegname che, proprio mentre lavorava il legno, forse stava insegnando al “Figlio” a ri-creare il mondo..    

«O Dio, che nella tua provvidenza hai chiamato l’uomo a cooperare con il lavoro al disegno della creazione, fa’ che per l’intercessione e l’esempio di san Giuseppe siamo fedeli alle responsabilità che ci affidi, e riceviamo la ricompensa che ci prometti» (Preghiera Colletta). 

 

Recita
Cristian Messina, Patrizia Sensoli

Musica di sottofondo
Arrangiamento musicale di Gabriele Fabbri

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